Gavia e Mortirolo – un sogno che si avvera
I giri ad anello mi hanno sempre affascinato perché si torna al punto di partenza senza mai percorrere lo stesso tratto di strada.
Il giro che vi voglio raccontare parte da Edolo e comprende la scalata di due salite mitiche della storia del ciclismo: Gavia e Mortirolo. Salgo subito verso Mù per andare ad imboccare la ciclabile dell’Alta Valle Camonica che, sfruttando un tracciato proprio, resta fuori dal traffico della strada statale. Proseguo su un tratto molto suggestivo scavato nella roccia e da qui continuo a pedalare verso Incudine. Il percorso si snoda tra due tappeti prativi ricoperti di fiori. Tutto intorno posso ammirare le vallate laterali e le vette che fanno capolino, ancora imbiancate.
Da Ponte di Legno inizio la scalata verso i 2618 m del Passo Gavia, una delle salite più impegnative e famose del Giro d’Italia.
Il suo ingresso tra le montagne storiche del ciclismo lo si deve a Vincenzo Torriani, storico patron del Giro, che nel 1960, sorvolando l’intero itinerario della corsa ciclistica a bordo di un Comet 4B, scorse una suggestiva mulattiera che si inerpicava verso il Gavia e lo incluse nel tracciato. La salita dal versante Camuno è quella più dura. Oltre 17 km di scalata, ad una pendenza media del 7,8%, con strappi che raggiungono il 16% e un dislivello totale in salita di circa 1.380 m.
Già dall’inizio la salita si fa interessante, fra ampi prati su una strada ancora larga fino all’abitato di S. Apollonia, dove si entra nel Parco Nazionale dello Stelvio.
Dopo qualche tornante la strada si stringe e iniziano le pendenze più importanti.
Cerco di mantenere un ritmo regolare. Affronto una lunga serie di tornanti panoramici che donano alla strada un aspetto impressionante. Ogni tornante domina il precedente facendo sembrare il percorso una scala verso il cielo.
Arrivo a quota duemila metri dove la vegetazione si dirada sempre di più e un vento impetuoso inizia a farmi compagnia. Procedo su lunghi rettilinei esposti con pendenze sostenute.
Alla fine di questi rettilinei si vede l’imbocco della galleria lunga circa quattrocento metri. In questo tratto occorre prestare molta attenzione in quanto la strada è stretta e priva di illuminazione. Le pendenze raggiungono nuovamente il 12% e con gli ultimi tornanti supero l’ultimo impegnativo tratto dell’ascesa.
La strada sovrasta il Lago Nero e prosegue con pendenze elevate fino al passo, dove si viene premiati da una spettacolare vista a 360° sulle cime del gruppo dell’Ortles – Cevedale e dell’Adamello – Presanella. Il vento aumenta sempre di più, scatto una foto veloce e riparto. Costeggio il Lago Bianco e, dopo circa un chilometro di falsopiano, inizia la discesa lungo la Valfurva. La discesa ha un fondo regolare e si perde quota velocemente. Il sole è sparito dietro a delle nuvole minacciose e la temperatura è precipitata.
Arrivo a Bormio dove mi concedo una pausa in Piazza del Kuerc.
Un pezzo di torta e un succo e sono pronto a ripartire. Mi aspetta il tratto che percorre tutta la Valtellina fino a Mazzo. Un tratto facile sulla carta ma reso molto insidioso dal vento che soffia contrario alla mia direzione di marcia. Soffia talmente forte che continuo a pedalare ma ho l’impressione di essere fermo. Cerco di assumere una posizione più aerodinamica per offrire meno superficie di impatto.
Arrivo a Mazzo percorrendo il Sentiero Valtellina, tenendomi sempre fuori dal traffico. Questo tratto mi ha sfinito. Da qui parte la salita ai 1852 m del Mortirolo.
La salita è lunga poco più di 12 chilometri. Il dislivello che devo superare è di 1.300 metri, la pendenza media è del 10,6% mentre quella massima è del 20%. Cerco di mettere da parte la fatica e inizio la scalata. La strada prende subito quota. Dopo circa 3 km una curva versa destra mi conduce fuori da un breve tratto nel bosco e dopo un centinaio di metri, molto duri, sulla destra, scorgo la chiesa di San Matteo. Il bosco si dirada ulteriormente e alcune curve conducono ad uno dei tratti più duri della salita. Per cinquecento metri la salita è durissima e non c’è ombra di tornanti per rifiatare.
È qui che scattò Pantani nel 1994. Un cartello segnala un tornante.
Spero di riuscire a rifiatare un attimo alleggerendo il rapporto. Ma il tornante ha una pendenza da far paura. Gira su dritto e l’unica cosa che posso fare è stringere forte il manubrio e spingere sui pedali. I tornanti cominciano ad essere più ravvicinati e finalmente arrivo all’undicesimo, dove è posto il monumento a Marco Pantani.
Mi fermo per una foto di rito, ma riparto subito. All’ottavo tornante incontro finalmente la strada che sale da Grosio. Qui le pendenze si fanno più umane, ma per poco. La strada torna a salire per l’ultimo forcing. Ormai sento di avercela fatta e con le ultime energie supero i metri finali.
In lontananza vedo i due grandi sassi con la scritta “Passo Mortirolo”. È fatta. Mi fermo giusto il tempo per notare dei nuvoloni neri che salgono dalla Valtellina. Ho ancora un lungo tratto di strada che si sviluppa a duemila metri di quota fino a Trivigno dove inizierò la picchiata verso l’Aprica. Non devo indugiare. Questo tratto è uno dei più belli di tutto il giro. La strada continua a fil di costa con vari saliscendi, tra prati dove pascolano brune alpine a panorami mozzafiato sulle Alpi Orobie. Arrivo a Trivigno dove inizio la discesa.
Qualche goccia arriva portata dal vento. Passo veloce Pian di Gembro, un’antica torbiera di origine glaciale. Un ultimo ripido tratto e sono all’Aprica.
Stanco ma felice lascio andare la bici verso Edolo. Un piccolo sogno nel cassetto si è avverato!
Giancarlo Isaia - 2021-07-27 21:57:20