Quando il motore è nella testa

Quando il motore è nella testa

Redazione ENDU

La storia che vi stiamo per raccontare è forse la testimonianza empirica di quanto sostiene lo scienziato Samuele Marcora nell’articolo che vi abbiamo proposto con il titolo: “La fatica è una questione mentale” Lui si chiama Andrea Devicenzi e, come molti di voi, è un atleta (in particolare ciclista e triatleta, ndr). Andrea, però, è un atleta con […]

2 Gennaio 2017

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La storia che vi stiamo per raccontare è forse la testimonianza empirica di quanto sostiene lo scienziato Samuele Marcora nell’articolo che vi abbiamo proposto con il titolo: “La fatica è una questione mentale

Andrea Devicenzi

Andrea Devicenzi

Lui si chiama Andrea Devicenzi e, come molti di voi, è un atleta (in particolare ciclista e triatleta, ndr). Andrea, però, è un atleta con qualcosa di speciale, qualcosa “in meno”, ma tanta forza “in più” di molti altri. Andrea, infatti, in seguito a un brutto incidente motociclistico occorso in gioventù, ha subito l’amputazione di un arto inferiore. Da allora la vita di Andrea non è stata più la stessa, ma non desideriamo raccontarvi cosa “non ha” Andrea o cosa “non è stata” la sua vita dopo l’incidente, bensì chi è Andrea, cosa ha fatto e come dimostra, ogni giorno, a se stesso e agli altri, come le barriere siano più una questione mentale.

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La redazione di ENDU ha incontrato Andrea durante la presentazione del suo ultimo viaggio in Perù: da Lima fino alla cima del Machu Picchu, per un totale di 1140 km in bicicletta e 4 giorni di trekking. La sala dell’Avis di Casalmaggiore (CR) (Andrea è della vicina Martignana Po, dove vive con la sua famiglia: una moglie e due splendide bimbe, ndr) è gremita: amici, parenti, sostenitori, sponsor, curiosi, giornalisti… insomma un viaggio davvero straordinario per chiunque, figuriamoci per una persona come Andrea: “Una gamba è sempre la metà di due”.

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Questa frase di Devicenzi ci colpisce, in effetti, perché ci sono momenti difficili, nel viaggio della vita di chiunque, figuriamoci di persone che, come lui, sono costrette ogni giorno a “scavalcare”  barriere di ogni tipo. Quello che lui sta facendo, anche grazie al suo lavoro (che presto vi sveleremo, ndr) è proprio quello di dimostrare che ogni tipo di barriera, fisica, mentale, culturale, può essere superata, basta volerlo veramente.

E l’organizzazione del viaggio che Andrea ha intrapreso a fine luglio non è sicuramente stata semplice, perché da oltre un anno e mezzo fa, quando è stato concepito, si sono susseguiti una serie di problemi che avrebbero fatto desistere chiunque, ma non lui, non Andrea. In primis, un incidente: durante un allenamento in bicicletta, Andrea viene investito da un’auto e, cadendo, si rompe il femore della gamba amputata. Passa qualche giorno in ospedale, dopo dieci giorni è di nuovo sulle stampelle e dopo 14 sale in bici: “Il dottore – racconta quasi divertito Andrea – sosteneva che stavo recuperando velocemente e che a breve avrei potuto ricominciare ad allenarmi, peccato non sapesse che lo stavo già facendo da giorni”.

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Quando ormai gli allenamenti riprendono a buon ritmo, sopraggiunge un’altra cattiva notizia, la persona che avrebbe dovuto accompagnarlo nel viaggio non potrà farlo: “Mi sono ritrovato da solo, o lasciavo il progetto, deludendo non solo me stesso, ma anche le tante persone che mi hanno sostenuto, oppure tentavo l’impresa in solitaria – racconta Andrea – e così mi sono ritrovato completamente solo, a vagare per il Perù con un unico obiettivo: raggiungere il Machu Picchu”.

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La partenza è fissata per il 24 luglio, quando un lungo volo porterà l’atleta a Lima, 24 ore per acclimatarsi (e concedere anche un’intervista a una radio locale, ndr) e, naturalmente, rimontare la bici e prepararla per il primo tratto del viaggio che da Lima lo porterà fino a Cusco, ai piedi del cammino Inka per la meta finale.

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“La bici pesava circa 40 kg, avevo montato solo le borse posteriori per mantenere meglio l’equilibrio – spiega – davanti una piccola borsa per la macchina fotografica e tutta la tecnologia che mi serviva per documentare l’impresa. Ogni mattina davo 50 pompate alla ruota posteriore e 20 a quella anteriore e mi garantivo la giusta pressione per tutto il giorno”. La colazione di Andrea era piuttosto abbondante perché l’obiettivo era quello di fare più chilometri possibili per raggiungere la tappa successiva, dove fermarsi per la notte, entro le 17.30-18, riposarsi qualche ora prima di cena e poi di nuovo a dormire: “Durante il giorno – racconta – mangiavo barrette, gel energetici e tanta frutta. La mattina una colazione abbondante durante la quale bevevo sempre un frullato di papaia, la sera normalmente consumavo pollo, patate e riso”.

