Emozioni ed obiettivi personali
Uno dei trend topic legati al mondo del running degli ultimi mesi è stato l’evento creato per abbattere il record delle due ore in maratona. L’evento, progettato da Nike, su chiamava “Breaking2” e il traguardo è sfumato per 25 secondi, segnando comunque un tempo pazzesco di 2h 0m 25s. Oggi il fact è tornato alla […]
Uno dei trend topic legati al mondo del running degli ultimi mesi è stato l’evento creato per abbattere il record delle due ore in maratona. L’evento, progettato da Nike, su chiamava “Breaking2” e il traguardo è sfumato per 25 secondi, segnando comunque un tempo pazzesco di 2h 0m 25s.
Oggi il fact è tornato alla ribalta perché il suo immenso protagonista principale, Eliud Kipchogeha, ha vinto la Berlin Marathon, in 2:03. In più è uscito il video ufficiale dell’evento sul canale YouTube di National Geographic:
Non è assolutamente mia intenzione parlare della ricerca del record, della filosofia alla sua base, o del risultato. Voglio concentrarmi sul video, sulle emozioni, sulle persone.
La corsa, non mi stancherò mai di dirlo, è uno sport in cui il risultato è pesantemente sul piano personale: il PB, Personal Best, la ricerca di migliorarsi, di togliere qualche minuto o qualche secondo. Ma anche la ricerca di fare meglio di qualcuno, che è una posizione sanissima finché non diventa cronica: l’invidia è una pessima malattia.
Torno al video. I tre protagonisti sono tre “alieni”, distanti anni luce dalle nostre performance umane. Ma proprio per questo è maledettamente emozionante vedere la loro gioia, paura, il loro confronto con una sfida “impossibile”. Grandi loro, un mago la regia, ma il video trasuda umanità, paura, gioia, speranza, rassegnazione, resilienza. L’ho visto in treno, con gli occhi lucidi e la lacrima in griglia di partenza.
Stelle della corsa (se penso al paragone con i top player del calcio… o qualche fighetta rionale) che vivono in modo umile, che fanno più di 200 km a settimana, che si allenano in team e che di fronte alla LORO sfida si spogliano dimostrando punti di forza e di debolezza, paure e sicurezze.
Alla mente mi vengono quelli che chiudono la maratona in 6h o la mezza in 3: folli, spavaldi o cacciatori di sogni? Non sono nessuno per giudicare ma il loro impegno è mostruoso.
Ogni giorno rincorriamo i nostri demoni, perché è inutile nascondersi: se ci iscriviamo a una gara non è per esserci, è per farla al meglio.
Sono così diversi da noi? Decisamente no, al più che per loro è lavoro, per noi hobby.
Poi la gioia di quei pochi attimi in meno per tagliare un traguardo o la delusione se qualcosa non è andato. Sempre, superato la magica linea, quel senso di vuoto da colmare con un’altra gara.
Tre settimane alla nostra sfida: le jeux sont faits, stiamo probabilmente tutti lavorando di fino e buttando su km.
Dai ragazzi, a me piace dire che siamo in discesa. Ci vediamo alla Signora del Leone e mi raccomando, come mi ha detto Stefano Baldini due anni fa: “Hai fatto tutto il possibile, ora corri, goditi il panorama e SORRIDI”.
Alla prossima.
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