S.F.R. e la leggenda dell’ipossia

S.F.R. e la leggenda dell’ipossia

Francesco Trebbi

L’ipossia, è quello stato in cui siamo in carenza di ossigeno ed è un fenomeno che ritroviamo durante l’esecuzione delle S.F.R.

22 Dicembre 2021

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Oramai gli appassionati di ciclismo e tecnici più esperti, non hanno sicuramente la necessità di leggere un articolo che parli del metodo di allenamento più famoso, ed ancora oggi, utilizzato da ciclisti amatori e professionisti.

Ecco perché, in questo elaborato, non andrò ne a descrivere ne a ripetere quello che tutti noi oggi sappiamo o che comunque possiamo leggere trito e ritrito nel web.

Riguardo al metodo Salite Forza Resistenza (S.F.R.) s’è scritto e parlato moltissimo. Quando un atleta le trova scritte nel suo programma di allenamento, sa a priori che si tratta di un allenamento valido e cresce in lui la convinzione che quel preparatore che gliele ha somministrate sa il fatto suo, ma non è tutto, quel che cresce, è la consapevolezza che sia un metodo di allenamento che sicuramente fa migliorare chiunque lo utilizzi.

Da quando mi occupo di allenamento, il 99% delle volte, lo stimolo allenante che ho somministrato ad un soggetto X, non ha fatto lo stesso ad Y.

Quindi?

Quindi ho scelto di essere un allenatore diverso o comunque non convenzionale. Perché l’individuo che sceglie di affidarsi a me per la sua preparazione atletica, non debba un giorno scoprire da solo che se pur vi siano allenamenti famosissimi che la stampa e il marketing ha eretto quali responsabili di grandi vittorie, su di lui potrebbero non funzionare o comunque non sono sostenuti da alcuna evidenza scientifica.

Ora però andiamo a bomba sul titolo di questo mio elaborato e cioè cercare da far emergere se davvero l’allenamento delle Salita Forza Resistenza, inducono o meno il fenomeno dell’Ipossia.

Per chi non lo conosce, l’ipossia, è quello stato in cui siamo in carenza di ossigeno e nello specifico, come scritto nei numerosi articoli a riguardo, è un fenomeno che ritroviamo durante l’esecuzione delle S.F.R..

Il motivo sarebbe giustificato dal fatto che l’esecuzione di questo esercizio a cadenza di pedalata relativamente bassa, faccia contrarre i muscoli delle gambe più a lungo rispetto ad una cadenza normalmente scelta in pianura o salita. Data questa contrazione muscolare estesa nel tempo, i capillari nei muscoli subiscono una vaso costrizione che di contro, impedendo il normale flusso sanguigno, andrebbe a diminuire anche il trasporto di ossigeno. Questo fenomeno, a patto che si verifichi, andrebbe a stimolare un adattamento che si traduce poi in una migliore performance generale.

Ok, tutto interessante, quindi lo prendiamo per buono solamente perché lo troviamo scritto e ripetuto in quasi tutti gli articoli che parlano di S.F.R.?

Vi ricordo che la valenza e credibilità di un articolo, se non cita riferimenti scientifici, è alquanto bassa. Non solo, anche quando cita riferimenti scientifici, è spesso viziato e indirizzato verso interessi e sponsorizzazioni, come ad esempio il 99% degli integratori che vedete in mano al vostro PRO preferito.

Ma anche questo è un articolo! Giustissimo, infatti se ti va di leggerlo, a differenza dal solito, alla fine troverai tutti i riferimenti scientifici dai quali ho tratto quello che stai leggendo e se non ti fidi, non farlo mai, dovresti andare ad approfondire e verificare come ho fatto io.

 

 

E’ vero che le S.F.R. inducono il fenomeno dell’ipossia?

Se fossimo in reale ipossia, la saturazione di ossigeno dovrebbe essere bassa. Il ricercatore Federico Formenti, insieme ad altri suoi collaboratori, nel 2019 hanno misurato attraverso il saturimetro la saturazione d’ossigeno a diverse cadenze di pedalata, partendo da 30 ed arrivando fino a 100 RPM.

Conclusero che, concettualmente, a nessuna di queste cadenze si osserva un cambio di saturazione dell’ossigeno, ovvero, nessuna ipossia. L’unico momento in cui si evidenza un leggero calo della saturazione è intorno alla soglia anaerobica, ma come sappiamo benissimo le S.F.R. si eseguono in una finestra metabolica intorno al fondo medio ovvero 83/87% della frequenza cardiaca massima, mentre invece la S.A. è a frequenza cardiaca ben più alta e quindi durante l’esecuzione di una S.F.R., siamo prettamente in regime aerobico. In ultimo ma non di minor importanza, quando si manifesta il fenomeno dell’ipossia, il meccanismo energetico prevalente dovrebbe essere quello anaerobico lattacido, mentre come sappiamo, le S.F.R. devono essere appunto eseguite al Fondo medio per poter prolungare quanto più possibile la ripetuta senza indurre l’atleta al cedimento per troppa intensità e fatica.

Altri 2 ricercatori Beneker e Leithauser, nel 2017 ci dimostrarono che a 50 RPM si ha una concentrazione di lattato nei muscoli minore, rispetto a 100 RPM. Questo ci suggerisce che a bassa cadenza il sistema aerobico è attivo in modo preminente e come precedentemente detto, questo esercizio va eseguito a bassa cadenza, quindi, in un regime prevalentemente aerobico, ovvero, una intensità metabolica non sufficiente a creare stimoli di adattamento.

