32° Venice Marathon: Atto Terzo Capitolo Finale

32° Venice Marathon: Atto Terzo Capitolo Finale

Redazione ENDU

Il 12 settembre ho iniziato questa mia piccola avventura editoriale (quelli bravi direbbero di story telling) definendo la prima maratona come follia, la seconda come consapevolezza e la terza come un percorso. Oggi sto scrivendo con una nuova medaglia al collo, che per me ha un valore enorme: in questo mese abbondante l’abbiamo un po’ […]

25 Ottobre 2017

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Il 12 settembre ho iniziato questa mia piccola avventura editoriale (quelli bravi direbbero di story telling) definendo la prima maratona come follia, la seconda come consapevolezza e la terza come un percorso.

Oggi sto scrivendo con una nuova medaglia al collo, che per me ha un valore enorme: in questo mese abbondante l’abbiamo un po’ sognata e inseguita insieme e oggi l’abbiamo raggiunta in tanti. In queste settimane ho ricevuto davvero molte testimonianze di condivisione dei racconti che ho scritto. Ciò che mi ha fatto più piacere è stato ricevere il riscontro dell’emotività che volevo trasferire e soprattutto i commenti di chi ancora non è arrivato alla maratona, che mi ha scritto che la stava comunque vivendo. Grazie! Non mi viene altra parola più potente di “Grazie”.

Torniamo però alla nostra storia e a questo ultimo doveroso capitolo. Adoro scrivere, adoro scrivere la sera, quando tutti sono a letto, quando riesco a distendermi, a rilassarmi e lasciare scorrere le mie dieci dita sulla tastiera, quasi stessi parlando. Attività difficilmente coniugabile con quella di #AlbaRunner, specie sotto preparazione di maratona, quando gli allenamenti si allungano, così come i tempi e tutto si traduce nell’anticipare la sveglia alla mattina.

Cosa mi ha lasciato questa mia terza regina, nonché terza Venezia? Mi ha fatto riflettere molto. E in 42 km di gara, se uno ce la fa, di tempo per riflettere ce n’è parecchio. La maratona inizia dal 30° km e chi l’ha provato lo sa: prima, la vera difficoltà, sempre che non si faccia inutilmente i bugiardi con se stessi, è controllare di non andare troppo forte. Torno però alla riflessione, partendo da una frase di uno dei più fighi del mondo, perché in grado di coniugare somma sapienza e semplicità comunicativa:

“Tutto è relativo. Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà ben lieto di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie.” (A. E.)

Quanto questo aforisma appartiene a noi runner, quanto dovrebbe appartenerci! In questa maratona ho osservato molto: ho visto gente partire sparata e poi ritrovarsi con le “quattro frecce”, ho visto i soliti “super” che li guardi e non gli dai un cent e poi ti sverniciano e ti stanno davanti, ho visto pacer delle 3h arrivare che forse manco erano sudati. Ho visto splendidi atti di altruismo: da chi accompagnava un non vedente, a chi spingeva le carrozzine, a chi mandava in fumo il proprio “personale” per aiutare un amico o uno sconosciuto in un momento difficile.

Ma voglio ritornare sulla frase: tutto è relativo. In molti mi hanno testimoniato il proprio affetto per il risultato che ho ottenuto. Dentro di me, dopo un profondo grazie, continuavo a vedere quelli che avevo davanti, gente che è arrivata anche 1h prima di me. Pensavo a quei 783 atleti che prima di me hanno tagliato il traguardo: alcuni probabilmente professionisti o semiprofessionisti, ma molti sicuramente che corrono per passione rubando tempo a lavoro, famiglia e altri interessi.

Sono stra-contento di quello che ho fatto, mi fanno stra-piacere quei complimenti, specie quando sento che sono sinceri. Allo stesso tempo mi rendo sempre più conto di quanto tutto sia paurosamente relativo e di quanto, per noi amatori, sia sì importante l’agonismo ma quanto sia fondamentale godersi ogni cm del viaggio in gara, concedendo sorrisi e concedendosi la gioia di partecipare con altre migliaia di persone a un viaggio, condividendo moltissimi valori.

Ragazzi come ogni viaggio anche il mio, il nostro, termina qui. Nel secondo post “il traguardo prima con la mente” avevo promesso di svelare un altro libro e le promesse cerco sempre di mantenerle. Ecco il libro è il mio #MammaMrx… No sto assolutamente scherzando ;)
Il libro è davvero un pilastro del mondo running avventura, è un romanzo che in realtà è una storia vera e sono convinto che moltissimi di voi l’hanno già letto o almeno sentito nominare: Born to Run di Christopher McDougall. Narra la storia vera di Chris, già noto giornalista sportivo, e di un branco di pazzi scatenati definiti dal titolista come super atleti.

Ragazzi: storia vera, gente vera, fatti veri, follia vera. L’unica mia raccomandazione, che garantisco arriva dal profondo, è di prendere questo libro alla “leggera”. La possibilità di essere infettati è davvero molto alta, ma anche la possibilità di farsi male cercando di emulare, anche solo minimamente, alcune cose le è a pari. Con questo io sono giunto alla conclusione che correre in sandali o con scarpe “minimal” è una gran figata, ma che poi agonismo, gare e allenamenti probabilmente sono un altro paio di maniche, specie per chi fa 50-100-150 km a settimana e non ha la fortuna di poterlo fare su strade bianche.

Ragazzi sono commosso per quello che mi avete regalato: i miei riferimenti li avete, sentiamoci in altri luoghi e, mi raccomando, ricordiamoci sempre che la corsa è un viaggio e che è nel viaggio stesso che si trovano le emozioni più belle. Cip.

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commenti

Io c'ero e leggevo il libro in macchina nell'attesa di partire. Sono arrivato felice più dietro di te, ma con lo stesso spirito. Born ti run! Ciao

Fabio - 2017-10-27 07:00:00

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