Maratoneta? Chi io? Ma chi credi che sia…

Maratoneta? Chi io? Ma chi credi che sia…

Riccardo Mares

Volevo iniziare questo post con una citazione tipo “Voi chi dite che io sia?”  (Matteo 16,15-20) ma mi pareva eccessivo. Allora ho girato la domanda a me stesso e mi sono chiesto: chi sono? Cosa pensano gli altri di me (maratoneta)? Come già detto nei precedenti articoli scritti per Venice Marathon, la maratona non è […]

17 Ottobre 2017

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Volevo iniziare questo post con una citazione tipo “Voi chi dite che io sia?”  (Matteo 16,15-20) ma mi pareva eccessivo. Allora ho girato la domanda a me stesso e mi sono chiesto: chi sono? Cosa pensano gli altri di me (maratoneta)?

Come già detto nei precedenti articoli scritti per Venice Marathon, la maratona non è la gara in sé, ma è un percorso. La gara è il culmine di questo percorso e la medaglia è la rappresentazione che ce l’abbiamo fatta.

Io ricordo benissimo quando qualche anno fa pensavo alla maratona come a qualcosa di irraggiungibile. Era il periodo in cui collezionavo medaglie di mezza maratona e vivevo l’onda iniziale dei miglioramenti. Ogni tanto però scappavo a spiare nei siti di corsa le tabelle per preparare una maratona, quasi di nascosto, forse da me stesso, e mi dicevo “non ce la farò mai”.

Poi un giorno quella chiamata di Garmin “Ciao, abbiamo una sfida per te”: se ci penso ancora oggi mi vengono i brividi. Come d’improvviso ho visto una strada nella nebbia, una guida, un percorso da affrontare, un percorso fattibile. Nasce così la mia esperienza di maratona, con la guida del buon Emiliano che con pazienza valutava i miei risultati e riprogrammava i miei allenamenti. Sì, sono stato fortunato, molto fortunato. Per quello guardo oggi chi affronta per la prima volta una maratona e provo una profonda stima, perché probabilmente è un passaggio che han fatto da soli: bravi, bravi davvero.

Torniamo a “Ma chi credi che sia”: ho provato a fomentare un po’ gli amici sui social per sentire cosa pensassero loro dei maratoneti. Sono venute fuori cose divertenti, ma principalmente tutte le risposte sono un mix di rispetto e follia.

Rispetto inteso come voglia di mettersi in gioco, coraggio di affrontare una sfida fuori dall’ordinario, coraggio di affrontare un percorso di allenamenti pesanti. Anche chi è fuori dal mondo della corsa capisce benissimo che la maratona è “solo” un traguardo, ma che alla base è necessario un lungo periodo di preparazione.

Follia perché per intraprendere un percorso simile ci vuole un po’ di insanità mentale, un po’ di menefreghismo dei problemi, un briciolo di pazzia per affrontare ciò che non si conosce.

Il post maratona è un momento di vita diverso ma intenso, una volta metabolizzato lo sforzo, la preparazione e i dolori vari a muscoli e giunture. Cambiano le prospettive. Quando ti guardi dall’altra parte del traguardo ti rendi conto che hai fatto una cosa grande, una cosa che non è da tutti, una cosa con le tue gambine e la tua testolina. In molti (me compreso) dopo la maratona sentono un senso di onnipotenza, che non è un fenomeno trasfigurativo, ma uno status quo in cui ti rendi conto del cammino fatto e che anche altre sfide della vita possono essere affrontati spacchettandole e con un impegno costante. Perché alla fine ti dici “Io ho fatto una maratona, posso fare anche questo”.

Per chi invece, e il traguardo l’ha già superato più volte, rimane il piacere di superarsi, di togliere qualche minuto, qualche secondo anche se dentro di noi la paura di arrivare al traguardo resterà sempre. Forse è anche quello che ci spinge a metterci alla prova e a scoprire dove si annidano i nostri limiti.

Ragazzi mancano 10 giorni: operazione relax muscolare e mentale. Ci sentiamo al prossimo post e poi ci vediamo in griglia e all’arrivo per brindare insieme. Un grazie a tutti coloro che mi hanno dedicato qualche minuto per rispondere all’appello sui social (Nicola, Airon,  Lucco, Eleonora, Luca, Michele, Enrico, Matteo, Martino, Marco, Luana, Ilaria, Elena, Luana, …).

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commenti

Bravo! Mi hai fatto rivivere la mia esordi 30 anni fa. Solo che il mio “galeotto” no è stato Garmin, ma Enrico Arcelli con il suo libro CORRERE È BELLO. Stesse sensazioni, stesse emozioni ora, a 70 anni, quando porta a termine un trail. Grazie per le emozioni che mi ha fatto rivivere

Giivanni - 2017-10-20 08:29:56

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