School of Triathlon: primo giorno di scuola
16 giugno 2002, Lecco. Il mio primo giorno di triathlon
La partenza della mia batteria era un minuto dopo la prima, quella dei più forti. Io quelli lì non sapevo bene quanto forte andassero. Ma nuotavo benino, venivo da anni di nuoto agonistico, e con l’arroganza del nuotatore che si affaccia al mondo del triathlon ero partito pensando a una sola cosa: “io li vado a prendere”. Un minuto su 750 metri. Che vuoi che sia?
Quando parti così mica fai i conti. Pensi solo ad andare a prendere quelli davanti. Non calcoli che 60 secondi sono 8 ogni 100 metri, che sono tanti se i primi sono tra i migliori nuotatori del triathlon nazionale. E non calcoli neanche che tra te e i primi ci sono 150 persone da superare nella tonnara.
Comunque io quella volta lì non ho calcolato tante cose. L’incoscienza della prima volta.
Uscito dall’acqua ovviamente non avevo ripreso i primi, ma qualcuno della prima batteria sì.
In transizione, tra le varie cose, mi erano caduti gli occhiali e ovviamente avevo fatto anche casino nell’indossare il casco. Poi avevo continuato a fare un po’ di confusione tra le operazioni da fare (forse stavo ancora pensando a prendere i primi e non mi ero ben centrato sulla transizione).
Avrò perso 10”, più o meno quelli che mi servivano per riacchiappare il gruppetto poco più avanti, composto da ‘quelli buoni’. Poi non mi ricordo bene cosa era successo, ma credo di aver gestito la bici nei 20 km successivi sfruttando la scia di qualche gruppo a cui mi ero accodato. Ero partito a piedi e ricordo solo di aver letto per oltre 20 minuti il nome della squadra del ragazzo che mi precedeva: Beriv. Io non sapevo i nomi delle squadre e neanche degli atleti più forti, ma Beriv me lo ricordo ancora bene oggi (poi ho scoperto che lui si chiamava Lorenzo Villa ed era bravino). Aveva corso qualche secondo più forte di me, arrivandomi davanti, ma io avevo 1’ di vantaggio della partenza e nella classifica finale risulta che l’ho battuto di 43” (sono andato a ricontrollare ora sul sito FiTri).
Tredicesimo assoluto.
Peccato che non risulto in classifica perché mi ero iscritto con la tessera age group che aveva una classifica a parte per la categoria.
Quel primo giorno di scuola era stato abbastanza incosciente. Ma forse era stato proprio questo che mi aveva fatto cogliere un nuovo mondo che già un po’ mi apparteneva.
Sono passati oltre vent’anni e quel mondo mi appartiene ancora.
E ora sono qui a scrivere queste righe per introdurre il primo giorno di scuola qui su ENDU.
Una nuova avventura per trasmettere quello che ho imparato da quel giorno, grazie alle numerose gare, le esperienze di allenamento, gli allenatori, le persone che ho conosciuto e con cui ho condiviso momenti importanti grazie a questo meraviglioso sport.
Quello che avevo scoperto quel giorno era la complessità del triathlon. Le variabili che lo compongono e che portano alla prestazione finale sono tante: infatti avevo fatto abbastanza casino per arrivare al traguardo.
Ma cinque anni dopo mi andò decisamente meglio proprio sulla stessa linea d’arrivo…
Da allora ho iniziato ad allenarmi seriamente. Sì, avevo fatto quella prima gara senza una preparazione dedicata. Ho sempre sostenuto che se si hanno delle buone basi, ovvero se si sa nuotare senza grossi problemi per 750 metri, si deve prima provare l’esperienza e poi allenarsi seriamente. L’incoscienza è un bel motore se poi accende la miccia per preparare bene quello che verrà dopo. Provate.
Il mio primo mentore era stato Giampaolo Sala. Ricordo che diceva “se sai nuotare puoi fare triathlon”. Un po’ era vero. Fu uno dei primi da cui imparai tante cose.
Ho visto troppa gente allenarsi per mesi e mesi prima di affrontare la gara, aspettando di essere pronti, ma non si è mai pronti davvero se non si prova. Ecco, magari partite da uno sprint, fatelo per il vostro bene (che se iniziate da un Ironman vuol dire che non vi volete tanto bene), ma provateci.
L’agonismo è un motore pazzesco. Diventa un’ossessione quotidiana, soprattutto all’inizio. Ma è necessario poi trovare il giusto equilibrio: la sottile linea di confine che porta all’eccesso è sempre a un passo. È lì il punto dove stare.
Andare oltre porta spesso a essere saturi e poi mollare.
Condire la vita con quel sano agonismo è stato per me fondamentale e credo sia la linfa per molti di noi.
Una volta un mio amico mi ha detto “quell’adrenalina che sento alla partenza di una gara è quello che mi fa sentire vivo”. Condivido il pensiero, anche se il mio lato razionale mi impone di aggiungere: senza esagerare. C’è altro nella vita oltre lo sport, ma la vita io l’ho vissuta meglio anche grazie al triathlon e a quella maledetta adrenalina.
I miei primi anni sono stati ricchi di tante competizioni, il numero dei tesserati era meno della metà di oggi, ci si conosceva quasi tutti e ci si incontrava spesso sui campi gara. La conoscenza tecnica era trasmessa da allenatori, appassionati e dalle riviste di settore. C’erano anche i primi luoghi di informazione e scambio virtuali (forum e qualche sito) e poco altro.
Oggi sicuramente l’accesso alle informazioni per chi si avvicina a questa disciplina è molto più vario, ma come sempre troppe nozioni, se non ben guidate, possono confondere, stordire e magari allontanare chi è meno coraggioso.
Ai nuovi triatleti, o a quelli che verranno, vorrei rivolgermi cercando di levare un po’ di barriere che il triathlon inevitabilmente ha creato con la sua complessità.
Semplificare e rendere l’approccio a questo sport più diretto.
School of triathlon…
Ancora non ho ben capito dove porterà e cosa conterrà, ma questa era la stessa sensazione che avevo quel primo giorno di triathlon oltre 20 anni fa. E invece sono ancora qua.
Proverò a guidarvi nella complessità del triathlon rendendolo più semplice, togliendo qualche barriera per chi si avvicina e vuole provare. Spiegando come allenarsi, come scegliere le gare, i materiali, le regole da rispettare e magari regalandovi qualche segreto da vecchio atleta.
Siete pronti? La campanella è già suonata.
Credits cover: @Carlo Beretta
Silvia Bellini - 2023-01-18 08:15:26