Veronica Yoko Plebani, un’atleta… estrema!

Veronica Yoko Plebani, un'atleta... estrema!

Lorenza Bernardi

Abbiamo incontrato Antonio Serratore, coach della triatleta paralimpica Veronica Yoko Plebani, argento alle Paralimpiadi di Parigi.

24 Settembre 2024

Condividi:

Io ho sempre definito Veronica (Yoko Plebani) un’estrema, perché è un’atleta pazzesca, ma soprattutto una persona incredibile, che va sempre al massimo. Una fucina di risorse. Allenarla, per me, è un privilegio‘.

Parola di Antonio Serratore, classe 1991, dal 2017 allenatore di Veronica Yoko Plebani, la paratriatleta che si è imposta nella categoria PTS2* prima alle Olimpiadi di Tokyo, vincendo un bronzo, e ora alle Olimpiadi di Parigi, conquistando un argento. Ma cosa vuol dire allenare un’atleta estrema come Veronica?

Chi è Veronica Yoko Plebani

Veronica nasce il primo marzo del 1996 e, proprio quell’essere nata a quasi inizio primavera, ha fatto sì che la madre, appassionata di filosofie orientali, le desse quel secondo nome così speciale. In Giappone ‘Yoko’ significa ‘figlia del sole’ e Veronica, di luce, ne ha sempre profusa tanta, nonostante le grandissime difficoltà della vita (che lei, però, chiamerebbe ‘opportunità’). Perché Veronica, all’età di 15 anni, è stata colpita da una meningite fulminante di tipo C che le ha lasciato cicatrici su tutto il corpo e la perdita di quasi tutte le falangi delle mani e l’amputazione parziale dei piedi.

Nonostante questo, grazie al suo carattere pieno di luce e complice un padre innamorato dello sport, Veronica ha subito reagito, capendo che da tutto quel dolore doveva farci qualcosa di creativo. Si è così buttata sugli sport, usando il suo nuovo corpo come una risorsa per performare. Sono arrivate le prime partecipazioni alle paralimpiadi, prima come snowboarder (Söci 2014), poi come canoista (Rio de Janeiro 2016) e infine come triatleta (Tokyo 2020 e Parigi 2024). Proprio così: Veronica ha partecipato alle paralimpiadi con tre sport differenti. Capite la forza della natura?

Ma è nel triathlon che Yoko, ‘la bambina del sole’, ha conquistato le medaglie.

L’approdo di Veronica nel triathlon

Ho incontrato Veronica per la prima volta all’Idroscalo di Milano, perché dovevo redigere una tesina sulla disabilità e un mio allievo triatleta mi aveva segnalato questa ragazza che faceva canoa‘, racconta Antonio Serratore. ‘Ricordo che mi colpì subito la sua fisicità, ma non nel senso delle sue cicatrici o della sua disabilità… nel senso della sua forza e potenza. Yoko spalancò le braccia sorridendo, come a dire, sicura: eccomi qui, guardami!’. Mi colpì la sicurezza che emanava e ho capito subito di avere a che fare con una persona speciale‘.

Antonio Serratore e Veronica Yoko Plebani

Quell’incontro è stato il primo semino, perché poi, dopo le Paralimpiadi di Rio del 2016, Veronica entra in contatto con il settore paratriatlon ed è subito amore. Le piace il gruppo (gestito dal tecnico federale Fitri Mattia Cambi, ndr) e le piace questa disciplina complessa, formata da tre sport faticosi, l’ideale per una ragazza che aveva fatto della sfida la sua cifra stilistica di vita. Infine voleva affrancarsi dalla canoa, che le aveva sempre dato il problema, mai risolto, della presa delle mani sulla pagaia.

Così Veronica approda alla triplice, e a fine 2017, quando nasce l’esigenza di avere un allenatore di triathlon al proprio fianco, si ricorda di quel ragazzo-coach che l’aveva intervistata all’Idroscalo. È fatta: a inizio 2018, Antonio Serratore viene assoldato dalla ragazza del sole’ e lui dedica tutte le mattine per allenarla.

