Evoluzione della Scarpa da Running

Evoluzione della Scarpa da Running

Riccardo Mares

Come è cambiato il mondo delle scarpe da running? Come cambierà nel futuro e quale ruolo avranno le nuove tecnologie per i corridori “normali”?

12 Aprile 2021

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Il mercato della scarpa da running negli ultimi anni ha subito una pesantissima evoluzione. Era solo il 2004 quando il colossale Stefano Baldini tagliava il traguardo olimpico ad Atene con le sue ASICS personalizzate, nome in codice Tharther.

Oltre ad essere una scarpa su misura, rarità per i tempi, la scarpa del Capitano era davvero semplicissima: intersuola in SpEVA, drop 10 (15/25), già del GEL sul tallone e peso di 170 g per il numero 40. In casa ASICS la Tharther esiste ancora, o meglio esiste la sua discendente TARTHEREDGE™ che rivede molte delle caratteristiche native, ma trova nell’intersuola il FLYTEFOAM™ Propel, una delle mescole più reattive di casa Kobe.

Da qualche anno le griglie di partenza delle competizioni più importanti del mondo hanno visto un forte mutamento: Nike – con il progetto AlphaFly – stava dando inizio ad una lunga fase di predominio con una scarpa nettamente differente da quella di Baldini: suola altissima, mescole morbidissime e intersuola con lamina (o lamine) di carbonio.

La regina ha il nome di Nike Air Zoom Alphafly NEXT%, pesa 210 g (n° 42) e presenta un differenziale di solo 4mm, ma che corrisponde a un 39mm – 35mm, ovvero quasi 4 cm sotto ai piedi. Ovviamente è presente un piatto suola in fibra di carbonio a tutta lunghezza scarpa.

Perché il carbonio

Ho indossato una scarpa con piastra in carbonio a cavallo degli anni 90. Non ero certo un corridore, tanto meno un tester di scarpe. Giocavo a volley e la Mizuno aveva inserito sul mercato una scarpa con un grip spaventoso, per contrastare l’allora dominio ASICS e al centro vi era una piastra di carbonio per garantire stabilità al piede e ridurre gli effetti dei continui balzi.

Oggi il carbonio viene utilizzato per sfruttare la sua caratteristica principale: l’elasticità.  Penso che tutti ricordiamo le protesi di Pistorius in carbonio, che lo facevano letteralmente volare, dandogli addirittura un vantaggio competitivo sui normodotati.

Oggi il carbonio, legato ad altre tecnologia di “trasmissione della potenza” ha l’obiettivo di accumulare la potenza di spinta degli atleti e fare in modo di restituirla nel modo più corretto possibile. La domanda vera è: il tuo piede è pronto a farlo?

Per chi sono le scarpe evolute in carbonio?

Nonostante il lock-down prolungato, abbiamo fatto un po’ tutti tempo a vedere in mezza maratona e maratone atleti equipaggiati con costosissime scarpe (sono tutte più o meno tra i 250-300€) nelle griglie più arretrate: a differenza degli sport automobilistici, avere l’ammiraglia non è proibitivo.

Il tema vero è: correrai più forte con quelle scarpe? O stai rischiando di farti più male.

Tutti i brand continuano a segnalare come siano scarpe dedicate ad atleti elite ovvero ad atleti veloci e leggeri e – in modo trasparente – sottolineano come l’utilizzo di una scarpa attiva (a differenze delle calzature del passato “passive” che dovevano solo ammortizzare e guidare) richieda un sistema biomeccanico in grado di conferire la corretta spinta ma soprattutto di recepire il ritorno di forza dalla scarpa.

È fondamentale identificare che “veloci” nel gesto del running possono identificarsi quegli atleti in grado di correre gare lunghe (mezze / maratone) ad un ritmo inferiore ai 4 minuti al km!

Quale sarà il futuro della scarpa?

