Rituali, scaramanzie e piccoli gesti magici: quando lo sport incontra la superstizione
C’è qualcosa di magico nell’autunno. L’aria che cambia, le giornate che si accorciano, il buio che arriva presto e porta con sé un pizzico di mistero. È la stagione delle foglie che scricchiolano sotto le scarpe, delle gare avvolte nella nebbia e, naturalmente, di Halloween — il periodo in cui tutto ciò che è superstizione, rito o credenza sembra avere un significato più profondo.
E chi pratica sport lo sa: anche tra runner, ciclisti e triatleti, i piccoli riti scaramantici non mancano mai.
C’è chi indossa sempre la stessa maglia “fortunata”, chi si lega le scarpe in un ordine preciso, chi ascolta la stessa playlist prima di ogni gara o mangia sempre lo stesso piatto la sera prima. Gesti che, visti da fuori, possono sembrare strani, ma che per chi li vive hanno un potere concreto: riducono l’ansia, danno sicurezza, aiutano a entrare nel giusto stato mentale.
In fondo, ogni sportivo coltiva un po’ di magia personale.
E allora, in questa atmosfera da Halloween, tra leggende e rituali, scopriamo come le superstizioni accompagnano davvero gli atleti di endurance — e quanto, a volte, possano avere un effetto più reale di quanto sembri.
I piccoli riti degli sportivi: gesti che fanno la differenza
Se chiedi a dieci runner o ciclisti se hanno un rito pre-gara, almeno sette ti risponderanno di sì. Gli altri tre probabilmente mentiranno.
Perché anche chi si definisce razionale finisce per ripetere certi gesti sempre allo stesso modo.
La maglia fortunata
C’è chi non rinuncerebbe mai alla stessa maglia, anche se è ormai logora, perché “quella volta che ho fatto il personale la indossavo”. Ogni atleta ha il suo capo che considera portafortuna: può essere una maglia, un paio di calze, una fascia o persino un cappellino. Non perché ci sia davvero magia nel tessuto, ma perché in quel capo si concentra il ricordo di un momento in cui tutto è andato bene.
Le scarpe e il nodo perfetto
Molti runner si legano le scarpe sempre nello stesso ordine: prima la sinistra, poi la destra. Alcuni fanno un doppio nodo “alla gara”, altri uno solo “da allenamento”. Un gesto meccanico, quasi automatico, che segna il passaggio tra la routine e il momento in cui tutto diventa serio.
La playlist che porta fortuna
La musica è un rituale potentissimo. Ci sono atleti che non iniziano mai una gara senza ascoltare la stessa canzone, quella che li ha accompagnati nei momenti migliori. È come una chiave che apre la porta della concentrazione.
Il caffè pre-gara (sempre lo stesso)
Un altro grande classico: il caffè.
Stessa ora, stessa tazzina, stesso bar. È un rito più che una necessità. Un modo per dire al corpo e alla mente: “Eccoci, ci siamo.” Ogni sportivo costruisce nel tempo il proprio piccolo universo di rituali, una sequenza di gesti che serve a ridurre l’incertezza e a creare continuità tra le gare.
Superstizioni nello sport di endurance: quando la testa comanda
Nel mondo dell’endurance — dove la fatica è lunga e la testa conta più delle gambe — le superstizioni diventano quasi una forma di linguaggio mentale.
I runner
I corridori sono notoriamente creature abitudinarie. Spesso ripetono lo stesso riscaldamento, gli stessi esercizi, persino lo stesso percorso prima di una gara importante.
Alcuni si rifiutano di usare una maglia nuova, temendo che “porti sfortuna”. Altri si convincono che un certo paio di calze sia “quelle giuste” solo perché li ha accompagnati in un allenamento particolarmente buono.
I ciclisti
I ciclisti, dal canto loro, sono tra gli sportivi più superstiziosi. Molti evitano di lavare la bici la sera prima della gara — “porta male” — o di cambiare qualcosa dell’assetto. C’è chi appende il numero di gara solo con determinate spille, chi non tocca mai la borraccia con la mano sinistra, e chi ripete sempre la stessa frase prima di partire. Piccole manie, certo, ma anche segnali di un bisogno profondo di controllo in uno sport dove le variabili esterne (vento, buche, incidenti) sono tantissime.
I triatleti
Per i triatleti, il rito si moltiplica: tre discipline, tre routine. Dalla sistemazione precisa del materiale in zona cambio — guanti, casco, scarpe, occhiali sempre nello stesso ordine — al gesto di bagnarsi la nuca prima del via o toccare la bici con la mano destra “per scaramanzia”. Nel triathlon, la precisione dei gesti si intreccia con la superstizione in un equilibrio quasi perfetto.
Anche i grandi campioni credono nella magia
Non sono solo gli amatori ad avere i propri riti: anche i grandi campioni, dietro la loro immagine di determinazione e controllo, nascondono spesso gesti scaramantici ben precisi.
