Prevenzione degli infortuni nella corsa: scienza, fortuna o un training specifico?

Prevenzione degli infortuni nella corsa: scienza, fortuna o un training specifico?

Simone Diamantini

I carichi a cui piede, caviglia e ginocchio, muscoli, legamenti e tendini si sottopongono, risultano essere tra le cause principali dei comuni infortuni del podista.

15 Dicembre 2021

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I particolari possono fare la differenza

Durante la corsa si applica un carico agli arti inferiori, a partire dal piede, che può avere ripercussione su tutta la struttura ossea se non abituata a questo stress. In questo caso, l’interesse, si concentra sugli arti inferiori. I carichi a cui piede, caviglia e ginocchio, muscoli, legamenti e tendini si sottopongono, risultano essere tra le cause principali dei comuni infortuni del podista. Si comprende dunque l’attenzione posta alla loro riduzione.

Lo studio dei carichi nella corsa è dunque alla base del tentativo di risoluzione dei principali problemi che affliggono i corridori.

Durante la corsa il carico applicato come reazione al terreno del soggetto varia in funzione di alcuni fattori:

  • in relazione alla velocità e tempi di appoggio (cadenza)
  • in relazione al peso
  • in relazione alla tecnica del movimento
  • in relazione al fondo
  • in relazione alla calzatura

I primi 3 fattori sono interni e si può parzialmente incidere volontariamente sul peso e sulla tecnica di corsa per diminuire il carico, mentre la velocità rimane l’obiettivo primario. Gli ultimi due fattori sono esterni e un intervento è più probabile sulle calzature che sui fondi.

Velocità di corsa e tempi d’appoggio

A basse velocità, i tempi d’appoggio dei piedi a terra, sono molto lunghi, più la velocità aumenta e più i tempi naturalmente diminuiscono.

Se la corsa è lenta o meglio se corriamo lentamente allora la calzatura non deve essere troppo leggera e deve avere caratteristiche di stabilità, viceversa se la velocità di corsa è elevata la scarpa sarà molto tecnica e specialistica.

Dovete però non dimenticarvi di prestare attenzione ad un parametro, che troppo spesso non si tiene in considerazione: la cadenza di corsa (il numero di passi).

 

 

Cadenza di corsa

Invece che comprare sempre più scarpe ammortizzanti per ridurre i nostri impatti è meglio adottare come strategia, l’incremento della nostra cadenza ossia il numero di passi nell’unità di tempo.

Può essere la chiave per ridurre al minimo gli stress, riducendo per conseguenza i tempi di volo e le energie negative al suolo. La cadenza ideale è 180 passi al minuto (ovviamente con le dovute specifiche rispetto all’altezza del soggetto). Questo parametro se adottato può incidere criticamente sulla riduzione dei piccoli o grandi infortuni e può, migliorando l’economia di corsa e il suo costo energetico, aumentare la performance.

Come posso controllare la cadenza? Oggi con i moderni smartphone o ancor meglio con i moderni GPS si può accedere live al controllo di questo parametro e poter avere in tempo reale questo dato.

Attraverso la lettura di queste informazioni possiamo verificare se la nostra “meccanica” di corsa e postura sia corretta (cadenza corretta, oscillazioni verticali ridotte…).

 

 

  • p/min = passi al minuto
  • ms = millisecondi

 

Il peso corporeo: maggiore è il peso corporeo dell’atleta e maggiori saranno gli impatti con il terreno. In questo caso la calzatura deve possedere materiali e sistemi d’ammortizzamento adeguati al peso del soggetto.

Per l’amatore conta di più il controllo del peso che l’allenamento

Anche per l’atleta professionista mantenere un peso forma è fondamentale, ma per conseguire certi traguardi il modello nutrizionale da lui seguito è certamente attento e monitorato. Per chi corre solo per piacere o per sentirsi in forma, il discorso è diverso: ci sono runner che corrono da anni pur essendo in sovrappeso, sottoponendosi ad allenamenti a volte estenuanti per preparare una gara a cui tengono particolarmente; è anche purtroppo comune vedere principianti iniziare stressanti programmi di allenamento con dieci o più chilogrammi di sovrappeso.

Tutto ciò è da evitare!

Quanto si perde, in velocità per ogni chilogrammo?

In modo empirico, e poco scientifico, si può analizzare come indicato in seguito…Nelle gare di resistenza (diciamo dai 5000 m in poi) la perdita di prestazione dovuta al sovrappeso dipende dal peso dell’atleta e dalla sua prestazione attuale. Se T è il tempo al km in secondi e P è il peso in kg,

1 kg di peso può essere valutato in circa T/P sec/km

Così un atleta che va a 3’30″km e pesa 70 kg perderà, a causa di un kg in più, circa 3″/km (210/70). Un top runner pesante 60 kg e che va a 3’/km altrettanto (180/60). Questi dati possono portare a un’errata generalizzazione, portando a credere che la perdita prestativa sia sempre compresa fra 2 e 4″/km. In realtà, per esempio, un amatore di 60 kg che va a 5’/km perde circa 4-5″/km per ogni kg di sovrappeso, così una donna principiante di 50 kg che va a 6’o 7’/km perde circa 5-6” /km per ogni kg di sovrappeso.

Ovviamente sono dati empirici, poco precisi (soggetti di sesso femminile e più leggeri soffrono molto di più un kg di sovrappeso rispetto a soggetti alti e pesanti di sesso maschile) ma offrono un esempio chiaro di cosa realmente e criticamente influenza la nostra corsa a piedi.

Praticamente non esiste alcun allenamento che consenta a un atleta adulto già in peso forma e in attività da almeno un anno un tale miglioramento. Anzi, molto spesso gli effetti dell’allenamento sono amplificati a scapito di quelli ottenuti con una riduzione del peso corporeo. Con un semplice calcolo, per un determinato atleta si può per esempio valutare che se perde 4-5 kg di grasso (non di massa magra!) e migliora di 12 sec/km, 3” possono essere dovuti all’allenamento e i restanti alla diminuzione di peso.

Questo calcolo è tanto più affidabile quanto ci riferiamo a principianti, più il livello si alza e più difficilmente si ha riscontro di questi dati.


Simone Diamantini

www.coachdiamantini.com

 

 

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