Rigers Kadija è al “giro di Boa”
Rimanendo in contatto con i ragazzi vincitori di Endu Dream ho sempre avuto il polso della situazione e con il po’ di esperienza che mi sono creato nei miei 10 anni di endurance ho sempre pre-visto molti dei passi compiuti nella preparazione alla sfida finale. Stavolta ammetto di aver toppato in un particolare della preparazione di Rigers che nella mia visione sembrava fondamentale, ed invece no.
Ma prima di addentrarci nell’ultimo report e nei dettagli della preparazione direi che è meglio fare un resumè su Rigers Kadjia, 28 anni compiuti a metà ottobre, atleta OCR che corre anche con la nazionale italiana, di origini albanesi, la sua sfida nella categoria Performance è eredità di un viaggio del 2014 a Boa Vista con la sua pazientissima fidanzata, viaggio durante il quale decisero di noleggiare un fuoristrada, salvo poi smarrirsi e trovarsi bloccati dalla marea. E visto che per Rigers spaventarsi non è cosa gradita, ha deciso di esorcizzare questa brutta esperienza riscattandosi in un trail in autosufficienza parziale di 140 km, che vedrà la partenza nel weekend del 1 dicembre, proprio in concomitanza con le gemelle Vassallo e la loro sfida a Valencia.
Tornando alle mie errate previsioni, Rigers è quello che si può definire un torello, un concentrato di muscoli ben piazzati e ottimizzati per fare Obstacle Race, non proprio un fisico da trail runner, il mi pensiero era che nei mesi di preparazione avrebbe dismesso un po’ di potenza nel busto per alleggerirsi e portarsi via qualche kg in meno, sacrificando magari il fine stagione nell’OCR per dedicarsi unicamente al trail.
Invece no: la soluzione ingegnata con il suo allenatore è stata sull’ottimizzazione del piano alimentare, sulla depurazione per ottenere un fisico più ricettivo che sappia lavorare sì per tante tante ore ma non per questo debba catabolizzarsi rinunciando a muscoli fondamentali per lo sport principale, tanto che un paio di settimane fa Rigers ha vinto una gara di OCR, giusto per smentirmi.
Nel frattempo ha iniziato i lunghissimi per i 140 km del Boa Vista Ultra Trail, alternando corse su roccia a quella su sabbia, fondo su cui spenderà diverse ora delle sue due giornate, attraverserà un deserto creato dai venti del Sahara che han trasportato la sabbia fino all’isola, e si allena spezzando tra sabato e domenica la mole di lavoro, 3 ore sabato, 4 la domenica, poi 4 ore sabato, 5 la domenica e così via, preparandosi in un crescendo alla continuità richiesta dall’ultra trail che lo attende senza affaticarsi eccessivamente.
Ovviamente nel suo piano di lavoro sta progettando anche cosa e come portarsi via, tra materiale obbligatori, alimentazione, integrazione fornita da SIS tra cui i sali e l’acqua, ha già rinunciato al progetto camel back in uno zaino compatto (dentro cui sistemerà comunque il materiale di emergenza obbligatorio) preferendo un marsupio elastico in cui avrà la borraccia principale da litro e tenendone una di scorta a mano per i tratti più caldi, dato che ha calcolato che tra un punto ristoro ed il successivo il consumo massimo sarà litro e mezzo. Nei test ha notato che il peso sulla schiena tendono a infastidirlo creando scompensi nella corsa, per cui preferisce zavorrare l’acqua sul bacino così da rimanere più simile alle condizioni naturali. Nella gestione dei materiali ha già individuato nelle nuove ASICS Fuji Trabucco la sua scarpa da gara, cui vedrà se e quanto applicare una ghetta alta per non far entrare sabbia, ragionando sui tratti di costa se correre sul bagnasciuga rischiando di bagnarle o rimanere nella sabbia, scelte difficili per un percorso così lungo e con fondi variabili tra sabbia, compatto e roccia. Nel frattempo prosegue a intervallare i bendaggi con cerotti con ossido di zinco così da mantenere i piedi idratati ed in salute, perché ci diceva nello scorso report, non sarà comodo ma piuttosto di gettare via un sogno… ci si sacrifica anche con questi trattamenti.
Ho sempre sostenuto che Rigers non parta solo per il traguardo, ma che sotto sotto trami una performance di alto livello, non è tipo da bighellonare solo per arrivare al traguardo, e la consapevolezza dei suoi talenti si sta consolidando, se non per questo Dream, per una seconda (o ulteriore) carriera come ultra trailer, dato che weekend dopo weekend sta facendo pace con la distanza, sta imparando a correre nella solitudine, lui abituato a gare brevi ed esplosive sia nei ritmi di corsa che in pulsazioni che inevitabilmente in una gara OCR sono sempre massimali, tra ripetute tra un ostacolo e l’altro e lo sforzo dell’ostacolo stesso.
Un pensierino al post Boa Vista esiste già, come disse Aldo Rock “il nostro soffitto è il pavimento per qualcun altro” e chissà che toccato il suo cielo con un dito, una medaglia e una soddisfazione, non guardi oltre per nuovi sogni.
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