Curiamo la tecnica di corsa
Molti runners curano i volumi di allenamento, i chilometri percorsi a seduta a settimana o la qualità, puntando sulle ripetute veloci in pista o su strada; pochi curano la tecnica di corsa, pensando che non essendo più in giovane età non si possa migliorare da questo punto di vista. In parte è vero: l’età incide sulla capacità di cambiare un file motorio, ma occorre anche dire che determinati errori tecnici grossolani si possono migliorare senza contare che possono influire molto sulla resa e sulla possibilità di incorrere in infortuni.
La corsa è definita come una successione di balzi e già da qui si capisce quanto possa essere complicato questo gesto motorio, gesto che, in realtà, da bambini è abbastanza naturale. Le cose si complicano se non si continua ad avere familiarità con la corsa nel corso degli anni e si può perdere la tecnica, che diventa in età adulta meccanica e meno spontanea.
Andiamo a suddividere in 3 momenti fondamentali la corsa:
CONTATTO A TERRA
È il momento più critico in quanto, se non corretto, incide anche sugli altri successivi momenti tecnici. L’impatto a terra deve essere sull’avampiede nella zona metatarsale, il piede deve essere a martello a 90° e appoggiare orizzontale rispetto al terreno, come chiaramente anche il mesopiede e il tallone, che impattano insieme alla zona metatarsale ma una frazione di secondo dopo.
Diciamo quindi che l’avampiede va sensibilizzato e deve essere capace di assorbire l’impatto, che viene subito dopo distribuito sulle altre parti del piede (mesopiede e tallone). Molto importante è evitare di atterrare direttamente con il tallone con un eccessiva dorsoflessione della caviglia: questo è l’errore tecnico più comune e diffuso negli amatori. Un appoggio di tallone porterà sicuramente ad una eccessiva decelerazione (momento negativo della corsa), il bacino tenderà ad abbassarsi (corsa “da seduto”) e la conseguente traumaticità si trasferirà prima alle ginocchia e poi al rachide lombare con la possibilità di infortunarsi con l’aumentare dei carichi.
A questo punto cosa fare?
Prima di tutto occorre essere consapevoli dell’errore magari registrando con il telefonino un video mentre si corre: può essere molto utile. In secondo luogo ci sono esercizi, che possono aumentare la sensibilità sulla zona metatarsale come il TOUCH HARD (battere da fermi un piede a terra simulando lo skip monopodalico, impattando sulla zona dell’avampiede una decina di volte e cambiare simulando la corsa da fermi) oppure il sedersi e toccare con la mano (pollice) spingendo bene sulla zona callosa dei metatarsi (togliendo magari anche le scarpe) o direttamente sulle scarpe in corrispondenza della linea delle teste metatarsali. Passaggio successivo è rappresentato dall’eseguire gli esercizi tecnici più idonei come lo skip basso o lo skip alto, i balzelli a piedi pari, prestando attenzione al piede che deve essere a martello al momento di contatto a terra e cercando di rimbalzare sulla zona dell’avampiede suddetta.
Immediatamente dopo il contatto a terra si attiva la fase di riutilizzo elastico della forza, il piede deve fare da tramite per trasferire al tendine sovrastante e al tricipite della sura l’energia meccanica accumulata (la stessa fascia plantare reagirà allo stesso modo per assorbire prima e reagire in elasticità). Il tendine insieme al muscolo reagirà come una molla che si stirerà e allungherà per poi restituire energia elastica al piede stesso. Anche le strutture sopra alla gamba reagiranno con una contrazione eccentrica (quadricipite) e muscoli del core e arti superiori assorbiranno l’impatto stabilizzando il corpo. Queste stesse strutture con un timing perfetto dovranno poi attivarsi con una contrazione concentrica e insieme all’energia elastica per contribuire alla successiva fase di SPINTA.
FASE DI SPINTA
È la fase propulsiva che, insieme al riuso elastico della forza, determina la vera fase attiva positiva (ricordiamo che c’è una fase negativa nel momento di impatto a terra). In questa fase più il runner ha un CORE forte e allenato più sarà capace di stabilizzare e convogliare le forze in un unico vettore di spinta, in pratica non ci sarà dissipazione delle forze espresse nell’azione di corsa e la resa di corsa sarà più alta. L’energia elastica, che si accumula nelle fase precedente, in realtà non è solo da parte della fascia plantare e del tendine achilleo e muscolo tricipite, ma gli stessi quadricipite e bicipite femorale hanno un importante azione elastica che determina un azione di spinta ancora più efficace. Importante sottolineare come gli esercizi di forza (5×5 80% forza massima squat strappo slancio stacchi) aumentino sia la forza concentrica ed eccentrica ma anche la stessa rigidità e tono muscolare fondamentali per un ulteriore riuso elastico della forza.
FASE DI VOLO
Una volta che il piede si stacca da terra a fine spinta si innesca la fase di volo, una fase dove non possiamo avere grandi margini di controllo se non quello di avere un CORE forte per non dissipare anche in questa fase le forze di spinta e rimbalzo, fino a quando l’altro piede non impatta a terra e il ciclo riparte. Un istante prima della fase di contatto a terra, terminata la fase di volo, vi è un estensione in avanti della gamba con il piede in dorsoflessione (siamo ancora in volo e il piede è dorsoflesso con il tallone più basso della punta) : in questo istante occorre fare un’azione di richiamo del piede per atterrare correttamente con l’avampiede, riportandolo orizzontale rispetto al terreno; si tratta di frazioni di secondo in cui si possono osservare le varie fasi in video magari con un fermo immagine.
Queste complicate fasi rispecchiano la biomeccanica di corsa, che incide non poco sul costo energetico della corsa. Il runner capace di avere tempi di appoggio brevi e un buon riuso elastico della forza avrà un costo energetico minore e una resa meccanica più alta, che abbinati al VO2 MAX dell’atleta determinano la velocità di corsa.
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