Due chiacchiere con Dario Chitti, oro nei 3mila siepi ai CNU di Catania
Pochi giorni fa si è appuntato sul petto il titolo di campione italiano sui 3mila siepi, conquistato ai CNU di Catania. Nulla di strano, se non fosse che lui, Dario Chitti, è un triatleta e non aveva mai saltato una riviera prima della scorsa settimana. Ha scoperto, però, che il triathlon e i 3mila siepi […]
Pochi giorni fa si è appuntato sul petto il titolo di campione italiano sui 3mila siepi, conquistato ai CNU di Catania.
Nulla di strano, se non fosse che lui, Dario Chitti, è un triatleta e non aveva mai saltato una riviera prima della scorsa settimana. Ha scoperto, però, che il triathlon e i 3mila siepi non sono discipline poi così diverse.
Ci siamo fatti spiegare perché.
Dario, da quando in qua ti sei dato alle siepi?
A Catania è stata la prima volta! Prima della gara di venerdì non lo avevo mai provato. Certo, usavo gli ostacoli in allenamento, per la tecnica, ma non ho mai avuto a che fare con la riviera. Un po’ per timore di farmi male, un po’ perché le gare erano sempre concomitanti con quelle di triathlon.
Poi arrivano i CNU e decidi di buttarti.
Già. Sono andato per gareggiare con la mia squadra di atletica, il Cus Parma, e per l’università a cui sono iscritto. Prima di partire ho fatto qualche prova in pista ma, soprattutto, mi sono fatto dare qualche consiglio da un amico “speciale”, Matteo Villani, che è parmigiano come me, anzi, lui è “parmense”, ma soprattutto è un ex professionista, due volte campione italiano assoluto e una partecipazione alle Olimpiadi di Pechino, specialista proprio nei 3mila siepi. Devo ammettere che i suoi si sono rivelati ottimi consigli.
Ce ne puoi svelare qualcuno?
Si è raccomandato di non farmi spaventare dalla riviera, di affrontarla con aggressività e determinazione, guardando già oltre. Spesso la siepe intimorisce, si rallenta prima di superarla e si atterra fermi. In gara la prima l’ho affrontata così e in effetti alla partenza mi sono trovato un po’ in difficoltà, in ultima posizione, anche perché la concorrenza era agguerrita. Poi ho messo in pratica i suoi consigli, concentrandomi sulla corsa dopo l’ostacolo e ha funzionato. Sono riuscito a recuperare e a vincere l’oro, anche con un buon tempo direi, 9’11’’. E anche questo Villani lo aveva azzeccato. Tra l’altro è anche il minimo per partecipare agli italiani e ci sto facendo un pensierino. Se senza prepararla è andata così bene, forse vale la pena di allenare meglio questa specialità.
Stai forse pensando di abbandonare il triathlon?
Neanche per idea. E anzi, direi che i 3mila siepi sono propedeutici alla triplice disciplina, perché la fatica quando atterri e devi ripartire è simile a quella che provi quando scendi dalla bici e devi metterti a correre. Io se non fatico non mi diverto e a Catania mi sono divertito davvero moltissimo, sarebbe un peccato non approfittarne.
Una parentesi che ti è servita, a quanto pare.
Molto. Sono andato a Catania, dico la verità, per “riposarmi”. Per questo ho affrontato la gara con grande tranquillità, più per divertirmi che per ambizioni di podio. Volevo staccare da un periodo un po’ complicato, dal punto di vista sportivo. In Marocco, per la Coppa d’Africa, non è andata come speravo; è andata meglio in Olanda ma quest’anno ancora non sono riuscito a raggiungere un podio internazionale, dopo il titolo europeo di triathlon olimpico under 23 conquistato l’anno scorso, con la nazionale a Burgas, in Bulgaria. Ci proverò a luglio, sempre in Olanda, in un triathlon sprint, ma intanto mi sono preso qualche mese per costruire, allenarmi e presentarmi all’appuntamento fresco e preparato. E chissà che qualche allenamento sui 3mila siepi non si riveli più utile del previsto. In fondo, gli ostacoli sono anche metaforici e il più difficile, la riviera, l’ho superato. Mi fa ben sperare per il finale di stagione.
Insomma, dopo il successo in Coppa Europa della tua amica e collega Angelica Olmo, è arrivato anche il tuo oro ai Cnu: gli ASICS FrontRunner continuano a mietere successi.
E’ un bene. Così possiamo essere uno stimolo per gli altri. Il bello del nostro gruppo, affiatatissimo, è che siamo tutti diversi. Dentro ci sono professionisti come me e Angelica o come Stefano Baldini, ma ci sono anche gli amatori, come le migliaia che corrono in ogni città. Sarebbe bello se i nostri successi li spronassero a impegnarsi per migliorare e anche noi possiamo imparare da loro, che si allenano come noi, sono mossi dalla stessa passione, ma non lo fanno da professionisti e devono incastrare gli allenamenti con il lavoro. Faticano il doppio per ottenere dei risultati. Insomma, credo possa essere una bella ispirazione reciproca.
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