Cuore e COVID 19, prendiamoci cura di noi

Cuore e COVID 19, prendiamoci cura di noi

Andrea Toso

Oggi 29 settembre si celebra la giornata mondiale del Cuore, e con l’occasione approfittiamo per andare ad indagare sui motivi per cui vale la pena essere in forma, mantenere una vita attiva, magari senza eccessi né da una parte né dall’altra…

29 Settembre 2020

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Oggi 29 settembre si celebra la giornata mondiale del Cuore, e con l’occasione approfittiamo per andare ad indagare sui motivi per cui vale la pena essere in forma, mantenere una vita attiva, magari senza eccessi né da una parte né dall’altra…

La domanda nasce spontanea forse in questo periodo di pandemia: perché la salute del cuore, la forma fisica, sono i primi avversari del Covid 19?

Nella mia testa di uomo della strada il vantaggio di essere delle persone attive fisicamente sono molteplici:

allenandosi all’aperto tutto l’anno ci si abitua a cambi di temperatura e a combattere i malanni di stagione, un sistema immunitario più attivo;

una qualità di trasporto di ossigeno migliore per un cuore più allenato, che batte più lentamente, e scusate la “bestemmia scientifica” minori respiri in presenza di virus;

magari la vita sociale è più spostata verso persone che hanno le nostre stesse buone abitudini sportive, e meno movida e quindi meno esposte a grandi cariche virali…
Sono pensieri liberi sia chiaro con nessuna valenza scientifica.

La verità sul rischio malattia cardiaca connesso al Covid-19 siamo andati a cercarla su comunicati ufficiali pubblicati durante la fase acuta della pandemia in Italia, augurandoci non si torni a emergenze simili e lockdown di alcun tipo.

Un paziente cardiopatico ha un rischio identico di contrarre il Covid-19 di qualsiasi altro essere umano, ma ha una maggiore possibilità di sviluppare i sintomi dell’infezione, o averne di livello superiore.

La maggior parte di persone affette da COVID-19 mostra sintomi virali lievi come mal di gola, tosse, dolori muscolari o febbre, ma alcune persone (fino al 5%) sviluppano una infezione polmonare/polmonite. Ancora non si è in grado di dire con certezza se i soggetti con cardiopatie abbiano un maggior rischio di sviluppare polmonite da COVID-19, ma è probabile considerando che essi siano a maggior rischio di sviluppare polmonite in corso di infezione da altri virus come l’influenza generica.
Una volta che il virus è penetrato nel corpo, danneggia i polmoni e attiva una risposta infiammatoria che può coinvolgere il sistema cardiovascolare in due modi. Innanzitutto, infettando i polmoni il livello di ossigeno circolante si riduce e secondariamente la risposta infiammatoria al virus può causare una riduzione della pressione arteriosa. In questi casi il cuore deve battere più forte e più velocemente per garantire l’apporto di ossigeno agli organi più importanti.

Qui capiamo l’importanza di un cuore sportivo, allenato ed elastico.

Gli effetti infiammatori del virus creano un potenziale aumento del rischio di rottura delle placche aterosclerotiche (depositi di grasso) nelle coronarie che può causare una sindrome coronarica acuta (infarto).

Capiamo quindi l’importanza di un fisico con una limitata presenza di grasso.

Gravi condizioni infiammatorie sistemiche possono aggravare aritmie preesistenti o, in alcuni pazienti, anche innescare la fibrillazione atriale.

 

È vero che il cuore sia un muscolo involontario, non possiamo comandarlo ed allenarlo in maniera diretta come un bicipite o un dorsale, ma è anche vero che attraverso l’attività fisica di resistenza altresì detta endurance, lo alleniamo in maniera trasversale e possiamo andare a misurare la resa con parametri semplici: battiti a riposo e l’evoluzione di questi, variazione dei bpm a pari velocità di allenamento, in corsa, in bici o nuoto, ma anche quanto velocemente si abbassino appena ci si fermi dall’attività, uno dei parametri che viene valutato dal medico sportivo durante la visita per l’abilitazione allo sport agonistico.
Per molti di questi parametri basta uno sport o smart-watch.

Se stiamo leggendo questo contenuto ci sono altissime possibilità che noi si già sportivi, che si sia sofferto durante il lockdown per la limitazione dell’attività fisica, rulli in casa o in terrazzo, corsa attorno al condominio o al giardino alla meglio, la stessa finestra di mondo per 3 mesi, faticoso, ma il nostro cuore difficilmente si sia fermato dall’allenarsi.
Troppo spesso diffondiamo la nostra salutare passione sotto forma di mania ancor prima che di attività, ma se riuscissimo a far legare le scarpe a un amico “pigro” e iniziare una qualche attività gli avremmo regalato momenti indimenticabili che ben conosciamo, quelli che se non vissuti non sono capibili dal prossimo, soprattutto un cuore efficiente, e chissà se le persone che abbiamo contagiato negli anni con questa nostra malsana passione per l’attività fisica ci ringrazino.

All’inizio si parlava degli eccessi possibili nella vita sedentaria e in quella sportiva: dopo uno sforzo massimale, una maratona, una granfondo, un triathlon medio o full distance, il nostro organismo può avere un brusco calo della produzione delle difese immunitarie, come è capitato al famoso “paziente zero” (che poi zero non era…), il fisico è occupato a gestire infiammazioni varie e a ricostruire i muscoli danneggiati, la famosa Finestra Aperta.

Siamo così sicuri sia così urgente tornare a vestire un pettorale o imbarcarci in imprese individuali di ugual impegno fisico?

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