Sovrallenamento (o overtraining): conosci i sintomi?
L’overtraining o sovrallenamento, per usare il termine italiano, è una patologia che troppo spesso colpisce chi fa sport endurance: analizziamo cosa sia e come si riconoscano i sintomi.
Uno degli aspetti più importanti e più sottovalutati dell’allenamento, soprattutto se parliamo di atleti di endurance, è il riposo. Ogni allenamento pesante richiede un periodo di ripresa in modo che il nostro corpo sia in grado di riprendersi dal picco di stress, smaltendo le sostanze chimiche di “scarto” e ricostruendo la muscolatura.
Molto spesso la nostra rincorsa verso le performance, accompagnato dal senso di colpa di non avere fatto abbastanza, ci porta ad entrare in una fase di sovraccarico che conduce ad un vero e proprio tunnel depressivo.
Soprattutto per gli atleti di lunga distanza, i danni che possono essere causati da una gara al limite, possono richiedere anche settimane prima che il corpo riprenda uno stato di completa salute. C’è addirittura chi sostiene che l’eseguire una maratona al limite possa portare a danni permanenti, per cui in molti ritengono che ci sia un limite al numero di maratone “a tutta” che un atleta, anche se estremamente preparato possa fare.
Non solo, come accennato nel mio post relativo a corsa e donazione del sangue, dopo una gara lunga eseguita al limite, potremmo trovarci valori ematici (del sangue) sballati, per cui ci troveremo nei giorni successivi ad avere: una benzina molto magra, difese immunitarie deficitarie. Cose da sapere, secondo me!
Sintomi del sovrallenamento
Uno dei primi ricercatori che approfondì il tema del sovrallenamento fu il dott. McKenzie nel 1923 e elenco tre principali sintomi correlati al sovrallenamento, in ordine di gravità:
- Senso di stanchezza accompagnato da affanno
- Affaticamento del sistema muscolare
- Fatica cronica che lo stesso autore chiamò “lento avvelenamento del sistema nervoso”
Nel libro Lore of Running (di Timothy D. Noakes) si può trovare una lunga lista di effetti collaterali dovuti al sovrallenamento, suddivisi in effetti comportamentali (perdita di entusiasmo, spossatezza, irritabilità, insonnia, mancanza di capacità di concentrazione, problemi di appetito e sessuali, …) e effetti fisici (perdita di performance, perdita di peso, aumento del battito cardiaco, ipertensione, disturbi gastro-intestinali, …).
Riconoscere il sovrallenamento
La prima cosa importante da fare è evitare di confondere una generica stanchezza con l’inizio dell’overtraining.
La seconda è assolutamente fare in modo di non cadere mai in un’acutizzazione della stanchezza. Uno dei primi campanelli di allarme del sovrallenamento è quando il senso di fatica negli allenamenti, viene accompagnato in una generica incapacità di portare il regime cardiaco ai massimali. Un po’ come se le gambe (o la testa) si rifiutassero di andare più forte. Ciò pare essere legato ad un sistema di prevenzione della macchina uomo.
Dalle prime fasi di stanchezza è necessario concedere al corpo il giusto riposo, che deve essere costituito da: alimentazione corretta, limitata attività fisica, sonno di qualità.
Da approfondite analisi e test fatti su atleti di buon livello si è notato come l’analisi delle performance, solitamente costituita da una curva gaussiana con una fase terminale più corta, nel caso di sovrallenamento vede un mancato ritorno dei tempi, con un aumento dello sforzo.
I segnali principali di sovrallenamento da monitorare, oltre al fattore stanchezza-recupero, sono:
- perdita di peso progressiva
- forte aumento della sete, specie verso sera
- difficoltà nel prendere sonno
- aumento delle pulsazioni medie al mattino
Sovrallenamento solo fisico? No!
Uno degli effetti più pesanti del sovrallenamento è l’aspetto psicologico. Un mancato trattamento di questa sindrome, porta gli atleti (specie quelli che mirano a prestazioni di rilievo) ad entrare in un pericoloso loop tra peggioramento del proprio passo, aumento della fatica degli allenamenti e senso di colpa.
Come dico sempre è fondamentale essere seguiti da un team di specialisti per poter mantenere un livello di qualità lungimirante, soprattutto per atleti elite.
Ma per gli amatori autodidatti?
Per gli amatori – come me – è necessario ricordarsi che non viviamo per correre, ma corriamo per vivere meglio. La corsa (o altro sport) deve essere la nostra valvola di sfogo. Per molti – come me – la parte agonistica diventa un canale di scarico importante, ma sempre compatibilmente con famiglia, lavoro, …
Rispettiamo il nostro corpo, impariamo a portarlo al limite ma concediamogli il tempo di riprendere fiato e diventare più forte di prima.
Cerchiamo di avere una pianificazione di macro, ponendoci degli obiettivi da raggiungere (gare, gare virtuali, tempi) e di avere dei cicli di scarico in un cui fare attività alternativa o blanda.
Per quanto riguarda la corsa riduciamo le lunghezze, introduciamo andature molto lente e inseriamo qualche esercizio di allunghi sui 50 m senza arrivare al limite.
Non attendiamo di arrivare “strozzati” per scaricare ma prevediamolo come parte integrante dell’allenamento, soprattutto per chi fa uscite risotte (da 3 in giu) e non ha un riposo ottimale.
Credits: Big Cat Facts – Leopard
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