Pull buoy: dipendenza o utilizzo consapevole?

Pull buoy: dipendenza o utilizzo consapevole?

Mauro Lanzoni

Il nuoto dispone di attrezzi che aiutano a migliorare il gesto tecnico. Il più universale di tutti è il pull buoy, vero e proprio protagonista degli allenamenti in piscina. Vediamo però come sfruttarlo al meglio.

5 Aprile 2023

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Il mercato offre una grande varietà di attrezzi da allenamento: ce ne sono di correttivi, che come tali non andrebbero utilizzati indiscriminatamente perché non tutte e tutti hanno le stesse necessità tecniche su cui intervenire; e poi ci sono quelli che sviluppano sovraccarico muscolare, che andrebbero utilizzati quando il gesto tecnico è strutturato a sufficienza per supportarli (senza correre il rischio di causare risentimenti o danni articolari e muscolari) oppure quando si vuole agevolare esercizi specifici di tecnica.
Spesso le corsie destinate al nuoto libero hanno limitazioni sull’utilizzo degli attrezzi (es. palette e pinne), ma ce n’è uno che ha sempre il lasciapassare ed è diventato un compagno fisso di allenamenti. Parliamo del pull buoy. 

Il pull buoy è un piccolo galleggiante che crea… una vera e propria dipendenza! Chi trova particolare giovamento nell’utilizzo del pull è perché non ha una postura particolarmente performante da un punto di vista dell’idrodinamica: l’attrezzo ricrea una linea di galleggiamento più efficace diminuendo l’attrito (solleva il bacino). Il semplice utilizzo, però, non corregge il gesto tecnico, anzi: di solito accade l’esatto opposto.   

Il pull buoy serve solo a fare meno fatica?

Chi si affaccia all’allenamento del nuoto da adulto, ha spesso difficoltà nel controllo della postura e soprattutto nella gestione delle gambe (maggiormente gli uomini rispetto alle donne, a causa di muscolatura e struttura) e il pull rappresenta la cura per fare meno fatica, la soluzione per affrontare un allenamento di nuoto senza patirlo troppo.
Con il
pull buoy, infatti, si possono sviluppare volumi importanti a intensità medio-basse parcheggiando il cervello sul bordo vasca, senza pensare a quello che si sta facendo.

Ma allenarsi significa superare la linea di confine tracciata dall’abitudine, quindi creare stimoli sia fisici che mentali per strutturare una crescita. La mente dev’essere nel qui e ora per immagazzinare informazioni ed elaborarle, per individuare i limiti e spostarli sempre più in là. Le vie di fuga dalla fatica non rientrano quindi in questi concetti e quando il pull diventa solo una comoda poltrona su cui oziare è meglio intervenire integrando o sostituendone la presenza con altri attrezzi, oppure strutturando allenamenti dinamici che aprono le porte al disagio.
Ciò non significa che bisogna privarsene ma semplicemente dargli una collocazione diversa e ridimensionarne l’importanza.

A che cosa servono (davvero) gli attrezzi del nuoto

Gli attrezzi hanno la finalità di:

  • destabilizzare
  • privare parte della propulsione per concentrarsi su particolari meno evidenti, ma non meno importanti
  • sviluppare una maggiore applicazione della forza
  • raggiungere livelli di sopportazione della fatica di volta in volta diversi
  • migliorare tecnicamente particolari della nuotata

Tramite l’utilizzo (non casuale) di più attrezzi, si sviluppa una multilateralità motoria più ricca e variegata, grazie all’acquisizione di molteplici abilità.
Il pull buoy nasce con lo scopo di limitare l’utilizzo degli arti inferiori (privazione) sovraccaricando quelli superiori. Se a questa finalità se ne aggiungono altre che sono frutto di fantasia e creatività (a condizione che ci sia un percorso pensato con uno scopo) l’allenamento non risulta monotono e diventa sicuramente più divertente. 

Spunti per l’allenamento di nuoto con il pull buoy

– si può lavorare sulle progressioni o sulle variazioni di intensità 

  • 12×100 in progressione esterna dal 1° al 3°
  • 500m continuativi, inserendo per ogni 100: 50 m facili/25 m sostenuti/25 m facili

– oppure si possono strutturare serie incentrate sul controllo delle frequenze respiratorie 

  • 12×50 con cambio di respirazione ogni 50 in base alle capacità (3/5/7/9 – 2/4/6/8 – 3/5/2/4…)

– chi ha già una buona padronanza della postura può crearsi qualche problema in più dedicando serie composte da distanze brevi con l’aggiunta di un laccio alle caviglie (oppure incrociando le gambe) per sviluppare efficacia della forza applicata alla fase subacquea della bracciata 

– spesso le gambe vengono inconsapevolmente usate anche con il pull, quindi: perché non enfatizzarne l’azione rendendola consapevole, tramite serie composte da brevi distanze? Il pull buoy, infatti, limita l’escursione della gambata e ne condiziona il movimento e questo esercizio può creare un buon focus per chi ha difficoltà nella coordinazione gambe-braccia e nel controllo delle compensazioni motorie delle gambe

– si può giocare su ripartenze decrescenti mantenendo costante l’intensità, oppure cercare di mantenere costante la pausa aumentando l’intensità

  • 4 serie composte da 4×100 con ripartenza a scendere di 5” ogni 100 m, con obiettivo di mantenere sempre 15” di pausa (es. ripartenza a 1’50”-1’45”-1’40”-1’35” cercando di mantenere sempre un passo di 15” inferiore alla ripartenza)

– si possono alternare tratti con il pull a dorso con lo scopo di limitare l’oscillazione delle gambe e focalizzarsi sulla tenuta addominale, oppure brevi tratti a rana con il pull per massimizzare l’azione della prima fase della bracciata

Questi sono solo piccoli esempi che vanno poi ovviamente contestualizzati, personalizzati e finalizzati con un’idea di massima di programmazione. Divertirsi negli allenamenti non significa non fare fatica, anzi. La fatica, però, non deve essere fine a sé stessa, ma deve diventare l’ingrediente principale per gustare il sapore dei traguardi raggiunti.

 

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