L’importanza del connubio sport-scuola. Campriani: studio fondamentale per i miei ori olimpici
L’ultimo cerchio degli Stati Generali, quello rosso, è il colore del cuore ed il tema trattato è stato: “Cultura, Formazione, Opportunità”, moderato dal Direttore de Il Messaggero, Virman Cusenza. L’introduzione è stata affidata al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Alla tavola rotonda hanno partecipato: Marcella Panucci (Direttore Generale Confindustria, Gabriele Romagnoli (Direttore RaiSport), Teresa Zompetti (Strategia e Responsabilità […]
L’ultimo cerchio degli Stati Generali, quello rosso, è il colore del cuore ed il tema trattato è stato: “Cultura, Formazione, Opportunità”, moderato dal Direttore de Il Messaggero, Virman Cusenza. L’introduzione è stata affidata al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Alla tavola rotonda hanno partecipato: Marcella Panucci (Direttore Generale Confindustria, Gabriele Romagnoli (Direttore RaiSport), Teresa Zompetti (Strategia e Responsabilità Sociale CONI), Rossana Ciuffetti (Direttore Scuola dello Sport CONI), Carlo Cimbri (AD Unipol), Niccolò Campriani, bi-campione olimpico Rio 2016, Maurizio Casasco, Presidente Federmedici sportivi.
Il Ministro della Salute Lorenzin: “Spesso sottovalutiamo il tema della prevenzione che è quasi folle per un Paese come l’Italia. Lo sport non è un fattore che può essere banalizzato. Il concetto di salute è un dovere sociale, per rendere i nostri sistemi più sostenibili. Bisogna ragionare in questo modo, coinvolgendo il movimento sportivo in un progetto più ampio che diventa risparmio, economia sociale e qualità della quotidianità. Bisogna fare politiche trasversale. L’OMS si occupa molto di sport perché lo indica come strumento di prevenzione e mezzo terapeutico: un adulto su 4 non è sufficientemente attivo. In Europa un terzo della popolazione adulta non svolge abbastanza attività e questo significa diabete, disturbi cardiovascolari, obesità con ricadute sul sistema sanitario. In Italia la sedentarietà cresce con l’età. Riuscire a promuovere la pratica sportiva è una sfida educazionale e sociale. Lo sport salva delle vite, è necessario farlo nelle scuole. I bambini vanno aiutati, incentivati a fare attività perché è un investimento sul futuro. Guadagnare salute vuol dire coinvolgere le comunità sociale. Voglio ringraziare il mondo dello sport perché chiediamo sempre di più ma dobbiamo capire come far tornare indietro questo contributo e rendere sostenibile questa sfida. Sport è sano, sport è bello: è uno stile di vita da adottare”.
Marcella Panucci (Direttore Generale Confindustria): “Lo sport è una sfida educativa. Per prepararsi al mondo del lavoro servono requisiti che lo sport può favorire ad acquisire. Perché insegna a gestire la sconfitta: nelle imprese che investono si sa che per un prodotto che funziona ce ne sono altri che falliranno e si deve essere pronti a valutare questo aspetto. Lo sport insegna le regole e il gioco di squadra, che in un’azienda è diventato una condizione imprescindibile. Dare borse di studio per lo sport equivale a riconoscerne l’importanza. Chi pratica deve pensare anche al domani anche se il movimento – in assoluto – è anche un grande strumento formativo”.
Carlo Cimbri (Ad Unipol): “La nostra azienda si è avvicinata allo sport per un duplice motivo: uno è che si tratta di uno strumento di prevenzione che è legato alla nostra attività e la seconda è a che tipo di sport ci siamo avvicinati, cioè a quelli di massa, quello dei nostri bambini, perché siamo un’azienda italiana e competiamo. Imparare a competere è un valore fondamentale nella costruzione delle nuove generazioni, un valore che – complice anche l’avvento delle nuove tecnologie – stiamo perdendo. Dobbiamo enfatizzare che la vita è fatta di competizione, vogliamo aiutare i giovani a educarsi sempre di più a questo concetto. Vogliamo far crescere il nostro Paese come sistema per aiutarlo a competere con un contesto sempre più complesso”.
Teresa Zompetti (Strategia e Responsabilità Sociale): “Il binomio fondamentale si declina con sport e scuola. Il mondo del CONI è semplice: la sfida centrale è lo sport di alto livello ma sempre di più si sta strutturando il ruolo sociale, lo sport per tutti, di base. I filoni di interventi, in questo senso, sono stati orientati prima di tutto a rafforzare l’intervento in senso scolastico, con la sinergia con il MIUR, attraverso i progetti Sport di Classe (Scuola Primaria), Scuole aperte allo Sport (Scuola secondaria di primo grado) e i Campionati Studenteschi (Scuola secondaria di secondo grado). In aggiunta c’è il sostegno agli studenti atleti di alto livello. Per noi è un tema centrale”.
