Come pianificare la stagione di triathlon

Come pianificare la stagione di triathlon

Ivan Risti

Sei un triatleta ‘ingegnere’ o ‘artista’? Ovvero: quanto pianifichi la tua stagione agonistica? Questo articolo ti aiuterà a centrare i prossimi obiettivi.

10 Marzo 2023

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Avete già programmato la stagione di gare di triathlon? State seguendo il piano?
Sì, lo so che sono domande fuori tempo massimo, perché in realtà sarebbe già tardi per pianificare, visto che siamo già a marzo e il manuale del buon triatleta prevederebbe una progettazione stagionale eseguita con largo anticipo. Ma io non ho mai amato la programmazione e quando ho provato a ‘essere bravo’ facendola in anticipo, poi succedeva che fallissi nei risultati in gara. 

I triatleti, popolo di ingegneri e artisti

Nella mia esperienza di atleta e di coach, ho potuto constatare che in realtà esistono due macro categorie di triatleti basate sul loro approccio allo sport: gli ingegneri e gli artisti.
Gli ‘ingegneri’ (che spesso lo sono per davvero) hanno una capacità di pianificare tutto con largo anticipo, hanno un piano di riserva, si iscrivono alle gare per tempo e sono perfetti nel gestire l’agenda di allenamento, gli incastri tra famiglia, attività professionale e altri impegni.
Gli ‘artisti’ (che meno spesso lo sono per davvero) hanno una pianificazione provvisoria, spesso modificata in corsa o, a volte, addirittura inesistente. La loro agenda di allenamento è confusa e tendono ad adattarla in base a come evolvono le giornate. Si iscrivono alle gare un po’ all’ultimo o quando iniziano a temere che vada sold out.
In base alle mie due anime, l’Ivan-atleta appartiene più alla seconda specie, mentre l’Ivan-coach alla prima. 

Il metodo di programmazione

Imporre una modalità di lavoro che non appartiene alla mentalità dell’atleta non è la soluzione migliore. Rischia di diventare un boomerang. Il triathlon è uno sport complesso e diventa controproducente forzare un cambiamento radicale.
È importante invece capire quale metodo di lavoro si addica di più all’atleta che abbiamo davanti e applicare qualche accorgimento in tre punti fondamentali. Vediamoli assieme.  

1) La routine di allenamento

Il primo punto è stabilire una routine settimanale che possa rimanere il più possibile costante. Il triathlon è uno sport di endurance e necessita innanzitutto di continuità, ma è anche uno sport che obbliga ad allenarsi in solitaria per ovvie ragioni di organizzazione. Stabilire una ‘settimana tipo’ aiuta non solo a rendere progressivo il lavoro ma anche a organizzare l’agenda al meglio. Gli allenamenti devono essere dei punti fermi, per evitare di aggiungere agli stress allenanti anche quelli negativi dell’organizzazione last minute

L’atleta ingegnere non ha bisogno di spiegazioni su come organizzare la settimana. Ma a volte tende a essere troppo rigido nel gestire gli imprevisti e soffre i cambiamenti di schema. Calma. Non succede nulla. La vita non è un file excel.
L’atleta artista invece deve imparare a lavorare su questo aspetto proprio per evitare di disperdere energie. È importante cercare una routine, anche se a mio avviso questo atleta non va forzato proprio per non farlo sentire ingabbiato in uno schema che non permetta alla sua capacità di improvvisazione di esprimersi.

2) Il calendario gare

Il secondo aspetto è definire un calendario gare, anche provvisorio, e inserirlo nel piano annuale. Il motivo, seppur scontato, non è mai da sottovalutare: la motivazione, anche inconscia, a mantenere un alto livello di preparazione.
Il calendario idealmente si suddivide in gare di prima fascia, l’obiettivo principale, e gare di seconda fascia, quelle che servono (anche) a testare la condizione.
E comunque le gare sono gare. Non c’è nulla di più allenante della gara se si vuole verificare e migliorare la condizione per una gara successiva (più importante). 

Ivan Risti al termine di una gara di triathlon

Gli ingegneri avranno già stilato il calendario del 2024, ovviamente: quello del 2023 è già quasi passato.
Battute a parte, questa qualità di saper pianificare è il loro punto forte, ma devono cercare di non subire mentalmente le possibilità (che spesso è molto concreta) di dover modificare il piano in corsa, magari per un infortunio, un imprevisto, un impegno inderogabile. Non succede nulla, bisogna solo cancellare quel file e non pensarci più. Passare al piano B già preparato. 

Il punto debole degli artisti invece è proprio questo: pianificare con largo anticipo mette loro un po’ d’ansia. Possono però sfruttare le loro capacità di gestire gli imprevisti e le decisioni last minute pianificando un minimo le gare con una bozza di calendario e darsi un’alternativa valida (tanto per loro non sarà un problema decidere quale scegliere). Ma avere un piano servirà per razionalizzare un po’ la loro mente ‘ballerina’. Una strategia potrebbe essere di farsi aiutare dal proprio allenatore o programmare assieme a un amico che condivide con loro queste sfide. 

3) Le verifiche: gare e test

Il terzo punto è verificare periodicamente la preparazione. Come? Con gare o test.
Le gare non devono per forza essere competizioni di triathlon, ma si possono sfruttare prove delle singole discipline (nuoto di fondo, gran fondo di bici, gare di corsa su strada) o anche dei duathlon, di cui parleremo in un altro articolo.
I test invece si possono eseguire in allenamento o in alcuni casi in laboratorio con un tecnico/allenatore specializzato. Non mi soffermo sulle specifiche ma è sottinteso che si possono eseguire diversi protocolli con lo scopo di verificare più o meno accuratamente i parametri che ci interessano. 

Ivan Risti mentre esegue test per il VO2 Max

Gli ingegneri adorano i test e i dati di allenamento: saranno quelli a dar loro la misura della preparazione. Attenzione però a non farsi condizionare troppo sia positivamente che negativamente. I test ci danno una fotografia più o meno attendibile (a seconda del tipo di test e delle variabili che lo influenzano) ma è pur sempre un dato che ha un margine di errore e la capacità individuale di esprimersi in gara può fare la differenza.
Gli artisti tendono a evitare i test o a non performare quando li svolgono. Questo perché la testa cerca di sfuggire alla verifica della propria condizione o perché non riescono a esprimersi al massimo quando manca l’aspetto agonistico. Io ero, e sono, esattamente così. Non ho mai fatto un test che esprimesse il mio valore se non ero veramente stimolato a farlo. 

È quindi fondamentale cercare di affrontare la vita, inclusa quella sportiva, con un’impostazione adeguata al proprio modo di essere. È la soluzione migliore per ottenere risultati, in particolare nel medio e lungo periodo. Ma attenzione ad aggiustare quei piccoli aspetti importantissimi di cui vi ho parlato per uscire dalla propria comfort zone


Credits cover: @Carlo Beretta

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