Dietro le quinte del 103mo Giro D’Italia
Ho appena concluso il mio 10° Giro d’Italia nella sua 103esima edizione.
Questo Giro d’Italia è stato un capolavoro: da Sud a Nord per la penisola ma questa volta non l’ho percorso sulla mia bicicletta, bensì su di una motocicletta, sempre al fianco dei corridori e di tutta la carovana.
È stata, senza dubbio, una nuova esperienza all’interno di un mondo che conosco da tutta la vita e che al tempo stesso ancora mi entusiasma e mi arricchisce sotto nuovi punti di vista.
Nella mia nuova divisa da “regolatore” in moto al fianco di RCS, organizzatore del Giro d’Italia per Gazzetta dello sport, ho avuto l’occasione di vedere cosa succede dietro le quinte di eventi sportivi di ciclismo.
Per chi non conoscesse il ruolo della figura del “regolatore” in corsa, vi spiego brevemente di cosa si tratta:
il “regolatore” è una figura interna all’organizzazione prevista dal regolamento dell’UCI (Unione Ciclistica Internazionale) ed è il “braccio armato” dell’organizzatore in ogni situazione.
Vi assicuro però che il termine armato consisteva nel solo uso della mia bandierina e di un fischietto, con la quale segnalavo i passaggi pericolosi ai corridori e indicavo alle moto e macchine al seguito dove e quando passare per non ostacolare l’andamento della corsa.
Il termine “molto mobili” significa che, con la moto guidata dal mio fedele e bravissimo motociclista Luca Nagini, potevamo scarrozzare avanti e indietro sulla gara per prevenire ostacoli alla testa della corsa o difendere corridori attardati dietro. In questa edizione del Giro d’Italia i regolatori in moto erano 4:
- Marco Velo, nonché ex professionista e regolatore da circa 10 anni;
- Paolo Longoborghini, anche lui ex professionista con anni di esperienza a livello organizzativo;
- Enrico Barbin, ex professionista e new entry come me quest’anno;
Noi quattro ci dividiamo in corsa gli incarichi organizzativi e comunichiamo continuamente, in diretta, con la direzione di corsa di Mauro Vegni e Stefano Allocchio, rispettivamente il Direttore e il Vice Direttore del Giro d’Italia, e con Raffaele Babini e Rosella Bonfanti, il primo uno storico direttore di corsa e la seconda un’abile commissario UCI e direttore di corsa.
Dopo questo breve excursus esplicativo, che era d’obbligo per farvi capire perché quest’anno era il mio primo Giro d’Italia da non protagonista, o meglio specificare da ex ciclista, passiamo alla storia di questa edizione e del suo “dietro alle quinte”.
Premetto che quest’anno il “maledetto” Virus ha complicato il lavoro a tanti, con tamponi settimanali e stress da esito davvero difficili da sopportare, ma certamente utili per combattere questa pandemia e portare un evento di queste dimensioni a termine; anche le cadute e alcuni incidenti di percorso, hanno costretto diversi leaders, possibili vincitori del Giro d’Italia, a lasciare anzitempo la carovana, come nel caso di Geraint Thomas a causa di una borraccia a terra.
Poi c’ ha pensato anche il virus a mietere vittime tra i capitani, come nel caso di Simon Yates e Steven Kruijswijk e le loro rispettive squadre, messe in quarantena preventiva.
Poi una volta lasciato il Sud d’Italia con il portoghese João Almeida in maglia rosa, la situazione sanitaria peggiorava e i tamponi sono moltiplicati, ma la famosa “bolla gialla” funzionava e questo ci ha permesso di arrivare fino a Milano, indenni da casi di positività accertati.
Durante queste 3 settimane sono successe molte cose, anche a livello organizzativo.
Prima di tutto bisogna sapere che questo Giro d’Italia è stato studiato, messo su carta e finito di ispezionare da Alessandro Gianelli e Stefano di Santo almeno con 5 mesi di anticipo, quindi se il giro doveva corrersi a Maggio 2020, gli ultimi cambiamenti sono stati fatti a dicembre 2019. In questo caso specifico, nei mesi di “lockdown” sono sorti molti problemi di pubblica sicurezza con le sedi di partenza e arrivo delle tappe, gestiti da Giusy Virelli, responsabile della comunicazione con le amministrazioni e non solo, e per questo è stato traslato a ottobre e la partenza è stata spostata in Sicilia, dove erano previste comunque 3 tappe di questo Giro 2020, ed è stata aggiunta una cronometro iniziale a Palermo che ha visto trionfare un italiano su tutti, Filippo Ganna, primo a indossare anche la maglia rosa.