Veronica Yoko Plebani, triatleta

Quando ho iniziato ad allenare Veronica per farle fare la sua distanza (sprint, ovvero 750 m di nuoto, 20 km di bici e 5 km di corsa, ndr), ho dovuto analizzarla sulle tre discipline per capire come farla performare al meglio‘, dice Serratore.

Se nel nuoto era chiaro che Serratore dovesse agire sulla parte tecnica, nella bici c’era un problema diverso, di tipo metabolico: durante gli allenamenti, il cuore di Veronica si alzava subito a dismisura. In poche parole, Veronica doveva costruire una base aerobica, ovvero chilometri sulle gambe a basso ritmo.
Nella corsa, invece, c’era un problema di tipo meccanico: Veronica correva indossando scarpe con un sostegno che andava da sotto la suola fin sotto il ginocchio. Queste calzature non solo erano poco elastiche, ma in più provocavano ulcere ai piedi, tanto che al termine di ogni allenamento, Veronica doveva correre e medicarsi, sopportando dolore e frustrazione. Per fortuna, poco prima delle Olimpiadi di Tokyo, Plebani riesce a entrare in graduatoria per ottenere le protesi elastiche con cui l’abbiamo poi vista gareggiare. Il risultato è stato un meraviglioso bronzo, conquistato anche grazie a una frazione di corsa molto più competitiva (e senza ferite).

Le due Olimpiadi

Sono state due Olimpiadi completamente diverse‘, afferma Serratore, ‘ognuna con i suoi pro e i suoi contro. Tokyo l’ho vissuta a 360° perché ero all’interno della Federazione (aveva un ruolo Federale nel settore paralimpico, ndr), quindi sono stato molto presente. Veronica e io puntavamo a una medaglia, visto che potevamo contare sulle nuove protesi fabbricate dal centro di Budrio, ma il clima di Tokyo sarebbe stato un problema’.   

Le Olimpiadi di Tokyo

Il clima sarebbe stato un problema per l’alto tasso di umidità della capitale giapponese: se già avrebbe dato filo da torcere a qualsiasi atleta, per Veronica, il cui corpo è coperto da cicatrici che non fanno traspirare la pelle, sarebbe stato un calvario. Il corpo, come sappiamo, mantiene sotto controllo la temperatura attraverso la sudorazione.
La tattica adottata da Serratore è stata non solo di preparare preventivamente Plebani con sessioni di rulli in piscina (per ricreare l’umidità), ma anche di avere una borraccia refrigerata in gara, per la frazione di bici. ‘Peccato che Veronica l’ha persa dopo pochi chilometri‘ dice, ridendo, Serratore. Alla fine è andata comunque bene e Veronica ha realizzato il sogno di salire sul podio paralimpico alle spalle delle sole americane Allysa Seely (che ha bissato il successo di Rio 2016) e Hailey Danz (Usa).

Le Olimpiadi di Parigi

Alle Olimpiadi di Parigi, Plebani e Serratore si presentano con un percorso completamente diverso: non più allenamenti quotidiani condivisi, ma un rapporto a distanza fondato sulla completa fiducia, visto che Veronica si è trasferita da tempo a Bologna per studiare all’Università. Dopo essere stata sotto i riflettori delle Olimpiadi di Tokyo, la vita di Veronica è cambiata e sono fioccate opportunità nel mondo della moda. Naturale che capitasse, vista la personalità estrema e dirompente di Veronica.

Ma gli ultimissimi mesi prima delle Olimpiadi, Veronica si trasferisce di nuovo a Palazzolo per allenarsi a stretto contatto con Serratore e poi, insieme, vanno a Livigno per le ultime rifiniture. I pensieri di entrambi sono unanimi: difficile conquistare un’altra medaglia, a Parigi. Sarebbe stata una bella partecipazione, certo, perché Veronica, da estrema quale è, ci avrebbe messo il solito cuore, ma le aspettative sono realistiche, e le avversarie sono le solite (e solide) americane Seely e Danz. In più si è aggiunta l’emergente e forte atleta australiana Anu Francis.