Come nella F1 o nella MotoGP – qui riprendo le parole dello stesso Stefano Baldini ascoltate in una interessante intervista per il lancio delle nuove ASICS METASPEED™ – le innovative scarpe da running sono il massimo che il mercato oggi possa offrire, ma che rappresentano accessibili prototipi accessibili ad un pubblico enorme ma comunque riservate ad un pubblico molto ristretto.

Diventa però importante considerare – e qui l’analisi del passato ci può aiutare – come lo studio della biomeccanica e l’ingegnerizzazione di nuove tecnologie consenta alle più importanti case sportive che “imparare” a creare nuovi prodotti che poi verranno declinati anche nelle versioni per i runner normali, ovvero quelli che vogliono poter accedere al mondo della corsa – anche a quello delle lunghe distanze – con vantaggi competitivi dell’uso di un prodotto e soprattutto con una riduzione degli infortuni.

Ma quindi il natural?

Tecnologia vs natura. Carbonio vs sandali. Ho corso diverso tempo con scarpe bassissime (natural) e senza drop (barefoot). Ho amato particolarmente le sensazioni e i la filosofia alla base di questa scelta.

Il grande però è rappresentato da due grandi scenari:

  • Agonistico: la scarpa oggi è palese porti un vantaggio competitivo. Ciò significa che se sei un tapascione, e ti “carbonizzi” non vinci le gare, ma se sei un PRO sai che qualche secondo lo limi.
  • Popolare: il percorso “natural” è lungo e richiede molto impegno.

Se il primo punto è molto semplice da capire, il secondo richiede una particolare attenzione. Se è vero che l’uomo sia nato per correre scalzo, è vero anche che l’uomo moderno trascorre probabilmente l’80% del suo tempo seduto o dormiente.

Scegliere di correre natural – magari un giorno tornerò pure io – richiede un percorso propedeutico per non incorrere in infortuni. Il movimento della corsa, l’allenamento del piede, il suo stretching, il controllo del peso, sono tutte istanze che richiedono un investimento di tempo. Il percorso natural richiede molta pazienza: bisogna prenderlo con cautela, regolare le uscite, rafforzare tutto il sistema biomeccanico.

È innegabile che le moderne tecnologie, fatte di mescole ammortizzanti sistemi di controllo del movimento del piede, consentono anche a chi “non potrebbe permetterselo” di accedere al mondo della corsa con un discreto livello di sicurezza: non mi pare poco.

Ma domani? 

Onestamente non so rispondere a questa domanda e cosa ci potrà riservare il futuro della scarpa da running. Un regolamento da parte delle federazioni mondiali – come già successo nel mondo del nuoto con i famosi body – è già stato ufficializzato, vedremo se la tecnologia evolverà presenterà nuove scoperte in grado di farci sfrecciare come missili con il minimo sforzo.

Chiudo ancora una volta con le parole del saggio Baldini: se la scarpa da running innovativa ha portato un miglioramento dei tempi medi, resta comunque il fatto che la sua disponibilità a tutti gli atleti di alto livello alzi l’asticella di tutti e che quindi la costante dell’impegno per battere se stessi e gli avversari non cambi assolutamente.

Grazie per avermi dedicato il tuo tempo.

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commenti

Ciao Emanuela, la scelta della scarpa da running dipende da una grande quantità di fattori. Dinamica e tonicità - oltre che alla scarpa - significa farsi seguire da un bravo coach in grado di farti una ottimizzazione della corsa e affiancare alla corsa esercizi di potenziamento o di dinamica (tipo le andature). Anche l'età è importante: certe tipologie di andature non sono indicate oltre una certa età, per l'eccessiva rigidità tendinea: si rischia di fare danni. Per quello - almeno nella fase iniziale - è sempre consigliato farsi seguire. Poi l'uso di una scarpa "estrema" può essere fatto per allenamenti veloci, tipo ripetute da 500-1000 o corse 3-5000, in cui si possono garantire passo-cadenza di qualità e freschezza muscolare/tendinea. Grazie

Riccardo Mares - 2021-04-20 11:02:36

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