Il periodo invernale, Fuerteventura e il Triathlon
La prima parte della stagione, per il gruppo di Ale, inizia sempre a Fuerteventura. Il 1 dicembre.
Mentre le case delle persone normali iniziano a riempirsi di alberi di Natale, nella mia mi ritrovo io con due strati di maglioni e copertina intorno, al telefono con uno in maniche corte o, il più delle volte, mezzo nudo, che mi mostra un sole caldo fino alle 6 di sera, e il panorama dell’oceano di fronte alla finestra.
Quando torna a casa per Natale è più abbronzato di chi sta due settimane in vacanza in Sardegna d’estate.
Dopo la pausa natalizia, si riparte: ci fosse stata una volta in cui Ale era a casa il giorno del suo compleanno, il 7 gennaio; per fortuna, riesco ancora a nascondergli il regalo dentro la valigia, senza che se ne accorga.
La permanenza al Playitas Resort dura fino ai primi di marzo; praticamente diventa una seconda casa. Molti associano le Canarie ad un luogo di vacanza e piacere; dopo anni e anni di ritiri laggiù, a febbraio i ragazzi sono venuti via non con un “Arrivederci”, ma sperando che quello fosse più un “Addio”: non ne potevano più della stessa piscina, delle stesse cinque strade da battere in bicicletta, dei soliti giri da fare di corsa. Ma, nella speranza di cambiare un po’ aria, prossimamente, quello è stato senza dubbio un posto perfetto per i loro allenamenti: per chi deve lavorare sempre all’aria aperta, in bici, correndo, e nuotando, è necessario avere un luogo caldo e il più possibile “incontaminato”; possibilmente anche poco trafficato, o senza le auto che ti suonano dietro ogni 5 minuti perché devono superare dei ciclisti.
Quando vai in un posto così, è praticamente impossibile che non ti venga voglia di allenarti. È venuta perfino a me, che non sono mai stata proprio una sportivona: la mia carriera da pallavolista è terminata a 17 anni, perché ho preferito dedicarmi allo studio, e questo già fa capire molto… Mai sentito uno sportivo che rinunciava alla squadra per la scuola: mentre Ale non ha alcun problema ad allenarsi per una giornata intera, io non ho nessun problema a passare una giornata intera a leggere, scrivere e studiare.
Però, dopo aver resistito per anni al “contagio” (quando mi chiedevano: “Anche tu un’atleta?” la mia risposta era sempre “No, no, fa già lui abbastanza sport per tutti e due!”), ahimè ho ceduto: ho iniziato con la corsa, tre anni fa; poi ho imparato a nuotare, da zero, due anni fa… E infine, un anno fa, il regalo più bello che potesse farmi: una bici da corsa, bianca!
Ho scoperto il mondo delle due ruote e me ne sono innamorata, e nonostante la velocità e la potenza non siano ancora a livelli eccezionali (qualche volta, comunque, se va piano, vado via anche con Fabian, che in alcuni punti torna indietro e mi aspetta), girare il mondo e poterlo vedere in bici è tutta un’altra cosa. Adesso poi che non devo più stare attenta all’abbronzatura da ciclista in vista del matrimonio, mi fa sentire ancor più libera.
Poi ovvio, le differenze tra gli atleti veri e quelli finti (o le morose/mogli degli atleti in prestito allo sport per qualche mese) le si vedono nei momenti di stacco tra un allenamento e l’altro. Quando loro dopo colazione, si chiudevano in camera a riposare, sfiniti dal lungo di corsa in pista delle 8 del mattino, io mi mettevo il costume e andavo fuori in piscina. Rientrata dalla bici, e mangiato un biscotto al volo, stessa cosa: crema solare, costume, Kindle, e sdraio a bordo piscina.
Le atlete serie le vedi in vasca, col costume intero, incuranti del segno dell’abbronzatura; io la prima volta ho voluto provare a nuotare addirittura col costume a fascia. Speravo fosse più confortevole, ma mi sono dovuta rassegnare a mettere quello sportivo già dalla volta successiva; rigorosamente due pezzi però.
Le vedi anche a colazione, le atlete serie, che mangiano un sacco di frutta, uova e avocado… e io con la Nutella. Con intorno mamme triatlete in forma invidiabile, con figli a seguito, che arrivano a colazione con le scarpette pronte per inforcare la bici appena finito di bere il caffè; o maschi muscolosi, di tutte le età, che mettono come primo allenamento il nuoto alle sei e mezzo del mattino.
Ma poco male, lo sport è bello perché è vario, come il mondo: l’importante è farlo. E se puoi farlo in un luogo che ti incita e ti motiva, ancor meglio. Chissà se col Playtas di Fuerteventura sarà stato un “addio” o solo un “arrivederci”… magari tra 10 anni ci torniamo, in vacanza però!
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