Continua l’avventura di Omar Di Felice
Lo ha fatto Omar di Felice, l’ultracyclist avventuriero che proprio in queste settimane è impegnato nel suo “The Artic World Tour”, una sfida estrema nelle terre artiche di cui abbiamo già raccontato su ENDU.
Si tratta di un viaggio in bici in solitaria e in autonomia lungo e attraverso le tre linee di demarcazione dei confini artici. Dopo aver pedalato in Kamchatka, in Lapponia e sulle isole Svallbard, Omar si è avventurato fino in Groenlandia, dove ha seguito l’Artic Circle Trail, un trail di circa 200 km.
Di Felice ha completato il trail da Ice Cap a Sisimiut percorrendo 224 km con 4000 metri di dislivello in 7 giorni, 4 ore e 55’.
Chi vuole conoscere nel dettaglio il tracciato e seguire Omar in tempo reale, può farlo attraverso “ENDUlive”, il sistema di tracciamento realizzato da ENDU. ENDUlive riceve il segnale dei dispositivi inReach e permette di visualizzare costantemente la posizione di Omar sulla mappa.
Da lui, invece, ci siamo fatti raccontare anche questa parte di viaggio, per lui la più impegnativa.
“L’Artic Circle Trail è una pista fatta di sentieri che in realtà cambiano in base alla stagione. In inverno laghi e fiumi ghiacciano e quindi si preferisce attraversarli anziché circumnavigarli salendo magari sopra qualche collina o punto più elevato. Ci ho impiegato poco più di una settimana, durante la quale ho dovuto osservare una sosta di 36 ore a causa di forti bufere di neve. Quando i venti sono così agitati, la neve si alza e si crea quello che in gergo è definito “Whiteout”: una sorta di nebbia di neve e vento gelido fortissimo che impediscono di vedere a una spanna dal proprio naso. Impossibile proseguire in condizioni così. Non c’era proprio la possibilità di capire dove andavo.
Perciò ho atteso che la bufera si calmasse.
A quel punto sono risalito a bordo della mia fatbike Wilier, la stessa bici che ho utilizzato anche sulle Isole Svallbard. Dietro avevo montato una slitta carica con tutto l’equipaggiamento che mi è servito per essere autonomo al 100%. Avevo scorte di cibo per una settimana e anche tutto il combustibile necessario per cucinare la sera e accendere le stufette che ho trovato dentro le cabin.
Le cabin sono piccole baracche di legno, una sorta di rifugio di montagna ma più spartano, che si trovano lungo il trail e che sono a disposizione di escursionisti, cacciatori e commercianti locali che si muovono da una centro abitato all’altro per trasportare cibo e beni di prima necessità.
Ne ho trovate parecchie lungo il mio percorso e per questo non ho mai montato la tenda che avevo con me, preferendo dormire là dentro. Stendevo semplicemente per terra il mio materassino gonfiabile e il mio sacco a pelo Ferrino per alta quota, il modello Revolution 1200.
C’è da dire che per quanto fossi al chiuso, dentro le cabin la temperatura era intorno ai -15°C… Fuori ce n’erano circa -30°C…
È stato un viaggio diverso a quello a cui sono abituato. Avevo una bici da 20 kg con una slitta di altri 50 kg. E non è che abbia sempre pedalato. Tutt’altro… ho trascorso una giornata intera solo a spingere la bici a piedi, a causa della neve poco compatta. Anche sulle colline e sugli strappi più duri in salita ho dovuto scendere di sella il più delle volte. Sganciavo la bici dalla slitta. Portavo prima la bici in cima, spingendola a piedi. Poi scendevo e recuperare anche la slitta e portarla in cima attraverso una serie di cinghie che avevo legate al corpo.
È stata a tutti gli effetti un vero e proprio cammino. Direi la porzione di viaggio più impegnativa. Fisicamente è stata dura perché ha coinvolto anche alcuni distretti muscolari che di solito non utilizzo. Ho camminato, spinto, tirato. È stata una settimana incredibile. Tutta questa avventura mi ha anche insegnato a fare un uso parsimonioso delle mie risorse. Sia a livello di energie fisiche, sia per il cibo, che ho razionato.
Ora mi attende l’Islanda. Sarà un’avventura più semplice rispetto a quella appena conclusa e potrò godermela un po’ di più. Conosco già il territorio islandese, anche se questa volta esplorerò una regione nuova per me. So comunque che potrò contare su condizioni meteo più clementi, le temperature saranno migliori grazie alla Corrente de Golfo.
Aggancerò il pedale il 16 marzo e conto di pedalare per quattro giorni fino a raggiungere il ghiacciaio dello Okjökull, il primo ghiacciaio che è stato dichiarato ufficialmente morto a causa del riscaldamento globale. Per arrivare in cima, lascerò la bici a valle e completerò la mia avventura con un trekking in salita a piedi.”
Maurizio Orlandini - 2022-03-24 10:12:10