Impariamo a riconoscere (e prevenire) la ‘cotta’

Spesso nel ciclismo si sente parlare di questa famosa ‘cotta’, vale a dire quel terribile momento in cui ‘non ne abbiamo più’ ed è impossibile andare avanti. Scopriamo che cos’è e soprattutto come gestirla.

Redazione ENDU

La ‘cotta’ può avere cause molteplici e adesso andremo ad analizzarle tutte.
La prima è la disidratazione. Quando facciamo esercizio fisico consumiamo carboidrati, e durante questa combustione produciamo calore, dissipato attraverso la sudorazione che, a sua volta, comporta una perdita di liquidi. Ma in che quantità? Quando c’è il rischio della disidratazione?  
Per prevenire la famosa ‘cotta’ da disidratazione, si parla di un reintegro di circa 700/800 ml di liquidi/ora, meglio se con l’aiuto di sali. In specifico: si può costruire una base già dalla giornata precedente (la gara o l’allenamento) con l’aiuto di soluzioni ipotoniche (ad esempio EthicSport), mentre durante si può assumere sali in soluzione isotonica, quindi equilibrati.

Un altro motivo che può provocare la ‘cotta’ è la produzione di cortisolo durante la vita di tutti i giorni (parliamo soprattutto di atleti amatori), ovvero arrivare a un appuntamento clou (ad esempio una granfondo) barcamenandosi tra mille impegni (lavoro, famiglia) e tralasciando il riposo.

Ulteriore causa potrebbe essere l’alimentazione. Premessa: durante i pasti, oltre a conteggiare le calorie, dobbiamo consumare con equilibrio sia carboidrati, che proteine che grassi.
Di fronte a una gara o un allenamento impegnativo, bisogna introdurre 60 grammi di carboidrati/ora. Possono venire in aiuto gel a lento rilascio (di modo da avere energia per più tempo) e ovviamente l’ideale sarebbe testarli prima dell’appuntamento importante. Nel caso invece fosse già troppo tardi e si percepisse l’arrivo della ‘cotta’ (attraverso tremolii, sonnolenza, spossatezza) si può optare per l’assunzione di zuccheri semplici (boost), ideali anche quando dobbiamo fare uno sprint finale.

Infine l’acido lattico, che non è più quello spauracchio che si pensava una volta, anzi. Ormai è stato dimostrato che può essere utilizzato come substrato energetico. Il problema insorge quando la produzione di acido lattico supera abbondantemente il suo smaltimento, ovvero quando si è andati troppo forte (rimanendo sempre oltre la propria soglia anaerobica). La prima prevenzione è a monte, vale a dire l’allenamento. Bisogna costruire una solida base aerobica; dopodiché allenare la tolleranza al lattato attraverso lavori intermittenti (i famosi 40/20, ovvero scatti di 40″ seguiti da 20″ di pseudo-recupero).

E ultima (ma non d’importanza) la cotta da caldo vero e proprio. Per cercare di alleviare la sensazione di calore bisogna bagnarsi polsi e nuca.

 

In collaborazione con Volkswagen Veicoli Commerciali, Ethic Sport e Hardskin

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