Perchè molti triatleti collassano sulla finish line?

Perchè molti triatleti collassano sulla finish line?

Redazione ENDU

Durante l’International Triathlon Union’s Grand Final, l’atleta inglese Jonny Brownlee ha rischiato di cadere a terra incosciente a pochi metri dal traguardo, che ha poi tagliato grazie al sostegno del fratello. Quello che è successo a Bronwlee è una piaga sempre più frequente tra i triatleti, scopriamo perché… L’atleta 26enne, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio, era […]

4 Ottobre 2016

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Durante l’International Triathlon Union’s Grand Final, l’atleta inglese Jonny Brownlee ha rischiato di cadere a terra incosciente a pochi metri dal traguardo, che ha poi tagliato grazie al sostegno del fratello. Quello che è successo a Bronwlee è una piaga sempre più frequente tra i triatleti, scopriamo perché…

L’atleta 26enne, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Rio, era quasi giunto al traguardo e avrebbe vinto la finale dell’International Triathlon Union, svoltasi a fine settembre a Cozumel in Messico, se a pochi passi dalla finish line non avesse iniziato a barcollare. Solo il sostegno del fratello maggiore, che correva in terza posizione, gli farà tagliare il traguardo, dove poi si accascerà quasi incosciente.

Cosa è successo? Quello di Jonny, in effetti, è stato solo uno dei numerosi e sempre più frequenti casi, specialmente tra i triatleti, ricordiamo, per esempio, un episodio simile durante le Paralimpiadi di Rio alla triatleta americana Liz Baker.

Ma si potrebbero citare tanti altri casi, perché è piuttosto frequente assistere al collasso di atleti subito dopo il traguardo.

Perché succede sempre vicino alla finish line, quando magari c’è in gioco una vittoria importante? Perché qualcosa nel fisico dell’atleta non sta funzionando e, secondo il parere di Brent Ruby, professore dell’Università del Montana, non vi sono dubbi sulla diagnosi di Brownlee, che correva in una giornata molto calda e umida per vincere il titolo: “Non centra nulla con l’energia né con una quantità troppo elevata di lattato, l’unica risposta è il ‘surriscaldamento’”.

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Copyright: sainthorant daniel

Ruby studia, ormai da diversi anni, gli effetti del caldo sul corpo umano. Secondo i suoi studi esisterebbe un legame tra la temperatura e la performance, specialmente in atleti che praticano sport “estremi” come l’ultra running piuttosto che il triathlon.

Gli esseri umani si sono evoluti per regolare la loro temperatura corporea. La capacità di dissipare il calore corporeo è un’evoluzione data dalla combinazione tra la temperatura esterna e l’esercizio fisico. In situazioni estreme, quando la temperatura corporea supera i 40°C per mezzora o poco più, gli organi possono addirittura iniziare a “cuocere”, questo è il parere di Robert Huggings vice presidente del centro di ricerca dell’Università del Connecticut Korey Stringer Institute, il quale ha studiato la morte prematura di atleti per cause apparentemente ingiustificate

Mantenere una temperatura corporea troppo elevata per un lungo periodo di tempo può causare danni al fegato, ai reni, scompensi cardiaci, danni al cervello e, nel peggiore dei casi, la morte.

Cosa è successo dunque a Bronwnee? Il suo cervello surriscaldato ha cercato di impedire al corpo di continuare a produrre calore, tentando di farlo cadere a terra. Spesso questo problema viene imputato alla scarsa idratazione, tuttavia mentre la disidratazione può acutizzare il problema, il bere grandi quantitativi di liquidi non impedisce colpi di calore, di conseguenza, non è detto che un corpo ben idratato non continui a soffrire di colpi di calore. Gli atleti professionisti, inoltre, sono ancora più a rischio di collasso “da traguardo” perché sono anche “allenati” a ignorare i campanelli d’allarme. Questa è l’opinione di Chad Asplund, triatleta e direttore dell’istituito di medicina atletica della Georgia Southern University. Asplund sottolinea ciò che alcuni studiosi definiscono “central governor theory” (letteralmente: teoria del governatore centrale, ndr): il cervello agisce come un freno per impedire al corpo di lavorare troppo, in poche parole, appena riceve le prime avvisaglie rallenta o ferma il corpo prima del disastro. Ma secondo Asplund, che ha trascorso la maggior parte della sua carriera studiando le cause dei collassi negli atleti, gli elite sono in grado di mettere il silenziatore a questi campanelli d’allarme: “Gli atleti professionisti sono in grado di controllare molti di questi segnali che a chiunque altro invece direbbero: Hey, tu stupido, rallenta!”

 copyright: Trybex / Shutterstock.com

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Perché il traitleta è più a rischio? Perché esistono delle peculiarità proprie solo di questo sport: l’acqua durante il nuoto e l’aria nel tratto di bici aiutano l’atleta nel controllo della temperatura corporea, ma negli ultimi km di corsa la brezza non è sufficiente a raffreddare il corpo, spingendo dunque gli atleti oltre i limiti”. Si tratta di un fenomeno frequente anche tra i podisti che si dedicano a lunghe maratone, ma anche a maratone brevi e intense in condizioni estreme. I casi più eclatanti secondo Robert Huggings si sono registrati alla famosa Falmouth Road Race, una gara podistica relativamente corta, ma che si tiene sul lungomare di Cape Code la terza settimana di agosto. Le condizioni hanno quasi ucciso il grande maratoneta Alberto Salazaar, che nel 1978 è collassato appena dopo aver tagliato il traguardo. Lo studioso dell’Università della Georgia insieme al suo staff partecipa a questa manifestazione come soccorritore volontario, stazionando dopo la finish line con secchi di acqua ghiacciata e, intanto, studia gli effetti sugli atleti. Quella dello scorso anno è stata l’edizione peggiore con oltre 100 partecipanti soccorsi per surriscaldamento e addirittura 34 casi con colpo di calore.

Mentre per una gara di Ironman, oltre al caldo, incide anche la lunghezza, per questa gara podistica il fattore scatenante, oltre al caldo, è la velocità, visto che i corridori migliori terminano la maratona sotto le tre ore con una temperature esterna di oltre 30°C.
Cosa deve fare un atleta per essere fisicamente pronto per un running estremo ad alte temperature?

L’idratazione è fondamentale, ma non bisogna ignorare i campanelli d’allarme inviati dal corpo. Raffreddarsi con una bandana fredda o indossare un berretto bagnato può aiutare, ma se un atleta inizia ad avere le vertigini, barcolla o pronuncia parole confuse, è il momento di un bagno ghiacciato. È fondamentale raffreddare qualcuno con ha un colpo di calore entro 30 minuti. Un altro importante accorgimento per non arrivare a uno stadio simile è quello di cercare di acclimatarsi al caldo durante gli allenamenti. Un paio di settimane di allenamento in condizioni di umidità e caldo, favoriscono l’aumento di fluidi nel sangue, la temperatura corporea a riposo scende e s’inizia a sudare più facilmente. L’acclimatazione può essere potenzialmente pericolosa, ma se fatta nel modo giusto potrebbe evitare un collasso “da traguardo”.

Guarda l’emozionante video dell’episodio di Jonny Brownlee e l’arrivo insieme al fratello Alistair:

 

Fonte: http://www.outsideonline.com/ – Traduzione e rielaborazione a cura di Anna Celenta

Foto in evidenza copyright: Fernanda Paradizo / Shutterstock.com

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