Tecnico, Istruttore, Allenatore, Preparatore Fisico… Educatore!
Mi presento, mi chiamo Davide, ho 42 anni, sono un Tecnico Istruttore di Triathlon con un passato da atleta agonista nel nuoto ed un presente da Atleta Age Group nel Triathlon. Attualmente sono impegnato come Tecnico di una Squadra di Triathlon e seguo un progetto di avviamento al Triathlon giovanile patrocinato dal CSI Bologna.
In questa serie di articoli che mi appresterò a redigere, mi piacerebbe seguire un filo rosso, non legato alla propria anima gemella come nella famosa leggenda giapponese, bensì mi sono proposto di tracciare un percorso attraverso la presentazione di alcuni argomenti e l’espressione di riflessioni, con l’obiettivo di risvegliare la curiosità nelle persone che si approcciano al mondo dello sport e contribuire, con la mia esperienza, ad accrescerne il benessere ed il piacere nel praticarlo.
Ho cominciato a praticare sport agonistico nella prima metà degli anni ’80, ero un ranista, sprinter, la mia specialità erano i 50 m. Ho avuto molti istruttori, ognuno con le proprie caratteristiche tecniche ed umane. Ognuno di essi ha contribuito alla mia formazione.
Comincio da qui, Tecnico istruttore, Allenatore, Preparatore Fisico: chi, come, cosa ma soprattutto …
L’Istruttore, come nel caso del mio antico amore il nuoto, definisce veramente il primo livello, secondo me, della piramide o scalinata, la funzione che ne scaturisce è propriamente l’insegnamento della disciplina sportiva. L’Allenatore o il Tecnico, che in molte discipline coincidono, si occupa prevalentemente della parte condizionale e prestazionale. Il Maestro o Sensei, delle arti marziali, definito come persona dotata di un’incredibile autorità o esperienza, come un Maestro di Vita, comincia ad incarnare un concetto molto più ampio.
Senza arrivare ad essere Sensei, si evince che la competenza fondamentale riguarda la didattica dell’insegnamento delle tecniche degli sport, quindi sono giunto alla conclusione che bisogna porre attenzione al problema dell’efficacia dell’insegnamento stesso. Ogni tecnico dovrà focalizzarsi sul cosa insegnare, sulla platea alla quale saranno rivolti i propri insegnamenti e dove verranno svolte le azioni di insegnamento stesse.
Negli anni ’80, la squadra che rappresentavo, ha sfornato tantissimi ranisti, poiché l’istruttore che seguiva le categorie Esordienti C era stato, da atleta, un buon ranista e di conseguenza riportava le proprie esperienze e tentava di fare il classico MATCH, con i propri Allievi. In questi termini posso affermare con certezza che questo è un esercizio poco esportabile, infatti l’esperienza è molto personale e soggettiva.
In alcuni corsi che ho frequentato, si parla con sempre maggior insistenza di Coach e di Coaching, nella cultura anglosassone implica il coinvolgimento della mente e non solamente delle capacità condizionali, fisiche e metaboliche degli atleti. La conoscenza teorica della disciplina/tecnica risulta non essere sufficiente, bisogna concentrarsi sugli indispensabili sviluppi pratici, ma ancor di più il focus deve essere orientato sulle caratteristiche individuali di ognuno dei propri allievi. Apro una parentesi per il “mercato” delle tabelle di allenamento, tanto diffuse nei gruppi podistici amatoriali, anche in merito a ciò mi limito ad esprimere che siamo tutti diversi ed abbiamo scopi, obiettivi, caratteristiche e sensibilità uniche. Tanto più che se si conoscono i principi basilari dell’allenamento si potrà subito scartare l’ipotesi che recita: “siccome ha funzionato con lui, funzionerà anche per me!” oppure “siccome ha funzionato l’altra volta la rifarò identica.”. No tutto del tutto, ma anche sì oppure non è detto.
Tornando all’ambito giovanile ed all’insegnamento tecnico vero e proprio, ho riscontrato che, a più livelli, esiste un problema di motricità. Le carenze nelle capacità motorie e coordinative sono sempre più frequenti e diffuse. Sussistono vari gradi di difficoltà nell’apprendimento ed adattamento al movimento, dovuta forse al mutamento delle condizioni e abitudini di vita, che per le nuove generazioni è divenuta più sedentaria. Mi sono trovato a fronteggiare queste carenze, mettendo in campo diverse strategie, lavorando a monte della disciplina specifica, facendo affidamento su esercizi per sviluppare schemi di motricità generale per il riequilibrio o il recupero di alcune situazioni limite.
Ripartendo dalle basi di Mobilità Articolare, Propriocezione ed Equilibrio, i miei colleghi coinvolti nel progetto ed io, stiamo cercando di costruire un percorso di crescita attraverso esercizi che sviluppino abilità motorie sempre più complesse, seguendo i nostri allievi, passo dopo passo, per rendere sempre più efficaci le esecuzioni per prepararli al meglio per i loro palcoscenici principali.
