Bisogna saperle condurre le scarpe.
Questa frase, detta nel toscanaccio di Fulvio Massini è la chiave di volta della conferenza tenuta a Treviso venerdì 18 Maggio nello splendido contesto della chiesa di Danta Caterina, organizzata da 2GM di Giulia Maria Dotto in collaborazione con Farmacia Calmaggiore. Certo nella tavola rotonda inserita in un clinic più ampio con allenamenti in pista, […]
Questa frase, detta nel toscanaccio di Fulvio Massini è la chiave di volta della conferenza tenuta a Treviso venerdì 18 Maggio nello splendido contesto della chiesa di Danta Caterina, organizzata da 2GM di Giulia Maria Dotto in collaborazione con Farmacia Calmaggiore.
Certo nella tavola rotonda inserita in un clinic più ampio con allenamenti in pista, mirato alla qualità di allenamento ed al benessere oltre che alla performance, non per niente titolato “Correre per stare bene-la nutrizione e l’allenamento del runner” si è anche parlato del lato negativo della corsa, infortuni, sovrallenamento, cattiva gestione dei carichi etc etc che dopo riassumeremo, ma il vero fulcro della serata per me è stata la sentenza dell’allenatore toscano che ha anche firmato copie del suo nuovo libro “Tipi che corrono”.
E perché questa frase ha attirato tutta la mia attenzione?
Massini ha categorizzato i runner, da amatore ad avanzato, ancor prima di atleti, chiarendo che correre deve essere un piacere e non un’ossessione, che non tutti siamo fatti per andare sotto le 3 ore, a meno che non si torni indietro nel tempo e ci si modifichi il Dna! E non solo, ha chiarito che bisogna saper scegliere la scarpa adatta a ognuno di noi, senza seguire le mode e rispettando un buonsenso troppo spesso si ignorato sul differenziale della scarpa, il cosiddetto Drop.
Dalla diminuzione spasmodica del drop fino allo 0 (zero!) infatti nascono a caduta diversi problemi, un principiante di 80 kg e sovrappeso non “sa gestire” un drop 8mm, magari anche perché la sua corsa non è efficiente. E il coach lo spiega bene, nominando una scarpa molto di moda che però non perdona le tallonate, un drop basso ed una ammortizzazione mirata alla velocità, poco protettiva e utile a ritmi attorno ai 4’ min/km e corse efficienti ed efficaci.
Poi l’idea del runner compulsivo che macina km su km andrebbe rivista, dice coach Massini, lui aggiunge diverse sedute di stretching e ginnastica, che il compulsivo categorizzerà sotto “tempo sprecato”, ma necessarie per accelerare e dare qualità alla propria corsa. Tutto ruota attorno al “core”, la fascia addominale.
Bisogna saper condurre le scarpe, diceva coach Fulvio, perché bisogna trovare il modello (i modelli direi io) più adatti al nostro piede, alla forma dello stesso, al nostro kilometraggio, alla nostra forma. Una pianta larga calzerà scarpe diverse da una stretta, come anche diversi colli del piede avranno comfort in tomaie diverse. E se anche fossimo stati runner da 3’40” al km un paio di anni fa, l’età e acciacchi potrebbero farci mutare le esigenze.
Deviando dalla conferenza il mio consiglio è di rivolgersi a negozi specializzati, senza farsi attrarre da modelli più o meno nuovi performanti, ma chiarendo con il commesso/consulente il ritmo reale che si tiene, il kilometraggio e perché no, la distanza che vogliamo affrontare in gara: 5km di corsa in uno sprint di triathlon hanno esigenze diverse da una maratona, cosa dite?
Vi parlavo degli infortuni collegati alla cattiva gestione della corsa, scarpa, qualità e quantità. I dati segnalati dal dott. Giuseppe Dal Mistro Fisiatra che collabora con Postural Project sono inquietanti: l’85% dei corridori principianti incappano in infortuni nel primo anno, IL PRIMO ANNO di attività. I fattori coinvolti possono essere biomeccanici, fisiometabolici o posturali, ma una gran parte avviene per errori di allenamento o del tipo di calzature indossate. E in primavera iniziamo a vederne di ogni nelle zone calde per il running delle città…
Si ricorda che ogni passo il carico sui tendini pesa dalle 3 alle 8 volte il nostro originale, quindi una maratona riversa tonnellate di carico sui nostri piedi. Quindi dopo una presentazione dell’anatomia del piede che tralascio per motivi di spazio e limite culturale, arrivo a spiegare le conseguenze. L’ammortizzazione confortevole e totale delle scarpe ha allargato al mondo intero la corsa certo, ma ha concesso anche una rullata completa, nonché l’appoggio del tallone in maniera scomposta, portando con il susseguirsi di questi traumi a patologie collegate. Poi come anticipato non è detto che una scarpa in commercio sia per forza perfetta per me singolo individuo, magari per una compressione del’avampiede, una struttura troppo rigida o eccessivamente morbida, un drop errato o una ammortizzazione eccessiva in zone non necessarie che riducano il naturale controllo motorio e riducano la necessità del lavoro dei muscoli del piede.
E le patologie sono tante e dolorose, ne sappiamo tutti qualcosa, fascite plantare tendinite (fino a tendinosi) e borsite achillea, distorsioni alle caviglie, pubalgia, fino a contratture e strappi muscolari nonché tutte le patologie collegate alla schiena.
Le terapie sono diverse ma la prima è sempre la diminuzione o sospensione dei carichi di lavoro, spostandosi magari in bicicletta o in piscina. Anche perché come ha poi spiegato Rossano Visentini fisioterapista, un’infiammazione ha un periodo di punta di 3/4 giorni, con rossori e calore, e specialmente dolore, che già dovrebbe farci fermare, segue la prima strategia “PRICE” posizionamento-riposo-ice(ghiaccio)-compressione-elevazione, blandi movimenti delle articolazioni adiacenti, piccoli movimenti attivi FUORI dal dolore, piccole rapide oscillazioni per stimolare il metabolismo. Evitare “ovviamente” carico, antinfiammatori (FANS) e cortisone!
Dalle due alle tre settimane dall’evento i tessuti iniziano a guarire, fino a 6 settimane i tendini (che essendo poco irrorati da vasi sanguigni ricevono poco materiale di ricostruzione…) ed in questa fase cosiddetta “proliferativa” si inizieranno gli esercizi entro una soglia di non dolore, una ricostruzione della tonicità del muscolo ed un allenamento propriocettivo per recuperare la funzionalità dei ricettori alterati per il trauma ed il ridotto uso dell’articolazione.
L’ultimo focus che vi riporto e che affronteremo bene in futuro è su come minimizzare i rischi di una corsa mal fatta.
Ammesso esista una corsa economica e senza traumi, la possiamo ottenere lavorando sulla frequenza di passi e sull’oscillazione verticale. Non tutti sappiamo correre “bene” e non tutti impareremo a correre veloci, ma possiamo comunque correre e divertirci con buon senso e imparando qualcosa metro dopo metro a “condurre le scarpe”.
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