Il traguardo è solo la punta dell’iceberg

Il traguardo è solo la punta dell'iceberg

Andrea Toso

Il traguardo è il culmine della preparazione di uno sportivo, amatore o professionista, e nella mente dell’uomo della strada è un momento che riassume tutto l’allenamento e la rabbia agonistica creata nei mesi precedenti. Il traguardo è così? È solo così?  Io sono del segno della Vergine, atipico perché disordinato patologico, ma nello sport esce la […]

28 Settembre 2018

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Il traguardo è il culmine della preparazione di uno sportivo, amatore o professionista, e nella mente dell’uomo della strada è un momento che riassume tutto l’allenamento e la rabbia agonistica creata nei mesi precedenti.

Il traguardo è così? È solo così? 

Io sono del segno della Vergine, atipico perché disordinato patologico, ma nello sport esce la mia vena di precisino e vi presento oggi la mia visione della gara.
Quando si decide di preparare una gara per raggiungere il nostro agognato traguardo bisogna avere degli obiettivi, proprio come nel laboro ci hanno insegnato quelli S.M.A.R.T. :
  • Specifico, cioè che non lascia spazio ad ambiguità;
  • Misurabile senza equivoci e verificabile in fase di controllo;
  • raggiungibile (dall’inglese Achievable), poiché un obiettivo non raggiungibile demotiva all’azione allo stesso modo di uno facilmente raggiungibile;
  • Rilevante da un punto di vista organizzativo, cioè coerente con la mission personale;
  • definito nel Tempo.

ESEMPIO: Corro una maratona (S) ossia 42km195m, in 3h30’ (M) misurato e verificabile dal chip anche in real time, in 3h30’ e non in 2h02’39” come Kipchoge (‘tacci sua mi fa ancora impressione dopo una settimana!!! (A)), 3h30’ sarà il mio personale e necessiterà di impegno (R) e definito nel tempo perché la gara ha una data fissata, per cui mi iscriverò per l’anno 2018 a Firenze, quel giorno (T).

Ok? Ci siamo: S.M.A.R.T. 

E questo è il vestito che tutti noi atleti amatori a spanne indossiamo in preparazione, ma la differenza sta nel cercare e valutare tutte le variabili che incontreremo sicuramente e in cui potremmo (o potremo) sbattere nel viaggio e nel giorno della gara fino a giungere al traguardo. Più variabili analizzo, scarto in quanto irrilevanti, assesto, prevedo e ottimizzo, più agevole sarà la gara e di seguito ve ne analizzerò qualcuna per farvi capire cosa intendo.

Eat train sleep and repeat.

C’è il macro mondo abbigliamento: come mi vesto? e che meteo ci sarà? che calzini userò? che scarpe userò? quanti km avranno al giorno della gara? cappello o no? e se piovesse?
Niente lasciato al caso, dai para capezzoli alla vaselina tra le dita dei piedi eventuale, dipende da noi, ma dobbiamo azzerare le nostre variabili.
Lo stesso per l’alimentazione prima durante, e magari dopo, la gara gestendo i pasti di carico carboidrati pre lunghissimi come fossero il giorno dello start, usando nei lunghi degli integratori gli stessi che vorrei usare in maratona, con gli stessi timing, fino ad arrivare alla perfezione potenziale. Se ci fosse un gellino nel pacco gara lo assaggeremo al prossimo lunghetto, di sicuro non in gara…

E serve sicuramente anche lo Sleep

Il sonno ha importanza enorme nella settimana precedente al lungo e alla gara, come anche avere una routine standard per andare in bagno prima di uscire di casa, sapendo che magari ci toccherà dormire in albergo onda amici la notte prima dell’evento. Nella mia compulsività “virginale” (anche se suona male a 46 anni ed un figlio…) aggiungo un piccolo consiglio, musica o non musica nelle orecchie, sapendo che facilmente in gara ognuno avrà il proprio ritmo per concludere la distanza mi è sempre stato scomodo correre i lunghissimi con amici, tanto poi gabbie diverse, crisi loro, crisi tua o crisi mia facilmente ci si ritroverà soli e magari spiazzati; quindi “beata solitudo sola beatitudo”, c’è tempo per conoscere qualcuno e godersi il viaggio insieme e festeggiare con gli amici alla fine.
E ovviamente alla base devo avere la sicurezza di correre al meglio e consumare poco per arrivare in fondo, gestendo il “muro” o cercando di evitarlo e così via.
E nel triathlon aumentano queste variabili, devo saper nuotare facendo “poca fatica”, perdere quel senso di panico nella tonnara, imparare a cercare le boe tra la gente e le onde, imparare a togliermi la muta in tot tempo avendo risolto il problema della frizione sul collo, correre come un pazzo per andare a prendere la bici, imparare a tenere le scarpe sui pedali e salire dopo la routine casco pettorale, occhialini e cuffia a sinistra della bici (accanto la catena), e pedalare calzando le scarpe ma senza finire le energie per la corsa, cercando una scia generosa e collaborativa, arrivando in T2 scendendo come un cowboy da cavallo ma senza scarpe ancora vincolate ai pedali, appendere veloce e calzare le scarpe pre allacciate o col boa come le mie 451, togliere casco partire girando la fettuccia pettorale, il tutto ricordandosi di non esagerare perché la maledizione del primo km colpisce l’inesperto, quella bella sensazione di piombo ai muscoli delle gambe che sono sì calde dalla frazione bici, ma nei posti sbagliati… ovviamente facendo tutto senza calze su distanze “brevi” senza piagarmi i piedi in gara, altrimenti addio traguardo!

Esperienza.

Ce la creiamo e prepariamo giorno per giorno, con intelligenza e cura dei particolari, ascoltando tanto il nostro corpo, il nostro allenatore e gli amici che ci sono già passati. Da amatori è bello sperimentare, tentare imprese che ci mettono alla prova e ci regalano batticuore e quella micro ansia che sentiamo sul collo alla partenza, ma più controlleremo i dettagli più facile sarà il successo nella nostra Sfida.  Quella con al S maiuscola…

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