Il rito della doccia, tra igiene e reset
Un elogio del rito della doccia post allenamento è un pensiero che ho da qualche mese in testa, dovevo isolare bene l’idea che mi ronzava.
Tra i pregi dello smart working c’è sicuramente la possibilità di ritagliarsi momenti di allenamento durante l’orario di lavoro, recuperando in ore inconsuete, come mattina presto o tarda serata.
Fortuna e sfortuna dello scrivere come lavoro stanno nel non avere orari predefiniti: ispirazione ed urgenze sono vene illimitate…
Quindi mi capita di ricevere richieste urgenti appena rientrato in possesso del telefono post allenamento e dover rinunciare alla doccia al rientro e posticiparla una volta assestata la necessità di pubblicazione.
Altro momento in cui mi viene (giustamente o ingiustamente? questione di assembramenti…) negata è quando riesco ad accedere in vasca per nuotare in questo periodo; ci si può allenare con certificato medico agonistico e tessera della Federazione aggiornata (FITRI o FIN), ma niente rito della doccia, lasciando più che mai inconcluso l’allenamento.
C’è una fondamentale indiscussa necessità di igiene personale nel rito della doccia, quanto la conclusione definitiva dell’allenamento.
Nessuno ama incrociare persone con una scarsa igiene personale, o che emanano nonostante una doccia un odore acre…
Sotto la doccia mi resetto, faccio l’analisi del lavoro svolto, valuto pro e contro dell’allenamento, mi godo le meritate endorfine, spostarla lascia un file aperto… Per continuare con il paragone informatico, quando non salvo il file dell’allenamento, rimane latente tra le app di un telefono; che fosse un lavoro di ripetute veloci quanto uno breve e lento di recupero, il file rimane aperto e non switcho completamente in modalità lavoro o riposo che sia.
Come anticipato, non è unicamente una questione d’igiene: quando sono a casa e un’emergenza mi obbliga a spostare la doccia, o sono fuori per una gara, o un allenamento in bici partendo da distante, indosso comunque abbigliamento asciutto così da non sentire quella sensazione di umidiccio che presto arriverà; quella invernale che “fa ammalare” o quella totalmente estiva per cui si smetterà di sudare solo dopo (almeno) una ventina di minuti e un litro d’acqua reintegrato.
Il rito della doccia celebra la conclusione dell’allenamento, non credete?
Cercando notizie online sulla doccia post allenamento ne ho scoperte di interessanti.
Primo: sarebbe pericoloso fare la doccia entro 10 minuti dalla fine attività potrebbe portare a uno sbalzo eccessivo della pressione arteriosa, dovuto al cambio di temperatura tra il calore corporeo e alla temperatura dell’acqua, eccessivamente calda nella stagione fredda (ditelo ad un ciclista che rientra da un lungo invernale…) o eccessivamente gelata in quella estiva.
I forti shock termici possono sicuramente creare svarioni!
Secondo: tardando il momento dell’agognata doccia, le tossine che emettiamo col sudore durante l’allenamento potrebbero creare irritazioni a contatto con la pelle, motivo per cui si sente una grande differenza con alcuni capi di abbigliamento sportivo comparati ad altri entry level.
Insomma, il rito della doccia è un diritto ed un dovere.
Dovere perché l’igiene è un requisito fondamentale per la coesistenza educata tra persone (vabbè tralasciando questo 2020 passato e questi mesi a venire…), diritto perché abbiamo necessità di chiudere il “file allenamento” e rimetterci nei panni di “cittadini normali”, esagero?
Un po’ come Superman che rientra nella cabina del telefono per tornare Clark Kent…
E per te che peso ha il rito della doccia post allenamento?
Ti aspetto nei commenti…
Foto di Sachith Hettigodage
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