DoloMyths Run Skyrace 2022: una vittoria tutta italiana!
Che fossero due fuoriclasse, due fiori all’occhiello del trail running e dello scialpinismo, l’avevamo già capito intervistando entrambi in altre occasioni. Ma quando abbiamo contattato gli atleti del Team Salomon Davide Magnini e Martina Valmassoi per chiedere loro un’intervista doppia, ancora non potevamo sapere che ci stavamo assicurando le risposte dei due futuri vincitori della mitica DoloMyths Run Skyrace, ovvero la gara regina della Val di Fassa che ha avuto luogo a Canazei il 17 luglio e valida come terzo appuntamento della GTNS – Golden Trail National Series.
Vincere la DoloMyths Run Skyrace è davvero tanta roba.
A parte il chilometraggio e il conseguente dislivello che sono altra cosa, ma in quanto a fama la DoloMyths Run Skyrace sta all’Italia come Zegama Aizkorri sta alla Spagna. Sarà per questo le immagini degli arrivi di Magnini e Valmassoi trasudano felicità: per Davide era il coronamento di un meritatissimo e sospiratissimo primo posto, dopo essere stato definito più volte l’erede di Kilian.
E a proposito di Kilian Jornet: ok, non era presente (impegnato nel frattempo a vincere l’Hardrock 100 run), ma siamo certi che se ci fosse stato avremmo assistito a un bel duello tra i due, combattuto fino all’arrivo in piazza Marconi (e comunque l’atleta trentino ha mancato il record di gara per soli 27 secondi).
Per Valmassoi invece la vittoria è stata un po’ una sorpresa, dopo un periodo in cui si era sentita meno competitiva di un tempo, mentre ha dimostrato uno stato di forma top, allenato nel suo solito modo eclettico: il giro d’Italia in bicicletta, anticipando di un giorno le tappe del Giro vero e proprio (lei stessa ci racconterà questo progetto a Endu Cafè, quindi stay tuned).
Raccontaci la tua gara focalizzandoti, se possibile, sui particolari più legati ai punti cruciali, sia da un punto di vista agonistico che paesaggistico.
DM: Questa è la Skyrace che preferisco, perché la sento come ‘la gara di casa’, essendo io trentino. Incarna proprio lo spirito della Skyrace: la corsa in quota su terreno tecnico. Confesso che sono partito teso perché non ero in forma al 100%: avevo corso due maratone in 30 giorni. Ho cercato subito di forzare in salita, ma Stian Angermund e Petro Mamu hanno imposto un ritmo pazzesco, così ho deciso di staccarmi di una ventina di secondi. In preda alle brutte sensazioni ho tirato fuori tutte le mie energie e al Passo Pordoi ho preso il mio rifornimento, i bastoni e ho tenuto fino alla Forcella Pordoi. Ho continuato a essere terzo fino al Piz Boè, il punto più alto della gara, ma sulla discesa verso il Rifugio Boè sono riuscito a raggiungere i miei due avversari e ne ho approfittato: anche nella discesa in Val Lasties ho cercato di guadagnare più secondi possibile sfruttando proprio il terreno tecnico. Sull’ultimissima parte, la poderale che porta a Canazei, sapevo che Mamu avrebbe attaccato così ho stretto i denti tenendo il ritmo e alla fine ce l’ho fatta (ma non ho battuto il record di Kilian!).
MV: Era la prima volta che facevo questa gara. Qualche anno fa sarei stata molto performante in discesa e avrei puntato su quella; domenica invece sapevo che se avessi avuto delle buone sensazioni in salita avrei dovuto sfruttarle il più possibile e così ho fatto. La discesa è venuta da sé, anche perché, essendo cadorina, sono abituata a correre sui terreni dolomitici. Per me questa gara è la regina delle sky!
Un atleta pro riesce a godere sufficientemente dell’ambiente in cui corre, apprezzando le sfumature, conservando una parte emozionale del paesaggio, o è sempre tutto filtrato attraverso il lato agonistico?
DM: durante una performance così intensa non c’è molta possibilità di guardarsi attorno. Il fatto però di correre in un ambiente del genere ti fa apprezzare il paesaggio. Insomma, non c’è la contemplazione, è vero, ma essere nel flow della performance, immerso in questo panorama mozzafiato, aiuta a rimanere motivati. Insomma, anche per un atleta pro è molto emozionante correre in uno scenario del genere.
