Panico da rulli liberi

Panico da rulli liberi

Andrea Toso

La vita è fatta di prime volte…

6 Novembre 2019

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La vita è fatta di prime volte, per fortuna, e la mia prima volta su un ciclomulino è stata piacevole, le mie capacità ciclistiche da triathleta che si allena con fenomeni da circuito sono state d’un qui più che sufficienti.
Al contrario le lacune sono emerse quando mi è stato proposto di utilizzare i rulli liberi per girare un video, un mini spot che vedrà luce l’anno prossimo per il lancio di un prodotto top secret.

Telecamera Go Pro agganciata con braccio telescopico sul casco, contrappeso e torcicollo già per le riprese in montagna, 2 gradi e pantaloncini corti perché poi si girerà in studio sui rulli, “sei capace vero?”…
“eh hai voglia, non PENSO di aver problemi ma se volete li provo a casa.”

Il primo test lo ho fatto in jeans e scarpe da corsa, giusto per capire la sensazione, non ho neanche acceso il Garmin perché tanto sarebbe stata una formalità.
Mi appoggio a un robusto mobile Ikea (dice già tutto) perché, sai mai, e infatti…
Ok panico.
No ma i pro salgono e stanno dritti come fusi, swattano che è una meraviglia con bici monocorona prima di salire in pista, prima delle crono con bici TT, e non sono capace di svincolare la mano dal mobile Ikea?
Panico.
Provo a cambiare da 34 della bici a riposo al 50 ma niente, non riesco a fare forza sulla leva per switchare l’Ultegra, e la mano destra è sul mobile, le ruote sbandano destra sinistra come pattinando in rollerblade, ma non è questo il gioco da fare.
Brevi tratti bimani con l’alone sudato da tensione sul mobile Ikea, freno e piede a terra.
Serve un test completo, vado a indossare i pantaloncini da ciclismo e le scarpe con tacchette, pensando se meglio indossare il casco o no, visti i miei precedenti.

Rimango imprudente e non lo indosso, (se scrivo è andata bene…) salgo cliccando le tacchette, prima destra poi sinistra, mano solida a fare alone sul mobile Ikea.

Addominali, Core, ci vuole dire per stare dritto e nel mio recupero non sono ancora al top e lo so, il coach mi controlla lo sbilanciamento di potenza destra sinistra è facilmente sarà dovuto alla carenza, ma mi concentro. Sono le 22, il ronzio mi preoccupa perché la vecchietta del piano inferiore credo passi le giornate con il bicchiere ad ascoltare quel che faccio fermando talvolta anche la mia compagna chiedendo di non camminare coi tacchi, che usa pochissimo, sono io con le tacchette… sfango il primo km e in equilibrio riesco a cambiare sul 50, taci che non è ancora 52, sarebbe stata ancora più delicata la questione, e provo ad accelerare, in realtà sembra un pelo meglio, cercare la rotondità di pedalata è pericoloso, pericolosissimo e mi sento “brutto” ma intanto bisogna imparare perché i tempi sono davvero brevissimi prima dello studio (panico), anche se ci saranno prodi aiutanti a sostenermi più fisicamente che moralmente nella performance su sfondo nero. Doppio il secondo km e credo di esserci, il giorno delle riprese sarà un’altra cosa con il casco pesantissimo per la ripresa ma in qualche modo farò, magari traendone un altro spunto semiserio su quante cose bisognerebbe imparare prima di definirsi abili a pedalare, forse nel tripudio di ciclomulini e rulli su monoruota posteriore, un po’ di skill game sarebbe da fare anche su questo attrezzo del demonio, da cui Brumotti salta su e giù come se fosse un piccolo rallentatore, e su cui io ciclista amatore causa passione triathlon, sudo freddo ancor prima il corpo inizi a sudare.
Nessun mobile Ikea è stato maltrattato nello svolgimento di questo test.

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