Rafael Nadal e la perfezione rituale
Impossibile non citare Rafael Nadal, forse il più rituale tra tutti gli atleti. Prima di ogni punto, sistema meticolosamente le bottiglie accanto alla sedia, tocca le orecchie, il naso e i capelli sempre nello stesso ordine, e fa rimbalzare la palla esattamente lo stesso numero di volte. Non per superstizione in senso stretto, ma per entrare in una condizione mentale di concentrazione assoluta.
Valentino Rossi e il tocco del casco
Il leggendario pilota Valentino Rossi aveva il suo rito fisso: prima di salire sulla moto, si chinava, toccava con la mano destra il piede destro, poi il ginocchio e infine la moto. Un gesto diventato iconico, simbolo di rispetto e connessione con la sua “compagna di viaggio”.
Michael Jordan e i pantaloncini “fortunati”
La leggenda racconta che Michael Jordan, anche da professionista nei Chicago Bulls, indossasse sempre sotto il completo ufficiale i pantaloncini della sua università del North Carolina, convinto che gli portassero fortuna.
Serena Williams e le calze immutabili
Anche Serena Williams, una delle più grandi tenniste di sempre, ammette di avere rituali precisi: legare le scarpe nello stesso modo e non cambiare mai calze vincendo finché continua la serie positiva.
Questi gesti, apparentemente bizzarri, non sono semplici scaramanzie. Sono parte di un linguaggio mentale, un modo per “ancorarsi” a qualcosa di stabile quando tutto intorno è in movimento.
Halloween e la magia dello sport
Halloween è la cornice perfetta per parlare di superstizioni.
In quei giorni in cui le strade si riempiono di zucche, costumi e luci tremolanti, anche lo sport sembra avvolto da un’atmosfera più magica. Non è raro vedere gare a tema, allenamenti in notturna con frontali che illuminano la nebbia, e runner travestiti che corrono tra le foglie arancioni.
Ma oltre all’aspetto giocoso, Halloween ci ricorda qualcosa di più profondo: il potere dei simboli, dei gesti, delle storie che raccontiamo a noi stessi.
In fondo, i piccoli riti sportivi funzionano allo stesso modo: non scacciano fantasmi o streghe, ma tengono lontane le paure interiori, quelle che si presentano alla partenza di ogni gara.
Il buio, il freddo, la tensione: come in un film di Halloween, ogni sportivo li affronta con la propria “protezione magica” — un gesto, un oggetto, una parola che ridà sicurezza e concentrazione.
La psicologia dei rituali: perché funzionano davvero
Dietro ogni scaramanzia si nasconde una spiegazione psicologica concreta.
Gli sportivi, soprattutto quelli di endurance, affrontano gare lunghe, faticose, imprevedibili. Non possono controllare tutto, ma possono controllare i propri gesti. E in questo, i rituali diventano strumenti potentissimi.
Ridurre l’ansia pre-gara
Fare sempre le stesse cose prima di una competizione — infilare la maglia in un certo modo, riscaldarsi con la stessa sequenza di esercizi, ascoltare la stessa canzone — aiuta a calmare la mente. È come dire al cervello: “Tutto procede come sempre, non c’è nulla da temere.”
Uno studio pubblicato sul Journal of Applied Sport Psychology (2016) ha mostrato che gli atleti che seguono rituali pre-gara registrano livelli di ansia più bassi e maggiore concentrazione. Non è magia, ma neurochimica: la routine predispone il cervello alla calma e alla performance.
Entrare nello stato di “flow”
I rituali aiutano anche a entrare più facilmente nel cosiddetto stato di flow, quella condizione mentale in cui tutto scorre, la concentrazione è totale e il tempo sembra dilatarsi.
Ripetere gesti familiari aiuta a creare le condizioni per quella sensazione di controllo e armonia che molti atleti descrivono come “la corsa perfetta”.
Costruire identità e sicurezza
C’è anche un aspetto identitario: un rito è qualcosa che ti appartiene.
È il tuo modo di dire al mondo (e a te stesso) che sei pronto. Ti dà una sensazione di stabilità, un piccolo spazio di controllo in un contesto che spesso ne offre poco.
Non serve essere superstiziosi per avere rituali efficaci. Alcuni sono veri e propri strumenti mentali di preparazione. Ecco quelli che molti atleti — e anche gli psicologi dello sport — considerano utili e “scientificamente sensati”.
Forse non esistono amuleti che garantiscano la vittoria, ma ci sono rituali che rendono più forte la mente. Ogni atleta ha il suo modo di richiamare concentrazione e coraggio: chi si sistema la maglia, chi sorride prima della partenza, chi chiude gli occhi e pensa a tutto il lavoro fatto.
Halloween ci ricorda che un po’ di mistero, nella vita come nello sport, non guasta mai. E se anche tu hai un gesto che ti porta fortuna — un modo tutto tuo di entrare nella gara, di sentirti pronto — non perderlo.
Chiamala scaramanzia, chiamala abitudine, chiamala magia personale: finché ti fa stare bene e ti aiuta a credere in te stesso, funziona.
E tu? Hai un rito o una scaramanzia sportiva che non abbandoni mai?
Raccontacelo: magari scoprirai che la tua “piccola magia” è la stessa che accompagna migliaia di sportivi come te.
Ancora nessun commento inserito. Vuoi essere il primo a commentare?