Allenamento in altura: perché aiuta a migliorare la performance?
Da molti anni ormai, gli atleti di qualunque sport, durante la stagione, fanno almeno un blocco di allenamento in altura, sopra i 1600 metri di altitudine.
Da sportivo, che è nato e vissuto nella pianura padana fin da piccolo, la montagna è sempre stata sinonimo di aria pulita, di ossigenazione e tanta tanta salita.
D’estate era il rifugio perfetto per le vacanze lontano dal traffico della riviera romagnola e l’aria fresca motivava ancor di più a scalare le grandi salite. Non c’è bisogno di un genio per capire che la montagna migliora le tue prestazioni perché, d’estate soprattutto, dormi meglio, ti alleni meglio e di più.
Con il tempo però ho capito che nel gesto semplice di prendere e partire per la montagna con la mia bicicletta c’era molto altro.
Sin dall’inizio della mia carriera ho avuto a che fare con ritiri in luoghi diversi e in momenti diversi della stagione, ma ognuno aveva il suo perché. Per esempio l’inverno partivo per la costa spagnola con tutta la mia squadra per testare i nuovi materiali e programmare la stagione, dopo la breve pausa autunnale; poi partivo per le Canarie, dove restavo 10-15 giorni per blocchi di lavoro a temperature gradevoli e su percorsi molto impegnativi; infine circa 10-15 giorni prima di alcuni obiettivi stagionali, come Giro d’Italia e Vuelta Espagna, mi rifugiavo in altura, per rifinire al massimo la mia forma fisica.
Mentre i primi due ritiri consolidavano la preparazione di base invernale, quello in altura era il puntino sulla “i” prima di una corsa importante.
Allenamento in altura: come programmarlo
Ora veniamo al sodo e parliamo di quanto dura e cosa cambia all’interno del nostro organismo durante un soggiorno oltre i 1600 metri di quota. Gli studi eseguiti, e tuttora in evoluzione, indicano che l’altura (ipossia) agisce positivamente su atleti di endurance e diversamente in base alle caratteristiche genetiche dell’atleta.
Sono sconsigliati allenamenti e soggiorni in alta montagna a persone con problemi cardiovascolari, per tutta una serie di problemi dovuti alla scarsità d’ossigeno e di pressione, che possono provocare ‘mal di montagna’ anche a soggetti sani.
Ora vediamo come programmare un periodo di allenamento in altura.
Per una buona acclimatazione servono qualche giorno di riposo a una quota stabile tra i 1200 e i 2500 metri (più alta sarà, maggiore sarà la produzione di eritropoietina da parte dei reni e di conseguenza lo stimolo riproduttivo dei globuli rossi e la loro capacità di trasporto dell’ossigeno nei tessuti, compresi quelli muscolari).
In questo periodo è essenziale non allenarsi troppo e permettere al nostro organismo di acclimatarsi correttamente nelle condizioni migliori; come dicevo in precedenza e come ho vissuto per esperienza, l’acclimatazione è molto personale e dipende dalla quota sopportata geneticamente da ogni singolo individuo. Per questo motivo dobbiamo fare attenzione alle sensazioni avute a determinate quote e al grado di miglioramento ottenuto in ritiri precedenti.
Una volta stabilita la quota ed effettuato l’acclimatamento, dobbiamo decidere se migliorare solo le nostre capacità organiche oppure anche quelle muscolari legate all’allenamento (Vo2max).
È importante sapere che pubblicazioni scientifiche hanno evidenziato come l’allenamento ad altitudini inferiori, rispetto a quelle dove si decide di effettuare il ritiro, rende le nostre prestazioni a bassa quota migliori rispetto a sessioni di allenamento in alta quota. Quindi se si vogliono ottenere anche miglioramenti fisici e muscolari, il miglior compromesso sarebbe quello di acclimatarsi oltre i 2000 metri di altitudine e allenarsi a quote più basse, sotto i 1200 metri, per la maggior parte del tempo.
Personalmente in carriera ho dormito anche a 3200 metri di altitudine (rifugio Grawand in Val Senales) che raggiungevo in cabinovia, e mi allenavo tendenzialmente sotto i 1200 metri a parte quando percorrevo lunghe salite dolomitiche o alpine.
Allenamento in altura: considerazioni importanti
Nel nostro periodo di allenamento in altura è importantissimo curare:
- l’idratazione, perché la disidratazione diminuisce ancora di più il trasporto di ossigeno ai tessuti, già limitato dalla minor presenza nell’aria;
- l’alimentazione, che deve essere aumentata in contenuto proteico per evitare i processi catabolici a danno dei muscoli. Per gli atleti di alto livello è consigliato anche un’integrazione di ferro che consolidi la produzione dei nuovi globuli rossi e il trasporto dell’ossigeno al sangue.
I miei stage duravano da un minimo di 10 giorni a un massimo di 18 giorni, dove 3-4 giorni servivano per acclimatarsi e poi 7-15 giorni per allenarsi e recuperare prima dell’obbiettivo stagionale.
Infine un parametro molto importante è quello della durata dell’effetto dell’altura, che varia in base al grado di stimolazione organica, quindi ai giorni e alla quota a cui si effettua lo stage, e al recupero della situazione iniziale (6-7 giorni), cioè semplicemente l’acclimatamento alle altitudini basse nella quale si vive (se non si ha la fortuna di vivere in montagna). Lo stimolo può durare dalle 2 alle 4 settimane ed è consigliabile scendere almeno 7-15 giorni
prima dell’obiettivo, in modo da sfruttare al massimo le condizioni migliori di Vo2max ottenute dal soggiorno in quota.
In conclusione, la montagna è il terreno ideale, per gli atleti di endurance, dove migliorare la propria Vo2max in previsione di un appuntamento importante, ma anche per rigenerare il proprio organismo e respirare ossigeno buono.
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Gianluca Gattino - 2020-07-31 18:09:16