Correre da soli o in compagnia?
La corsa a piedi è probabilmente il più solitario tra gli sport di endurance. A differenza del ciclismo, dove la compagnia è una necessità, soprattutto in gara, nella corsa è decisamente un aspetto mentale. L’impatto dell’aria nella corsa è minimale, soprattutto perché non è sfruttabile l’effetto scia e la fatica fisica la fai sempre e […]
La corsa a piedi è probabilmente il più solitario tra gli sport di endurance. A differenza del ciclismo, dove la compagnia è una necessità, soprattutto in gara, nella corsa è decisamente un aspetto mentale. L’impatto dell’aria nella corsa è minimale, soprattutto perché non è sfruttabile l’effetto scia e la fatica fisica la fai sempre e comunque tutta.
Correre in compagnia ha assolutamente effetti benefici. Sicuramente, durante allenamenti lunghi, consente di ammortizzare il senso di perdizione dopo l’entusiasmo iniziale. Nel caso invece di allenamenti più corti la corsa in compagnia beneficia dell’effetto stimolo: siamo animali e come tali l’agonismo è dentro di noi, chi più e chi meno.
Questo punto richiede però un ulteriore riflessione, ovvero la scelta degli sparring partner cioè dei compagni di avventura. Chi si adatta a chi? Se corri con qualcuno di un po’ più forte di te lo stimolo è tanto e i risultati sono premianti. Se i compagni invece sono tanto più veloci il rischio di spaccarsi o di venire “abbandonati” è alto. Così siamo passati a guardare l’altro lato della medaglia: se ti alleni con amici più “scarsi” il pericolo è che ti impegni poco anche tu. Diventa cruciale la scelta del “con chi correre”.
Per un periodo io e il mio socio eravamo in un produttivo equilibrio: io ne avevo di più sulla velocità, lui teneva un po’ di più. Negli allenamenti c’era sempre un forte stimolo ed entrambi riuscivamo a dare quel “di più” che per mesi pingava i nostri Garmin a dare forti segnali di miglioramento. Poi ha cambiato città… e niente.
I benefici di correre da soli sono soprattutto legati al prendersi tempo per se stessi e – come detto prima – a non essere legati a carenze altrui oppure sentirsi “un peso”. Per chi ha tempi molto ristretti il principale beneficio è di portare a zero i tempi di attesa: puoi avere amici puntualissimi, ma tra mettersi d’accordo e partire si perde (investe?) sempre del tempo.
Correre da soli è ZEN ma per spiegartelo ti segnalo un libro che mi ha regalato molto: Lo Zen e l’arte della corsa (Larry Shapiro). Il mio consiglio è di considerare il libro come un romanzo, di non farsi guidare ma di farsi stimolare. Diventa un’ottima lettura anche per quei momenti di buio, quando il traguardo o la fine dell’allenamento sembrano troppo distanti.
Correre da soli è anche qualcosa di allenanante: soprattutto per atleti delle lunghe distanze la probabilità di trovarsi in gara da soli è altissima. Se si è abituati a correre in compagnia, ci si potrebbe trovare in forte crisi. La musica può esserti d’aiuto ma non è detto che puoi sempre usarla in gara.
Poi c’è la corsa “di compagnia” – che adoro – ma si stacca fortemente dal concetto di performance. Un paio di volte l’anno organizzo corse cittadine “non organizzate” in cui l’obiettivo è stare insieme e finire la serata in pizzeria: passo politico, potabile per tutti, è unico goal stare sereni. Ma tutto ciò è distante dal mondo dell’allenamento e di arrivare preparati in gara.
A finire la carrellata c’è ovviamente correre con un coach: ormai la figura del “coach” online è sempre più usata da atleti di fascia basso-media ma il supporto di un trainer che ti segue (magari in bici) rappresenta una vera marcia in più: puoi correre leggero senza telefoni sacche o borracce, hai chi ti controlla il tempo indicandoti se accelerare o meno e nei momenti di down sicuramente sa trovare le parole giuste da dirti.
A volte corro con il mio bimbo, ma è una storia che ti ho già raccontato.
Te corri da solo o corri in compagnia? Come sono i tuoi compagni di corsa? Dai condividici la tua esperienza nei commenti.
Photo by Holger Link
Riccardo Mares - 2018-11-26 12:48:45