MountaINside: Resilienza in alta quota
Un viaggio in alta quota insieme a Marco Albino Ferrari e Kurt Diemberger che ci raccontano due delle più grandi tragedie dell’alpinismo.
Gli ultimi due anni sono stati surreali: abbiamo perso improvvisamente la nostra “normalità” e ci siamo ritrovati in una situazione sconosciuta. Abbiamo stretto i denti e siamo andati avanti. In psicologia questa caratteristica ha un nome ben preciso: resilienza /re·si·lièn·za/. Rappresenta la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà e di resistere a fattori di stress. Nelle situazioni difficili le persone resilienti trovano sempre qualcosa di buono vedendo in un problema una nuova sfida.
In questo articolo voglio consigliarvi due libri e due filmati che raccontano storie di uomini resilienti e di grandi avventure che potranno insegnarvi quanto possa essere forte la volontà dell’uomo.
Freney 1961. La tempesta sul Monte Bianco. Marco Albino Ferrari
Sette dei più forti alpinisti sono impegnati sul Pilone Centrale del Frêney al Monte Bianco, l’ultimo grande “problema” delle Alpi. Da giorni, gli italiani guidati da
Walter Bonatti e i francesi da Pierre Mazeaud si trovano in alto sulla parete. Lampi, vento, neve, temperature a venti gradi sottozero bloccano la salita. Sembra che resistere nella speranza dell’arrivo del sereno sia l’unica soluzione. Ma la tempesta non si placa. E quando Bonatti decide di tentare una discesa disperata, è ormai troppo tardi. Un dramma nazionale da copertina, che ha lasciato sgomenta l’Italia del boom economico. Uscito per la prima volta nel 1996, questo racconto fedele e incalzante è stato più volte ripubblicato, divenendo uno dei grandi classici della letteratura di montagna. Oggi è riproposto in un’edizione rivista e arricchita da immagini inedite e dai retroscena emersi in questi anni.
Lo consiglio perché: Marco Albino Ferrari ci porta nel cuore del Monte Bianco insieme a due delle più forti cordate dell’epoca. Di fronte a loro l’ultima guglia inesplorata delle Alpi: il Pilone centrale del Freney. Una storia di coraggio e amicizia che vi terrà con il fiato sospeso fino alle ultime pagine.
Dopo aver letto il libro vi consiglio di guardare “GRIMPEURS” di Andrea Federico. Outcinema
Attraverso le testimonianze di chi ha preso parte ai soccorsi e all’eccezionale partecipazione di Pierre Mazeaud, il regista ci porta a vedere da molteplici prospettive quello che accadde sul Pilone centrale del Freney nel 1961 e nella comunità alpinistica dell’epoca.
K2 – Il nodo infinito. Kurt Diemberger
K2, estate 1986. Kurt Diemberger e Julie Tullis tornano alla loro montagna, inseguendo quel nodo infinito che li lega al Chogori. Alla base della montagna si trova un vero e proprio «villaggio», dove si incontrano le più svariate personalità dell’alpinismo, Maurice e Liliane Barrard, Benoît Chamoux, Michel Parmentier, Alan Rouse, Renato Casarotto, Agostino da Polenza, Gianni Calcagno, Tadeusz Piotrowski, Jerzy Kukuczka, Wanda Rutkiewicz e tanti altri, come se si fossero dati un appuntamento importante che li trascinerà in un susseguirsi di eventi tragici. Il libro ci fa riflettere sull’importanza del tempo.
“Ma quanto può valere un giorno in altissima quota? Tutto, anche la vita” scrive nel suo diario Diemberger che racconta la serie di eventi che portò ad una delle più grandi tragedie dell’alpinismo. L’incapacità di rinunciare da parte di coloro che vogliono giocarsi l’ultima chance, i problemi di coordinare tante cordate indipendenti in quota, il sogno della vetta che diventa realtà. Infine, la bufera e l’allucinante dramma a 8000 metri, senza più viveri né gas, prigionieri per cinque giorni nelle piccole tende. Julie si «addormenta» per sempre, poi, man mano, anche i compagni muoiono. I tre superstiti, sull’orlo del collasso, iniziano una terribile discesa nella tormenta, sotto il perenne pericolo di valanghe. Solo in due arrivano vivi alla base della montagna. Nello sforzo indicibile della discesa, in uno stato di allucinazione, Diemberger sente di essere parte di un tutto, una sorta di «moto perpetuo», di «nodo infinito» che lo lega all’armonia del cosmo e che lo porta alla salvezza.
Lo consiglio perché: Un capolavoro della letteratura di montagna che racconta una vera e propria Odissea. Kurt Diemberger, oltre ad essere uno dei più grandi alpinisti della storia, con due prime assolute sul Broad Peak nel 1957 e sul Dhaulagiri nel 1960, si rivela uno scrittore formidabile. Leggendo il libro ci si sente coinvolti nella serie di avvenimenti di quella tragica estate del 1986. Ma non è tutto qui. Con la sua grande sensibilità l’autore ci porta a vedere oltre gli avvenimenti e a percepire l’essenza stessa della montagna.
Dopo aver letto il libro vi consiglio di guardare K2 – sogno e destino
Il prezioso documentario racconta l’estate del 1986 sul K2 attraverso le immagini originali girate da Kurt e Julie che all’epoca formavano il “film-team più alto del Mondo”.
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