Bambini e Sport… e Motivazione
Prima di addentrarmi nel contenuto odierno relativo a bambini e sport ed alla motivazione ci tenevo a fare una premessa facendo un salto indietro di qualche settimana quando scrissi un post dal titolo “Bambini Sport e Agonismo” in cui cercavo di dare la mia visione del rapporto nel mondo dei bimbi tra il gioco dello sport e la competizione, facendomi aiutare dalle parole di Julio Velasco.
Bambini e sport
Oggi vorrei tornare un po’ indietro e analizzare perché ritengo fondamentale che i bambini facciano sport, soprattutto parallelamente all’attività scolastica.
Potrei aprire dicendo che è un diritto dei bambini fare sport, facendo mie le parole dell’UNICEF
“Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica”
Voglio invece partire da un altro punto di vista. Lo sport per i bambini è fondamentale perché:
- È una scuola di vita: rispetto, disciplina, agonismo, resilienza
- È (deve essere) divertimento
- È un toccasana per i genitore, per farli stancare e scaricare le tensioni
Mi piacerebbe però approfondire il tema “divertimento”. Innanzi tutto divertimento NON è antagonista di agonismo. Nella più giovane età lo sport deve essere un momento di sfogo per i bambini: certo ci sono le regole, gli allenamenti, ma la partecipazione deve essere condivisa, apprezzata, richiesta.
Da genitori dobbiamo assolutamente assicurarci che i nostri figli non facciano sport perché gli viene imposto e soprattutto non facciamo LO sport perché è stato imposto dai genitori.
Molti sono i casi di ragazzini che praticano uno sport perché è la passione di mamma o papà o perché mamma o papà non sono riusciti a brillare, quindi ci provano con il figlio.
Bambini e sport perché devono assolutamente essere guidati allo sport, probabilmente devono essere spronati allo sport, ma deve essere una loro scelta quale sport fare, compatibilmente con tutti i casini presenti in una famiglia moderna, dal tempo alle problematiche economiche.
Il fulcro della partecipazione allo sport è la motivazione e lo è ancora di più se si parla di bambini e sport perché si tratta di un momento molto particolare in cui si forma e si forgia il carattere. Per l’ennesima volta Pietro Trabucchi (noto psicologo dello sport e sportivo) ha dato vita ad un libro che parla di sport e psiche e questa volta il tema è la motivazione, quell’immensa forza scatenante che viene da dentro e spinge grandi e piccini a mettersi in gioco, a fare sacrifici, a rialzarsi dalla cadute, spesso senza un vero ritorno “materiale”.
Aggiungo solo una citazione specifica del libro, che penso possa essere di supporto per genitori/allenatori/educatori:
Il problema è che, per la maggior parte delle persone, se non c’è una relazione che media, è difficile arrivare alla sedicesima porta [riferito al venditore porta-a-porta e a quindici porte già sbattute in faccia, NDR] (però non è impossibile, come vedremo). Specialmente quando non si ha a che fare con il mondo degli adulti. Il paradigma di questo contesto relazionale è infatti il rapporto genitore-bambino o, a un livello diverso, quello tra allenatore e atleta. In modo implicito, spesso senza esserne consapevole, l’allenatore lavora per generare senso di padronanza nell’atleta: lo fa partendo da piccoli obiettivi, dando fiducia, fornendo feedback, ascoltando e prestando attenzione, facendo sentire capace l’atleta. E, soprattutto, aiutando a dare un significato alle emozioni e alle sensazioni.
Lo sport è fondamentale anche associato al mondo della scuola. In Italia, purtroppo, è un vero e proprio tarlo del sistema educativo e al più della “Settimana dello sport”, dell’oretta di ginnastica e di poche iniziative dei singoli istituti, è sempre un’attività collaterale.
Per gli studenti fare sport significa innanzi tutto sfogare le proprie “inquietudini”, significa staccare la spina dallo studio e dare ossigeno al cervello ma soprattutto significa imparare ad affrontare le situazioni, le paure, gli avversari (i professori?).
In Italia praticano sport più di 20 milioni di persone pari a circa il 34% della popolazione, ma solo il 24% in realtà pratica attività sportiva in modo continuativo, come evidenzia la rilevazione ISTAT del 2015:
Se invece il focus lo rivolgiamo ai bambini, vediamo come la fascia d’oro vada dai 6 ai 14 anni e poi inizia l’abbandono, come attesa la ricerca del CONI del 2017 sempre su dati ISTAT:
Sarà mica che il tracollo della partecipazione dopo i 14 anni sia legato alla scuola? Personalmente ritengo che lo sport non debba mai essere un’attività da fare SE la scuola lascia il tempo: lo sport è parte integrante dell’educazione di un ragazzo e supportare i figli affinché riescano a trovare sinergia tra studio e sport diventa una scuola di vita senza precedente. E poi diciamocelo: dopo 1-2 ore di studio, davvero siamo convinti che il cervello recepisca ancora qualcosa?
Come lo sport non deve essere secondario alla scuola, così lo sport non deve diventare elemento punitivo, privandolo quando ci sono comportamenti non corretti da parte dei nostri giovani: lo sport è scuola, se proprio si vuole usare il metodo delle punizioni ci sono tante altre cose inutili a cui possiamo arrivare. Al massimo si possono punire i terzi tempi… ;)
Tu hai fatto sport da piccolo o da giovane?
Come stai avviando i tuoi bimbi (se ne hai allo sport)?
Grazie se hai letto sino a qui ;)
foto copertina Credit Simone Giust per Monti Rugby Rovigo
Riccardo Mares - 2020-02-06 11:26:00