Il menisco, pensieri articolati
Uno dei possibili fastidi che le nostre ginocchia subiscono è localizzato sul menisco, perché essendo il primo ammortizzatore che abbiamo a disposizione da sempre risente di ogni passo, salto, corsa sciata o pattinata noi si sia fatto nei nostri N anni vissuti più o meno atleticamente.
Eh si, nonostante tutte le definizioni mediche che individuano il menisco come “formazione fibrocartilaginea disposta a guisa di anello, completo o no, tra due articolazioni contrapposte a doppia convessità e per questo, per lo più, di forma biconcava” la verità per noi runners (principalmente…) questi non è altro che un bell’ammortizzatore interno, che consente di scaricare dal 30 al 70% del peso gravante sull’articolazione. Direi che non è poco, specialmente se parliamo di ginocchia (esiste un menisco anche sul polso ma a meno che non ci si esibisca camminando sulle mani ammortizzerà poco!).
Trattando quindi il ginocchio come focus vi riassumiamo l’esistenza di due menischi, uno mediale posizionato nella parte interna dell’articolazione, ed uno laterale posto verso l’esterno. Il menisco mediale è a forma di mezza luna, quello esterno è più circolare, tipo una O, e insieme vanno a “riempire” gli spazi che si creano tra i condili femorali ed la tibia evitando quindi lo sfregamento delle cartilagini poste ai margini di queste due ossa della gamba. Purtroppo non sono praticamente vascolarizzati, quindi in caso di lesione o consunzione il corpo ha ben poco da fare.
I nostri Ortopedici sono ben più pazienti di noi quando investiamo questo ruolo (pazienti appunto…) e si ritrovano a subire le suppliche di noi runners che preghiamo di tornare efficienti nel minor tempo possibile, anche di fronte a rotture di menischi o alla consunzione da età o kmtraggio mal gestito. Ma il loro lavoro in questo caso non può essere altro che assestare in maniera conservativa quel che resta dei nostri ammortizzatori e sconsigliarci di correre dato che ad oggi possono solamente la parte spezzata o in alcuni casi “incollare” le due parti salvando più efficienza possibile. Altri protocolli non esistono ad oggi.
Chi vi scrive vive con un bel pezzo di menisco in meno dal lontano 2003, annus horibilis in cui tutto, ma davvero tutto si ruppe e forgiò una buona parte di carattere. Fatto sta che nell’arco di due settimane passai dagli sci (sport per i weekend) alla sala operatoria per rimuovere un corno meniscale rotto “a manico di secchio”, ovvero si era anche girato e bloccava l’articolazione, e venne rimosso in un’oretta di artroscopia. La cosa buona fu che con un’adeguata sebbene faticosa fisioterapia tornai in pienissima efficienza in meno di un mese, tornando al campo da basket.
E da allora mi informo su come alleviare le conseguenze negative del trauma, per evitare di sedermi definitivamente su un divano e ammucchiare pancia.
Come scrivevo pochi paragrafi in su, il corpo da solo può fare poco, prima o poi si arriverebbe alla consunzione delle cartilagini perché senza menisco queste strusciano tra loro provocando infiammazioni e dolore.
Ma NOI possiamo fare qualcosa.
Noi abbiamo il compito di mantenere i muscoli della coscia più tonici e bilanciati possibile, così da sostenere la rotula più alta possibile e alleviare il lavoro dei menischi, e il più importante a questo fine è il muscolo vasto mediale. Quindi cerchiamo di fare anche un po’ di esercizi a secco in palestra, e un’altra buona norma che consigliamo è essere più elastici e assettati possibile, così da non dare altri motivi di attrito all’articolazione, e per questo frequento un osteopata molto competente che insieme all’azienda di plantari che utilizzo mi garantiscono sempre un “tuning” ottimale.
Quindi come da monologo “accetta il consiglio” della sigla finale di “The Big Kauna”:
Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.
Andrea Toso - 2019-04-04 10:57:54