Kristoffersen e atri, nel 2014, hanno fatto allenare, per 12 settimane, un gruppo di atleti con il metodo delle S.F.R. e altro gruppo di ciclisti che, a differenza dei primi, poteva scegliere la cadenza di pedalata liberamente. Il tragico risultato è stato che nel gruppo che eseguiva le S.F.R. non sono stati riscontrati effetti significativi. Mentre invece il gruppo che poteva scegliere liberamente a che cadenza pedalare, ha migliorato il massimo consumo di ossigeno VO2max, il VO2 alla soglia del lattato ed altri miglioramenti generali. Stiamo dicendo che, documenti alla mano, un gruppo di soggetti che ha eseguito 12 settimane di salite forza resistenza, non è migliorato rispetto ad un gruppo che si allenava a cadenza liberamente scelta.

Nel 2009 il ricercatore Moore ed altri, avevano già confermato che, fra le 80 e 100 RPM si riesce ad estrarre maggior quantità di ossigeno o comunque, sono quelle cadenze dove i meccanismi energetici vengono maggiormente coinvolti e quindi stimolati.

Hansen e Smith, sempre nel 2009 concludono che pedalare a bassa cadenza, comprometterebbe la prestazione di endurance.

Ma già nel lontano 1992, quindi meno di 10 anni dell’avvento delle S.F.R., i ricercatori Swain e Wilcox sostenevano che la cadenza ideale per affrontare una salita era 80 RPM da seduti, piuttosto che a 40 RPM in piedi o seduti. Si è osservato che la frequenza cardiaca a 80 RPM seduti, a parità di watt, era inferiore rispetto a 40 pedalate al minuto da seduti o in piedi. Sappiamo benissimo che a parità di watt, se il cuore lavora a battiti più bassi ci permette di estendere maggiormente la nostra prestazione in quanto consumiamo meno energie.

Sempre evitando di rivolgermi ai “terrapiattisti”, quanto scritto fino ad ora, potrebbe far sorgere alcuni dubbi e domande sul vantaggio o meno che il metodo delle salite forza resistenza ha sulle prestazioni sportive.

In 3B Training non demonizziamo o trattiamo con sufficienza nessuna metodologia ed utilizziamo anche il metodo delle S.F.R. Tuttavia è importante specificare che le S.F.R. trovano motivo e ragione di essere prese in considerazione solo e se vi sono le condizioni specifiche che lo richiedono:

  • Particolarità del modello prestativo, come ad esempio le corse a cronometro o appunto record dell’ora;
  • Caratteristiche specifiche del soggetto, esperienza, età o semplicemente se è “responder” o meno allo stimolo particolare delle S.F.R.;
  • Periodo di utilizzo ovvero in quale punto della stagione inserirle.

Senza tenere in considerazione questi aspetti il risultato è affidato solo al caso.

Con questo articolo quindi non si ha ne lo scopo ne la pretesa di spodestare le S.F.R. da chissà quale trono di veridicità o di metterne il dubbio i risultati, ma bensì, quello di analizzare per mezzo della letteratura scientifica cosa effettivamente possiamo aspettarci da questo allenamento e cosa probabilmente, come nel caso dell’ipossia è meglio non scrivere più.


Coach F.Trebbi


 

Riferimenti:

Patterson, Stephen D et al. “Blood Flow Restriction Exercise: Considerations of Methodology, Application, and Safety.” Frontiers in physiology vol. 10 533. 15 May. 2019;

Formenti F, Dockerill C, Kankanange L, Zhang L, Takaishi T, Ishida K. The Effect of Pedaling Cadence on Skeletal Muscle Oxygenation During Cycling at Moderate Exercise Intensity. Int J Sports Med. 2019;

Shastri L, Alkhalil M, Forbes C, El-Wadi T, Rafferty G, Ishida K, Formenti F. Skeletal muscle oxygenation during cycling at different power output and cadence. Physiol Rep. 2019;

Beneke R, Leithäuser RM. Maximal Lactate Steady State’s Dependence on Cycling Cadence. Int J Sports Physiol Perform. 2017;

Kristoffersen M, Gundersen H, Leirdal S, Iversen VV. Low cadence interval training at moderate intensity does not improve cycling performance in highly trained veteran cyclists. Front Physiol. 2014 Jan 31;5:34;

Moore JL, Shaffrath JD, Casazza GA, Stebbins CL. Cardiovascular effects of cadence and workload. Int J Sports Med. 2008;

Hansen EA, Smith G. Factors affecting cadence choice during submaximal cycling and cadence influence on performance. Int J Sports Physiol Perform. 2009;

Swain DP, Wilcox JP. Effect of cadence on the economy of uphill cycling. Med Sci Sports Exerc. 1992.

 

 

 

 

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commenti

Sicuramente un articolo scritto con osservazioni scientifiche ma oltre queste resta il fatto per mia esperienza e caratteristiche personali faccio meno fatica a pedalare tra le 60/65 rpm che oltre le 70. Comunque articolo molto utile,grazie!!

Nello - 2022-01-21 17:45:45

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