Rossana Ciuffetti (Responsabile della Scuola dello Sport): “Tra i tanti obiettivi dello sport c’è la crescita culturale del sistema, professionalizzando tutti gli attori protagonisti per rispondere in modo sempre più idoneo. Il Presidente ha voluto investire nel nostro ambito: abbiamo cercato di lavorare per dare centralità alla struttura, con un programma formativo completo. Abbiamo numeri sempre più significativi, con una crescita di interesse che è dettata dalla capacità di intercettare anche le nuove tendenze. Svolgiamo questo compito con le Scuole Regionali: c’è stato un incremento del 17% rispetto al 2013, relativamente ai corsi frequentati. C’è stato un aumento considerevole anche a livello di ricavi: +40%, sempre tenendo come riferimento il 2013. E’ cresciuta del 68,5% anche l’attività dei corsi istituzionali su base generale, con una potenziale necessità di implementazione di risorse per soddisfare le istanze. Nel 2016 le Scuole hanno avuto 31 mila partecipanti e 5 mila la scuola centrale. Per la prima volta abbiamo partecipato al Festival di Spoleto per permettere allo sport di avere una finestra importante per confermare l’importanza della cultura legata al nostro movimento. La Scuola è aperta al mondo universitario e a varie sinergie, siamo anche una casa editrice: +400% le entrate derivanti dalle pubblicazioni, collaboriamo con la De Agostini Scuola, per entrare nel mondo dei programmi sportivi scolastici. Il prossimo passo di sviluppo è legato alla Biblioteca Sportiva Nazionale, attraverso la digitalizzazione di oltre 40 mila testi”.
Gabriele Romagnoli (Direttore RaiSport): “Le cifre dell’ultimo anno dicono che siamo passati da 230 a 341 ore di sport sulla Rai. Per insegnare i valori i ragazzi è anche importante vedere manifestazioni agonistiche. Abbiamo ricevuto moltissime richieste di mandare in prima serata la Nazionale femminile di calcio su RaiUno: accadrà su un altro canale ma sarà visibile. Bisogna far scattare queste piccole leve per facilitare il percorso, coinvolgendo e avvicinando i giovani e la collettività allo sport”.
Maurizio Casasco (Presidente Federmedici): “Nel 1957 è stata istituita la prima Scuola Universitaria di Specializzazione in Medicina dello Sport al mondo a Milano. La nostra federazione e perfettamente in linea con la visione del CONI del presidente Malago sul ruolo dello sport all’interno della società: la medicina dello sport ha novanta anni di storia e oggi e al servizio di tutta la popolazione. Un tema importante è la prescrizione dell’attivita fisica, una nostra competenza. Ci vuole conoscenza, ci vuole esperienza come per la prescrizione di un farmaco. L’attività fisica fa bene e non solo per il benessere delle persone: per questo e importante cominciare dalla scuola. Ma noi facciamo di piu: oggi riusciamo ad andare al di la dell’eta anagrafica di una persona, stabilendo con esattezza la sua età biologica”.
Niccolò Campriani (Campione olimpico Tiro a Segno): “Sono partito nel 2009 per gli Stati Uniti, grazie a una borsa di studio che a 21 anni mi consentiva di portare avanti le mie due passioni a braccetto. E’ stata un’esperienza che ha stimolato il senso di appartenenza: lì eravamo tutti studenti-atleti, condividevo la stessa filosofia di vita. E’ stata l’esperienza più bello della mia vita e mi ha permesso di arrivare a Londra da favorito e sono riuscito a vincere un oro e un argento. MI sono poi laureato nella specialistica e nel 2013 ho commesso l’errore più grande della mia vita: tentare la carriera da professionista e ho rovinato tutto, ho ucciso la passione perché è diventato un’ossessione. Avevo deciso di smettere ancor prima di arrivare a Rio, però mi è stato di lezione e ora lavoro al CIO proprio nei programmi post-carriera degli atleti. Quella che doveva essere un’esperienza empirica, ora è prova: le prime Nazioni nel medagliere sono quelle che coltivano la figura dello studente-atleta. Questo vuol dire che possiamo andare oltre e pensare a questo modello. Gli allenatori si devono preoccupare anche di come si va a scuola, non solo dei risultati.
Fonte: CONI
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