L’edizione 103 del Giro d’Italia, se ricordate, doveva partire dall’Ungheria e siccome ci si è messo di mezzo il Virus, tutto quanto è stato messo in discussione, compresa la grande partenza organizzata all’estero.
Le questioni da affrontare ogni giorno dal punto di vista organizzativo erano davvero tante: dalla gestione di partenze e arrivi in città molto popolate, insieme alle questure e ai prefetti, bisognava limitare l’accesso alle zone limitrofe, in modo da mantenere il più possibile la “bolla” e non creare assembramenti tra il pubblico. Potete immaginare come tutto questo sia stato difficile per i responsabili di partenza e arrivo, rispettivamente Luca Piantanida e Mario Broglia, e come sia triste chiedere alle persone che volevano ammirare i protagonisti da vicino il distanziamento; in tutto questo “infieriva” non poco anche il meteo, che per questo mese di ottobre in Italia è stato davvero, fortunatamente, clemente da Sud a Nord e portava la gente a scendere sulle strade e nelle città.
I villaggi di partenza e arrivo erano ridotti a piccoli spazi dove solo chi era stato “tamponato”, o in possesso di autocertificazione, poteva avere accesso, e solo a piccole unità per volta.
Poi c’era l’aspetto sicurezza legato ai percorsi, nella quale gli ispettori di percorso Marco della Vedova e Maurizio Molinari, avevano un ruolo davvero importante, quello di partire molto prima della tappa e verificare la frecciatura, effettuata il giorno prima della corsa da personale specializzato, e di mettere in sicurezza pochi minuti prima del passaggio della carovana, tutto il percorso di gara, con l’aiuto di abili motociclisti con nastro bianco e rosso e bandierine segnalatrici.
Di non poco conto il rapporto di comunicazione tra organizzazione e squadre di questo Giro d’Italia, gestita da Luca Papini, uno scambio continuo di dati e comunicazioni importanti, che sono essenziali per lo sviluppo della competizione. Dal momento del via all’arrivo, ogni automobile e motocicletta al seguito della corsa, guidate da personale certificato e con esperienza, guida su di un percorso chiuso e messo in sicurezza da forze dell’ordine e volontari, che sono la forza trainante di questi eventi, insieme agli sponsor ovviamente. Dato il via ufficiale da parte del Direttore di corsa, inizia come sempre lo spettacolo, e i protagonisti ciclisti hanno nelle loro gambe e nei loro cuori il palinsesto di questo show, che va in diretta integrale sulle reti di tutto il mondo, compresa la RAI.
I milioni di telespettatori e radioascoltatori, che seguono la corsa, non posso vedere o intuire quanto lavoro c’è dietro ad una tappa, e chi lavora non vuole nemmeno apparire perché sa benissimo che lo spettacolo lo fanno i corridori e i magnifici territori che percorrono lungo tutto il Giro d’Italia.
In corsa poi ci sono un sacco di aneddoti che potrei raccontare, dalle pause pipi ai bar calcolate al secondo per non uscire dalla corsa, oppure la competizione tra ammiraglie per stare accodate dietro al gruppo, ai tifosi che si lanciano in mezzo alla strada per raccogliere la borraccia del proprio beniamino, alle decisioni prese all’ultimo secondo per mettere in sicurezza mezzi di soccorso che possono muoversi lungo il percorso.
Il dietro le quinte di un Giro d’Italia è a volte difficile da comprendere, affascinante e davvero variegato, l’esperienza di ex ciclista aiuta tantissimo e la passione per questo sport ancora di più.
Per chiudere questo articolo direi che la mia nuova esperienza nel mondo del ciclismo è stata illuminante, per certi versi eccitante e molto costruttiva per il rapporto con gran parte delle persone che ci lavorano, d’altronde difficile pensare a questo sport senza la passione e l’esperienza di chi lo confeziona.
Alla prossima avventura…in sella alle due ruote!
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