Rovaniemi300 e la magia dell’aurora boreale
“Il pazzo è un sognatore sveglio” (S. Freud) L’avventura alla Rovaniami300 inizia circa un anno fa. Forse subito dopo aver concluso la Rovaniemi150, che vinsi nella categoria “sci”. Sono un matto. Ma mi lascio trascinare da chi è più matto di me. Si tratta del mio amico Ronnie, ci siamo conosciuti in Lapponia lo scorso anno […]
“Il pazzo è un sognatore sveglio” (S. Freud)
L’avventura alla Rovaniami300 inizia circa un anno fa. Forse subito dopo aver concluso la Rovaniemi150, che vinsi nella categoria “sci”. Sono un matto. Ma mi lascio trascinare da chi è più matto di me. Si tratta del mio amico Ronnie, ci siamo conosciuti in Lapponia lo scorso anno e in Italia ci separano solo pochi chilometri. Lui, oltre a essere il più folle, è anche il più giovane.
Ma non mi faccio intimidire dall’età. Sono allenato e continuerò ad allenarmi per un anno intero con l’obiettivo di concludere la Rovaniemi300 sugli sci.
L’unica paura: il freddo
L’unica cosa che temo è il freddo, visto che soffro della sindrome di Raynaud, che mi blocca la circolazione delle dita delle mani. Ma sono attrezzato. Ho dei guanti speciali che userò solo in caso di necessità. Quando il freddo inizierà a pungere sul serio. Ma non ho fatto i conti con altre difficoltà. La sindrome, quest’anno, è stata l’ultima delle mie preoccupazioni.
Un po’ di burocrazia
Le emozioni alla partenza sono tante, ma le ansie certamente meno rispetto allo scorso anno. Questa volta siamo già preparati. Conosciamo i tempi di registrazione e la distanza che ci separa dall’hotel al check point dove registrarsi è di soli 300 metri. Il regolamento della Rovaniemi è ferreo. Se non rispetti i tempi di registrazione, dovrai aspettare 15 minuti dopo la partenza ufficiale della gara, quindi è meglio non perdere tempo.
e un paio di foto con gli amici
Noi siamo ormai quasi di casa qui in Lapponia. Abbiamo addirittura il tempo di scattare qualche foto con gli amici ritrovati: c’è Ronnie, naturalmente, ma anche Marco e Sebastian, conosciuti sempre nel 2016. Loro faranno la gara con la fat bike, proprio come Ronnie. Alberto, invece, affronterà la 300 km a piedi. Alla fine porterà a casa una grandiosa vittoria, sudata (si fa per dire, qui si gela!) con uno spagnolo che lo ha tallonato per tutta la competizione. E poi c’è Pasquale. Lui sarà come me sugli sci, ma farà (e vincerà) la 150, mentre io sono iscritto alla 300 km.
Che l’avventura abbia inizio
Ecco lo sparo. L’avventura inizia. Parto subito bene, anche se la neve non è abbondante come l’anno scorso. Nonostante i tanti chili che trascino con la slitta, circa 25, riesco a tenere l’andatura delle bike. Per un po’ restiamo in gruppo. In alcuni tratti, però, la neve è davvero poca il fondo è ghiacciato e cosparso di pietrisco che rallenta la mia andatura e rovina irrimediabilmente gli sci.
Ecco le prime salite. Rallento il ritmo per risparmiare energie: i 25 kg di slitta si fanno più pesanti. In pianura basta dare piccoli colpi alla cinghia che ho in vita perché la slitta scivoli con me, ma in salita tutto cambia, più l’ascesa è ripida, più il peso della slitta si fa sentire.
L’inizio della fine
80 km! Il primo check point. Un capanna di legno. Entro e ne approfitto per mangiare un panino della scorta di cibo che ho al seguito. Purtroppo questo sarà il mio grosso errore. Il panino è ghiacciato, ma lo mangio lo stesso. Mi fermo sotto la tettoia più del dovuto: 90 minuti. Fa freddo. Fuori fa ancora più freddo. Credo che la temperatura sia sotto i 20°C, poi mi confermeranno che era -27°C.
L’escursione termica tra la piccola capanna in legno e l’esterno è comunque notevole, specialmente per il mio stomaco. Il freddo mi attanaglia le budella.