Veronica Yoko Plebani al traguardo a Parigi non crede di aver fatto argento

Siamo arrivati a Parigi allenati in modo diverso, facendo tutti i giorni tutte e tre le discipline. Le ultime due settimane di Livigno, Veronica si è allenata davvero bene, tanto che ho iniziato a pensare all’esito di gara in modo diverso‘ dice Serratore. ‘Veronica avrebbe dovuto fare il suo nel nuoto e nella corsa, mentre avrebbe dovuto fare il botto in bici’.
Ed è quello che succede, perché Veronica, durante la gara del 2 settembre, riesce a spingere quei 10 watt in più in bici che fanno la differenza contro l’americana Seely (poi arrivata terza). Veronica chiude seconda, dietro l’inossidabile Danz. L’australiana è quarta.

Chissà com’è arrivare alle Olimpiadi senza aspettative e poi salire sul secondo gradino del podio!

Piccola nota glamour: al termine della gara, Veronica organizza una splendida festa su un battello e indossa uno dei tre vestiti che la casa di moda Versace le ha mandato prima che partisse, ovvero un vestito nero, uno oro e uno argento. Lei aveva amato fin da subito quello argento, e alla fine il pronostico si è avverato…

Veronica Yoko Plebani durante il party di Parigi vestita Versace

E adesso?

Cosa farà Veronica Yoko Plebani? Ci sarà spazio per un’altra Olimpiade o si immergerà completamente nelle sue nuove e numerose attività che spaziano dalla moda e alla comunicazione?
La risposta è che ancora non si sa: da una persona così poliedrica ed estrema ci si può aspettare di tutto. Perché Veronica è imprevedibile, come i raggi di sole che filtrano tra le foglie degli alberi e non si sa mai che giochi di luce creano.

Antonio Serratore vorrebbe continuare nel settore del paratriathlon, vestendo però la maglia della nazionale perché gli piace indossare quell’azzurro-Italia. ‘Vorrei vivere la prossima Olimpiade come protagonista, sento di avere maturato la giusta esperienza per dare il mio contributo in prima linea. Ci credo, come credo nel circolo virtuoso: poco dopo le Olimpiadi, sono stato contattato da un nuovo atleta paralimpico che vorrebbe essere seguito da me‘.
E c’è da credere che tutto questo può avverarsi, perché la vita di Antonio Serratore è stata costellata da continue conquiste, sognate e volute prima di tutto da lui. Da allenatore di calcio a istruttore di nuoto, la laurea in scienze motorie, l’approdo come atleta e coach di triathlon, nel 2015: tutte decisioni, le sue, che lo hanno fatto approdare a nuovi cambiamenti, nuove vite e percorsi.

Ma il cambiamento più grande l’ho fatto entrando nel mondo della disabilità’, afferma. ‘Prima che arrivasse Veronica, pensavo a questo mondo come qualcosa che non mi appartenesse, qualcosa di lontano. E no, non mi interessava per nulla. Invece mi sono ricreduto e ho visto che la mentalità agonistica di Yoko era esattamente (se non di più) come quella delle atlete e degli atleti normodotati. Non c’era nessuna differenza, ero io ad avere avuto dei pregiudizi‘.

Solo un’atleta estrema come Veronica Yoko poteva innescare questo ennesimo e importante cambiamento per il suo coach. Perché il rapporto che si instaura tra un allenatore e un’atleta è sempre un meraviglioso scambio.


* Include tutti gli atleti che hanno subito l’amputazione a una gamba al di sopra del ginocchio, o hanno entrambi gli arti inferiori affetti da amputazioni, paresi, atetosi o gravi limitazioni di forza o range articolare.

condividi

commenti

Ancora nessun commento inserito. Vuoi essere il primo a commentare?

scrivi commento

scelti per te

adv
adv
vai su

Endu

rispettiamo l'ambiente

Questa schermata consente al tuo schermo di consumare meno energia quando la pagina non è attiva.

Per continuare a navigare ti basterà cliccare su un punto qualsiasi dello schermo o scorrere la pagina.

Clicca qui se invece vuoi puoi disabilitare questa funzionalità per i prossimi 30 giorni. Si riattiverà automaticamente.
Info
Trovata una nuova versione del sito. Tra 5 secondi la pagina sarà ricaricata
Attendere...

Se non vuoi attendere clicca questo link