Arrivo ad uno dei palcoscenici principali: La gara. Ogni competizione ha implicazioni emotive ed ambientali molto diverse dai comuni contesti di allenamento e di ritrovo. In questo senso, giudico fondamentale stimolare continuamente l’interesse dei propri allievi con esercizi ed impulsi sempre nuovi e diversi. E’ necessario porre l’accento sulla programmazione e l’organizzazione delle attività, ma anche sulla costruzione di un ambiente favorevole e di confronto continuo tra i ragazzi, non mettendo mai da parte la componente emotiva e motivazionale.
Non è accettabile, a mio avviso, dimenticare o considerare come componente marginale la sfera psicologica e relazionale. I concetti di metodologia dell’allenamento, biomeccanica, fisiologia, conoscenza di eterocronismi, supercompensazione, Vo2max ecc.. sono poca cosa se spogliati della empatia o delle capacità nell’instaurare una migliore relazione con i propri allievi, attraverso un’analisi dei singoli bisogni e delle personalità o caratteristiche emozionali.
La mia formazione Universitaria, mi ha aiutato ad approcciarmi diversamente a questa parte, che in passato veniva quasi completamente accantonata. Resta vivo in me il ricordo di approcci che non definirei assertivi, nei confronti di alcuni compagni di squadra, i quali hanno certamente contribuito all’abbandono dell’attività sportiva in età adolescenziale. Questa problematica è tutt’oggi rilevante, se consideriamo che il DROP OUT tra i 12/14 anni si assesta tra il 30/40 %.
Un’analisi che condivido in parte è che in alcuni ambienti prevalga una logica da adulti, con una mancanza di giochi e divertimento, ma anche di insegnamento adeguati, concentrandosi fin troppo sulla competitività e meno sull’impegno e la costanza.
Nel progetto che proponiamo, cerchiamo, consapevoli della difficoltà ma con ambizione ed umiltà, di fornire un panorama di attività complete e diversificate, strutturate ed in evoluzione. Crediamo nella centralità e nell’importanza della parte ludica, dedichiamo sempre una parte importante ai giochi ed al divertimento. Cerchiamo di promuovere l’attività agonistica, certamente, ma senza forzature rendendo i ragazzi consapevoli delle proprie capacità e stimolandoli ad andare oltre le proprie zone confort, che è un concetto fin troppo utilizzato a mio parere, ma che ci permette di incoraggiarli ad esplorare nuove attività, senza sottoporli ad eccessive aspettative o pressioni.
La costruzione del programma può avere varie declinazioni. In questo periodo invernale ci stiamo concentrando sui circuiti; organizzandoli con esercitazioni di equilibrio e coordinazione ma anche forza rapida. La parte ludica può essere impostata con i classici ruba bandiera o calcio granchio, oppure con percorsi di abilità che vanno a stimolare la memoria e l’attenzione, giochi durante i quali i bambini lavorano ad intensità ben più elevate di quelle abituali, ma soprattutto sviluppano nuove catene cinetiche.
Si può notare che dopo una fase iniziale, nella quale i bambini sono in modalità ON-OFF, cioè vanno a tutta o si fermano, in cui sono da gestire per quel che riguarda le intensità, subentra una componente di maggiore consapevolezza, durante la quale tendono sempre a “tagliare” il programma o ad essere un po’ conservativi. Questa tendenza si può ovviare attraverso una fase di gioco che riesce a stimolare certe inclinazioni competitive senza troppi stress correlati per spingerli sempre un po’ oltre, sempre monitorando il tutto con grande attenzione.
Con l’appoggio del Presidente della squadra con la quale collaboro, abbiamo deciso di puntare su certi bersagli anche per quel che riguarda l’attività amatoriale degli adulti, perché crediamo innanzitutto che lo sport sia benessere a tutto tondo. L’importante per gli Amatori, (def. Che ama, che si diletta in qualcosa, in contrapposizione coi professionisti), dovrebbe essere stare bene e divertirsi, appunto praticando lo sport o le attività in generale alle quali ci si dedica nel proprio tempo libero. Questo non vuole dire non avere obiettivi ambiziosi o di miglioramento in generale, ma crediamo che sia fondamentale educare, anche gli amatori ad una maggiore consapevolezza nell’approcciarsi allo sport ed alle metodologie di allenamento. Stiamo costruendo un percorso che parte anche coi “Grandi” da Mobilità articolare, propriocettività ed equilibrio, puntando sulla tecnica di esecuzione, non soltanto su adattamenti e condizionamenti volti al miglioramento delle capacità aerobiche o anaerobiche, perché applicando forza su uno squilibrio, quest’ultimo aumenta…
… ma del mondo amatoriale scriverò un’altra volta.
A presto per ulteriori sviluppi.
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