Sto male. Mi trascino. Mi svuoto. Non ho più energie. Non mangio.
Una decisione molto difficile
Arrivo al fuoco dei 115 km. Le mani sono congelate e fatico ad aprire la cerniera della slitta. Faccio la spola tra il fuoco e la slitta. Mi scaldo le mani e cerco di aprire la cerniera. Mi scaldo le mani e cerco indumenti asciutti. Mi scaldo le mani e cerco le bustine scaldanti. Torno al fuoco, mi scaldo di nuovo le mani. Finalmente torno alla slitta e prendo le mie moffolone.
Quelle che ho portato solo in caso di emergenza. Purtroppo non ho avuto la forza di indossarle prima. Il freddo mi ha pietrificato le mani. Fino a quando non ho trovato il fuoco, non ho potuto fare niente per cercare di bloccare il principio di congelamento. A questo si aggiunge la congestione.
I dubbi si insinuano nella mia mente. Inizio a capire che ci sono dei limiti oltre ai quali è meglio non spingersi. L’avventura per me si sta per concludere. Tuttavia decido di proseguire fino a Rovaniemi, dove si chiude la prima parte della gara per chi ha fatto la 150 km e tutti devono comunque transitare.
Se mi fermo qui e chiamo i soccorsi forse dovrò attendere delle ore. L’orgoglio, il dolore allo stomaco, alle mani e ai piedi mi spingono a riprendere il cammino. Ma prima succede l’inaspettato.
Come in una fiaba:
“Dove vuoi andare?”
“Non lo so”, rispose Alice
“Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza” (Lewis Carroll)
Il cielo è limpido. Le stelle sembrano un numero indefinito di lucine che lo illuminano. Trovare le parole per descrivere ciò che vedono i miei occhi è difficile:
l’aurora boreale!
Potrei fotografarla. Così non servirebbe alcuna descrizione. Purtroppo anche il telefono sembra avere la “sindrome di Raynaud”. Non dà segni di vita. È congelato quanto me. Non importa. Mi porterò questa immagine nel cuore per il resto della mia vita.
Non a tutti è concesso di ammirare uno spettacolo simile. A me questa possibilità è stata offerta ben quattro volte in una stessa notte. Non si ripeterà più. I giorni successivi alla gara, infatti, uscirò un paio di volte la notte per “cacciare l’aurora boreale”, ma lei non si lascerà più catturare.
Il messaggio
Con il senno di poi interpreto quella apparizione come un messaggio:
“Giovanni questo è il tuo premio. Non spingerti oltre le tue possibilità. Non devi dimostrare niente a nessuno. Tanto meno a te stesso. La tua non è una sconfitta. Talvolta vincere significa anche saper riconoscere i propri limiti. La tua passione per lo sci è infinita, ma la tua vita è ancora più importante”.
Il mio traguardo
In quel momento decido che la mia Rovaniemi300 non si concluderà al trecentesimo chilometro, ma al 150esimo. Mi trascino come uno stanco sacco di patate. Lo sforzo è enorme e le energie sempre più flebili. Purtroppo dopo la congestione non riesco più a mangiare e bere, questo si ripercuote sul mio stato psicofisico. Non so cosa mi spinga a mettere uno sci davanti all’altro e a proseguire, forse si chiama orgoglio o forse spirito di sopravvivenza.
Non si finisce mai d’imparare
Il ritiro mi costa davvero tanto. Ma questa esperienza mi ha fatto capire quali sono i miei limiti. Mi ha insegnato qualcosa per il futuro. Sicuramente rinuncerò all’Alaska (leggi qui), dove le temperature sono ancora più rigide che in Lapponia, ma non è detto che fra qualche anno tornerò di nuovo a Rovaniemi.
Di sicuro non tenterò la 300 km, ma proverò a battere il mio record alla 150 dell’anno scorso. Ancora oggi, dopo diversi giorni dal mio rientro in Italia, soffro per il principio di congelamento alle mani e ai piedi. Ma un sogno, se non quello dell’Alaska, l’ho realizzato durante quella notte stellata:
l’aurora boreale resterà la mia fiaba inespressa. Quella fiaba che conserverò per sempre nel cuore come in uno scrigno prezioso.
di Giovanni Bonazzi
Foto dell’aurora boreale tratte da unsplah.com
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