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Alla fine del tratto in bicicletta Andrea avrà pedalato per 11 giorni, 104 ore, 1140 km e oltre 18mila metri di dislivello per un dispendio calorico di circa 52mila Kcal. “Avrei voluto impiegarci 8 giorni, ma ce ne sono voluti 11 – racconta – e mi aspettavano altri 4 giorni di cammino per raggiungere la meta finale. Tuttavia ho preferito ascoltare il mio corpo e riposarmi il necessario per non compromettere l’impresa”.

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Andrea non nasconde che ci sono stati momenti di sconforto: “Un giorno, mentre pedalavo – ricorda – prima di raggiungere l’ultima tappa interminabile di Cusco, avvolto nel silenzio, completamente solo con il solo ronzio dei pensieri nella testa, ho iniziato a farmi tante domande, che in quel momento ho interpretato in maniera ‘depotenziata’ per poi rendermi conto, in un momento successivo, che sono i quesiti che tutti ci poniamo: ‘cosa vuoi dalla vita?’ ‘cosa stai facendo?’ ‘dove stai andando?’. Sentivo la nostalgia di casa, ma poi ho pensato che ero lì per un motivo ben preciso e che molte persone avevano investito su di me, non solo a livello economico, e così ho cercato di ritrovare le motivazioni e il mio obiettivo, che, in quel momento, era la montagna che da tempo sognavo: il Machu Picchu”.

Al termine del viaggio in bicicletta la gomma posteriore, con i 40 kg circa di sola bici, senza contare il peso di Andrea e l’attrito di tanti chilometri percorsi, è quasi completamente consumata, come lo sono i freni: “Per fortuna, però, non ho avuto nessun guasto meccanico, perché, se devo essere sincero, non sono molto preparato in tal senso, ancora un giorno in bici e sicuramente le pastiglie dei freni sarebbero state da cambiare”.

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E se pensate che sia finita qui vi sbagliate. Per il cammino Inka è obbligatorio avere una guida. Il passaggio dei turisti è limitato a 250 unità alla volta e bisogna prenotare con largo anticipo. Ovviamente c’era una guida che aspettava Andrea, quello che non si aspettava la guida, però, era un uomo con una gamba sola. La perplessità gli si leggeva in faccia, il cammino è impervio, pericoloso e difficile per chiunque, figuriamoci per una persona con le stampelle: “Dopo mezzora che mi conosceva aveva già capito che non mi avrebbe fermato e – racconta divertito e fiero Devicenzi – in quattro giorni lui è scivolato più di una volta, io nemmeno una. A parte gli scherzi – spiega – quando sono anni che cammini con le stampelle sei abituato a guardare dove le appoggi per non cadere, cosa che magari sfugge alle persone che non hanno queste difficoltà”.

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Dopo 4 giorni Andrea, insieme alla guida e a tre portatori (coloro che portano i viveri e preparano il campo per la notte e la cena ogni giorno, ndr) ha percorso 44 km – circa 10-12 km ogni giorno. “Il punto più alto del cammino l’abbiamo raggiunto a quota 4200 metri”.

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Quando Machu Picchu si schiude agli occhi di Andrea, tutta la stanchezza accumulata nei giorni precedenti svanisce, lasciando  il posto alla gioia e alla consapevolezza di avercela fatta, anche questa volta.

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“Ho cercato di assaporare tutto di questo viaggio. Anche i cibi che ho mangiato facevano parte dell’avventura. Ho mangiato davvero bene, cosa che non mi sarei mai aspettato, visti i limiti del viaggio e di ciò che il cuoco aveva a disposizione nel campo. L’ultimo giorno mi hanno addirittura preparato una torta. Ogni giorno verso le 17, inoltre, ci fermavamo per la cosiddetta ‘ora felice’. Si tratta di una sorta di ora del tè con pop corn, biscotti e tè alle foglie di coca”.

Insomma, Andrea in questo viaggio ha davvero sperimentato tutto del Perù: sapori, odori, emozioni, persone, paesaggi, storia, cultura… Vita!

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Al termine del racconto la sala parte con un caloroso applauso, c’è chi gli chiede se ha già in programma altre mete e chi si propone di accompagnarlo. Il Perù è solo una tappa del lungo viaggio che ha intrapreso Andrea qualche anno fa, quando ha deciso di trasformare un’esperienza traumatica e negativa in un esempio positivo da regalare agli altri e così ha anche seguito un percorso di mental coaching (ma di questo ce ne occuperemo prossimamente, ndr).

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Grazie a questa sua attività, ma non solo, Andrea racconta il viaggio che è la sua vita, una vita oltre le barriere, e insegna, specialmente ai giovani, a costruirsi un futuro unico e meraviglioso, superando ostacoli, come ha fatto lui perché: una cosa è impossibile finché continuiamo a ritenerla tale!

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di Anna Celenta

photo credits: Andrea Devicenzi

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