Simone Carpanini e il suo Giro d’Italia “E”
Ogni giro in bicicletta merita un periodo di preparazione fisica e spirituale. Che sia un allenamento infrasettimanale, una competizione agonistica, una pedalata cicloturistica della domenica mattina o anche un giro su una bici elettrica.
Anzi, non un semplice giro ma proprio il Giro-E: ovvero la corsa rosa – organizzata sempre da Rcs Sport – parallela a quella dei professionisti, le cui tappe vengono disputate al mattino su bici da corsa a pedalata assistita (e-bike) negli ultimi 100 chilometri della frazione originaria, chiudendosi sullo stesso traguardo dei big.
Una manifestazione di livello assoluto, unica nel suo genere, che ho avuto il privilegio di correre nel 2019 dall’inizio alla fine indossando i colori del team Castelli-Segafredo – avevamo per distacco la divisa più bella e fashion di tutto il gruppo! – dividendo questa avventura col mio compagno Alex Turrin, ex professionista per tre stagioni (e prima ancora brillante corridore nella categoria Under 23) che solo l’anno prima aveva corso il Giro d’Italia con la Wilier Triestina-Selle Italia.
Per dovere di cronaca entrambi siamo riusciti a far felici i nostri due grandi marchi centrando una vittoria a testa (io a Novi Ligure e lui ad Anterselva), perchè, possibilmente, gli sponsor si onorano e si ringraziano meglio se si taglia il traguardo davanti a tutti.
Ma tornando al GiroE – nel quale la lettera “E” sta sia per elettrico che per esperienza esclusiva – il suo avvicinamento ha bisogno della dovuta considerazione, partendo da una premessa imprescindibile per chi va in bici tutti i giorni: indossare sempre il casco e rispettare il codice della strada.
In merito allo svolgimento delle tappe, che talvolta sono percorse con condizioni di traffico semichiuso, bisogna attenersi anche a norme di buon senso e rispettare la segnaletica qualora uno finisse momentanemente oltre i mezzi che scortano la gara (è molto raro ma potrebbe capitare ad inizio tappa o dopo la sosta collettiva per il cambio delle batterie).
Una volta saputo che avrei partecipato al GiroE, ho continuato ad allenarmi in bici come faccio da sempre, compatibilmente agli impegni di lavoro e senza velleità agonistiche, ma ottimizzando le uscite, portandole dalle due ore iniziali (con dislivelli leggeri) alle cinque di un’intensità e dislivello maggiore. Non contava che media oraria tenessi, ma mi importava fare ore “di sella” come si dice in gergo perchè sapevo che le tappe sarebbero durate più del previsto e sapevo che avrei dovuto pedalare con alcuni ospiti di diverse fasce di età la cui preparazione atletica poteva essere inferiore alla mia.
Se il contorno è di quelli da palcoscenici importanti, anche l’aspetto del puro sforzo fisico non è da sottovalutare nonostante si pedali su una bici non convenzionale. Non bisogna farsi ingannare dal “motorino” che alleggerisce la sensazione di fatica perchè anzi in pianura paradossalmente si fa più fatica che in salita.
Per regolamento infatti tutte le e-bike hanno un limitatore (che si può far sbloccare dal vostro rivenditore o meccanico di fiducia) che oltre i 25 km/h od oltre un certo numero di watt impressi dalla nostra pedalata interrompe il meccanismo elettrico: nelle tappe di pianura praticamente si pedalava con il motorino spento ma spingendo una bici di 14 kg, circa il doppio di una normale. Un esempio pratico lo si è visto nella tappa Lugo-Modena di 115 km tutti pianeggianti dove tra gli ospiti più famosi c’erano tre grandissimi sportivi: la pattinatrice Valentina Marchei, il cestista Carlton Myers e il calciatore Luca Toni. Se per i primi due la fatica è stata gestita bene, anche grazie a qualche spinta e consiglio, per il centravanti campione del mondo nel 2006 è stata una vera agonia. Nelle interviste di fine tappa ha confermato quanto ci diceva in corsa: “Ma si patisce e si soffre tanto anche su una bici elettrica!”. Ovviamente questo, seppur divertente, è un caso limite che tuttavia ci fa comprendere quanto sia fondamentale la preparazione.
Dopo la prima tappa (da Val Bisenzio a Fucecchio, in Toscana), al netto dell’entusiasmo col quale abbiamo pedalato tutti, mi era già tutto più chiaro sul come comportarmi e come istruire i miei compagni che ogni giorno cambiavano. Non pedalare troppo agile, non troppo duro, non usare sempre il motorino ne troppo poco, dosare a dovere i tre livelli di potenza erogata, fare attenzione al consumo della batteria. Un altro esempio è stato sul terribile Mortirolo: io l’avevo scalato tanti anni fa, avevo ancora in mente la sua durezza e la fatica che avevo fatto però scalarlo con una bici elettrica, e quindi salire come i professionisti, è una cosa favolosa, da sballo, che può tagliarti letteralmente le gambe se esageri col ritmo. Alcuni hanno pagato dazio a circa 4 km dalla vetta finendo la batteria e procedendo stancamente con la pedalata muscolare che si sa, dicono, è tutto potenziamento che tornerà utile.
Per chi non è troppo abituato ad amministrare le proprie energie anche su una bici normale andare in crisi su una e-bike non è poi così difficile, pertanto non sottovalutate mai la preparazione perchè spesso per pedalare non serve solo la forza.
Fausto - 2020-02-21 12:33:51