Sport ai tempi del Coronavirus
Quando sei un atleta olimpico, vivi già di per sé dentro una bolla. Non sei così abituato ad uscire, fare serate, vedere gli amici, vivere insomma la realtà come per la maggior parte delle persone. Perché, tendenzialmente, tu sei in ritiro. Che non è spirituale, per carità, però sei davvero “ritirato”.
Durante l’inverno, in un villaggio turistico a Fuerteventura. Nel resto dell’anno, in altri luoghi sparsi per il mondo: Arizona, Pirenei, passando da 30° e terre arse dal sole a 10° a giugno-luglio, quando ti va bene, e con piogge pressoché quotidiane. A marzo siamo stati in Florida, dove avremmo dovuto rimanere fino a metà aprile; era caldo, c’era sempre il sole, le case erano tutte enormi, dotate di tutti i confort, piscina inclusa.
In quei giorni seguivamo con apprensione l’evolversi della situazione Coronavirus in Italia, fino al momento in cui siamo dovuti rientrare in tutta fretta quando l’epidemia ha iniziato a diffondersi pesantemente anche negli USA. E da lì, rientrando da un viaggio, eccoci a vivere l’esperienza dell’isolamento fiduciario per 14 giorni.
Sfida interessante passare dal triplo allenamento quotidiano all’aperto, allo stare chiusi in casa senza poter uscire neanche per fare la spesa. L’aspetto positivo, ovviamente, è il poter stare insieme 24ore su 24 che, tenendo conto delle sue uscite eterne di snorkeling e delle ore passate in palestra sulla cyclette, manco in viaggio di nozze siamo stati sempre insieme così.
Nella difficoltà della quarantena, siamo stati comunque fortunati: Ale aveva a disposizione giardino e scale, e la metamorfosi in alacre criceto si è realizzata in maniera piuttosto rapida e indolore. La corsetta quotidiana durava dai 45’ all’ora, sempre intorno, cambiando verso ogni tanto, ma devo dire con una costanza ammirevole: io l’ho fatto un paio di volte e dopo 10’ potevo già tranquillamente mollare.
È stato comunque dimostrato che l’ingegno si attiva notevolmente in situazione di necessità: non avendo molto materiale per fare esercizi, come i pesi, ho rischiato di trovarmi litri di latte trasformati in panna montata dopo essere stati inappropriatamente usati come pesetti. Ah, vogliamo poi parlare di quando ha usato ME, come peso, legando l’elastico al mio sgabello e dicendomi: “Stai seduta lì e fammi da contrappeso”?
In ogni caso, il tempo in quarantena è passato anche velocemente: certo, noi eravamo “freschi”, quando abbiamo iniziato il resto dell’Italia era già bloccato da due settimane, quindi all’inizio è stato anche piacevole avere un tempo e un ritmo rallentati, poter non mettere la sveglia, vivere le giornate con tranquillità. Tra l’altro, non ci siamo neanche particolarmente impegnati a riprendere il fuso giusto: andavamo a letto tardi, ci svegliavamo sempre più tardi, la colazione finiva alle 11 e quindi l’ora di pranzo saltava in tronco, ma poi alle 4 ci veniva fame di nuovo, anche se certo non puoi farti l’insalatona alle 4 del pomeriggio. Insomma, quelle 5 ore di fuso dalla Florida ce le siamo portate avanti per un bel po’.
Gli effetti della quarantena, invece… Beh, quelli si sono visti da subito. Al giorno 5 il livello di ilarità di Ale si manifestava già pesantemente: rideva senza reale motivo, al di là dei video scemi che giravano un po’ nei telefoni di tutti. Più che altro, anche dopo alcune ore, ci ripensava e rideva ancora, così, dal niente. Riceveva un sacco di chiamate, faceva videocall con tutti, sponsor, interviste… Poi la sera chiamavamo i nostri amici, e lui era gasatissimo, tutto contento, felice di avere così tanto tempo da dedicare loro, anche se solo attraverso un telefono. E il suo entusiasmo: “Certo che mi piace sta cosa, potermi dedicare alle relazioni, che bello!”.
La vera natura dell’atleta, comunque, non va mai in quarantena: rimane lì, c’è, si manifesta in cose diverse, magari, ma viene fuori. Come? Una sera giochiamo a scala 40. Lui un po’ controvoglia, dice che in due non è bello, in realtà gli brucia ancora la sconfitta di Natale 2018, quando a casa sua, in 5 giocatori che eravamo, ho vinto io tipo 7 partite su 10. Giochiamo, e vince lui la prima. Inizia a far le carte e mette le mani avanti: “Oh, questa è l’ultima però..” E io: “E perché scusa? Hai pure vinto tu!”. “Appunto! Per una volta che ho vinto, non voglio darti la possibilità di recuperare, col cu.. che hai!”. Alla fine abbiamo fatto la seconda partita, e la bella. Ovviamente ho vinto io.
Per quanto riguarda la competitività degli atleti su Zwift in bici col ciclomulino, credo sia meglio non esprimersi.
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