MV: Anche se questa gara è molto dura e veloce, costringendoti a stare a testa bassa e soffrire, sono comunque riuscita a godere del paesaggio. Già dalla Forcella Pordoi avevo accumulato sufficiente margine dalle mie inseguitrici quindi ho potuto permettermi di salutare le persone sul percorso. In discesa però ho dovuto stare super concentrata, anche perché è un terreno molto tecnico che non fa sconti.
Qual è stata la tua giornata pregara? In modo più esteso: qual è la tua routine del ‘giorno prima’? Sei abituatə a fare mindfullness, esercizi di respirazione/rilassamento, visualizzazione della gara? Se sì, ci racconti qualcosa al riguardo?
DM: La mia giornata pregara consiste: sveglia non troppo presto, colazione leggera e, dopo un po’ di stretching e attivazione, corsetta con qualche allungo. Alla fine della corsa, faccio ancora stretching dinamico e mobilità per rilassare bene le gambe. Se posso, immergo le gambe in un torrente. Doccia, pranzo e riposo. È in questo momento che mi dedico alla visualizzazione della gara, facendo anche esercizi di respirazione. Dopo questo momento tutto mio, di solito ho la press conference.
Ancora una passeggiata prima di cena e poi a letto presto.
MV: in teoria avrei voluto fare una corsetta in piano perché sentivo le gambe molto stanche dalla settimana precedente. In realtà mi sono trovata con Stian (Angermund, sempre del Team Salomon, ndr) e siamo andati a correre al Pordoi. Morale: un’ora e un quarto con più di 600 metri di dislivello. Be’, abbiamo corso in relax, facendo un po’ di foto.
Ho cercato di mangiare bene, ma senza troppi stress e mi sono concessa due puntate al torrente per alleggerire le gambe. Ero molto gasata di partire il giorno dopo!
Quali e quanti rifornimenti hai pianificato, durante la gara? Da un punto di vista alimentare e di recupero, come hai gestito le ore successive all’arrivo?
DM: Avevo previsto di partire con un piccolo flask di 120 ml con maltodestrine, bevendo piccoli sorsini durante la prima parte di salita che da Canazei porta al Passo Pordoi; al Pordoi avrei preso un altro flask da 120 ml per la parte fino alla Forcella e lì un altro con un gel per la parte finale fino al Piz Boè. Purtroppo, non sentendomi al massimo della forma, non sono riuscito a rispettare il programma ma fortunatamente questo contrattempo non ha influito perché mi ero idratato bene nei giorni precedenti. Alla fine della gara ho bevuto tantissimo, ho integrato con proteine e aminoacidi e… mi sono regalato un ottimo gelato!
MV: Avevo un rifornimento al Pordoi (con borraccina e due gel) e uno alla Forcella, dove c’era una borraccina da 250 ml. Prima di partire ho preso un gel e mi sono portata un flask da 250 ml. A Pian de Schiavaneis ho bevuto un bicchiere di Coca Cola e via. E dopo l’arrivo… ho bevuto tante birre!
A un atleta che non è pro come te ma che vuole semplicemente approcciare la gara per l’anno prossimo (magari per la prima volta), che cosa consiglieresti?
DM: Per fare questa gara bisogna avere già un po’ di esperienza alle spalle, almeno un anno di trail running. Ideale è allenare l’equilibrio e la propriocezione per non andare incontro a infortuni e cadute. Infatti la particolarità di questa competizione è che si corre per metà in discesa: da un punto di vista muscolare è durissima. Tra l’altro i ghiaioni delle dolomiti sono molto ostici.
Inoltre un buon consiglio è di andare a vedere il percorso per sapere cosa ci aspetta.
MV: Bisogna allenarsi imitando il più possibile il percorso di gara: va allenata la resistenza sia in salita che in discesa, facendo salite molto lunghe e altrettante discese. Non bisogna avere paura di affrontare un terreno tecnico: certo, essere consapevoli del fatto che non è come correre nel bosco, ma non spaventarsi. È solo un’avventura… un po’ diversa da quello che si è abituati.
Grazie, Davide e Martina. E in bocca al lupo per i prossimi appuntamenti.
Foto: @Elvis Photo
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