Il fascino del fango delle Strade Bianche

Il fascino del fango delle Strade Bianche

Redazione ENDU

La mia Strade Bianche è iniziata “solo” una decina di giorni prima della data prevista. Mentre ero in ufficio ho buttato l’occhio su un sito qualunque per verificare le previsioni del tempo. Ovviamente attendibilità bassa, è stato il mio primo commento. Figurati se non cambieranno da qui a dieci giorni, una variazione di pressione, un […]

8 Marzo 2017

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La mia Strade Bianche è iniziata “solo” una decina di giorni prima della data prevista. Mentre ero in ufficio ho buttato l’occhio su un sito qualunque per verificare le previsioni del tempo.

Ovviamente attendibilità bassa, è stato il mio primo commento. Figurati se non cambieranno da qui a dieci giorni, una variazione di pressione, un innesto di aria fredda dai Balcani o un battito di ali di una farfalla da qualche parte in Sud America porteranno cielo sereno e temperature primaverili.

Chiaramente non è andata così

La conferma l’ho ricevuta con una mail da Tom di Sportograf, un paio di giorni prima della partenza, il quale mi suggeriva di portare il Goretex, aggiungendo una faccina sarcastica… sai che ti dico io il Goretex non ce l’ho però la Gabba me la porto: la mia ultima speranza di cielo terso è svanita con la mail di Tom.

La partenza per Siena

Il programma prevede partenza il venerdì sera con tutta la famiglia dopo feste di compleanno e allenamenti del caso. Puntiamo di arrivare al casolare che ci ospiterà entro la mezzanotte. Arriviamo poco dopo, complice un errore del navigatore che ci porta fin quasi ad Arezzo.

L’incontro con il gruppo Rapha RCC

Il sabato è prevista una scampagnata con gli amici del Rapha RCC che mi hanno invitato a passare sulle strade della Granfondo per un sopralluogo e se possibile guardare il passaggio dei pro. Parto la mattina in direzione Siena, accendendo il Garmin che dovrebbe guidarmi verso la Fortezza, peccato che la strada su cui si affaccia la tenuta che ci ospita sia proprio quella su cui dovremo passare durante la Granfondo. Il Garmin non capendo le mie intenzioni, sull’Intelligenza Artificiale dobbiamo ancora lavorarci, mi fa percorrere un paio di km nella direzione opposta, fino a quando chiedo a un vigile che con l’immancabile e simpaticissimo accento toscano, mi suggerisce di girare la bici e tornare sui miei passi.

Un passaggio della gara pro visto da Max

La gara dei pro

Arrivo alla Fortezza e mi perdo a guardare la partenza dei pro, imbocco anche il viale che li porta verso la partenza, da cui esco subito per paura di ritrovarmi con Sagan di fianco che esamina il mio abbigliamento Rapha, non consono all’occasione, e non i chili di troppo e la barba bianca, ovviamente.

Mi viene a prendere una campionessa del mondo di bicicletta a scatto fisso, quale onore! Se no col cavolo che sarei riuscito ad arrivare all’appuntamento in orario. Duecento metri di pedalate con il gruppo e ci perdiamo… deve essere il mantra di questi giorni. Nessuno sa quale sia la strada giusta, nemmeno le simpatiche guide toscane, un paio di danesi commentano “typically Italian…” dillo a me! Come dare loro torto?

L’arrivo del vincitore della gara pro, Michał Kwiatkowski, dal punto di vista di Max

Il giro si conclude sotto l’acqua che prima va e viene, ma poi viene solamente e anche forte. Dei pro non vediamo nemmeno la nuvola di terra che ho come immagine nella mia testa. Si torna verso Siena che fa freddo. Arriviamo in Piazza del Campo e mi perdo il gruppo perché mi attardo a fotografare la mia Canyon Endurace all’ingresso delle mura, il contrasto tra antico e moderno mi affascina. Poco male, mi mangio un panino non prima di battere i denti per il vento freddo che sferza la piazza.

Arrivano i pro e ci esaltiamo per lo sprint finale di Michał Kwiatkowski. Volo a prendere il pettorale e torno per una mai così tanto desiderata doccia calda.

La Canyon Endurace e le mura senesi

Strade Bianche bagnate…

La mattina della Granfondo mi sveglio sotto una leggera pioggerella, speranzoso che sia la fine della perturbazione che stava passando sul centro Italia. Bene mi dico, tra poco smetterà e uscirà il sole per scaldarci. Arrivo in griglia 30’ prima della partenza, pochi minuti sufficienti per prendere un acquazzone che si abbatte sulla città. Partiamo bagnati e infreddoliti, con il Garmin che non ne vuole sapere di prendere la traccia. Resetto il computer dopo qualche chilometro e per fortuna riparte.

Forse non piove…
Photo credits: Sportgraf

Gli spruzzi di chi mi segue sembrano fontane d’acqua messe lì apposta per lavarmi dalla testa ai piedi. Da questo momento perdo la sensibilità alle mani. Arriviamo alla prima strada bianca e mi investe uno spruzzo di fango alto due metri che proviene dalla ruota di quello davanti. La Canyon, complici le ruote larghe da 28, si muove alla grande dentro le tracce sottili scavate dal passaggio delle centinaia di bici che mi hanno preceduto. Passo i primi 30 km schivando schizzi di acqua e di fango per cercare di mantenermi asciutto, ma a un certo punto mi arrendo all’evidenza: oggi ti bagni, punto. Finalmente inizio a scaldarmi, complici le prime salite, mai così benedette: qui gli spruzzi cessano e si sentono solo i rumori degli ingranaggi che raschiano intrisi di fango e di sassi che si incastrano nei denti della guarnitura. Con mia sorpresa anche il Dura-Ace perde dei colpi in queste condizioni: un paio di volte la catena non è scesa dal 52 al 36, facendomi alzare sui pedali fino a quando fialmente con uno scatto degli ingranaggi il peso sulle gambe torna a essere sostenibile.

Il gigante buono

Mi passa per la testa di fare il medio. Ma piano piano le condizioni migliorano e supero il primo ristoro senza fermarmi. Mentre svaligerò il secondo ingurgitando barrette, panini, fichi e tè caldo che mi riscalda il corpo e anche il cuore. Sono arrivato a metà percorso e mi sento bene. Supero altri muri di terra bagnata e affronto le ripide discese che seguono. Inutile dire che l’Endurace con i freni a disco si comporta alla grande: pinzo il giusto e lei risponde immediatamente, non scivola mai e mi dà una sicurezza che non avrei provato altrimenti in queste condizioni, mentre vedo i primi ciclisti che tentennano con freni che non rispondo più, sporchi di fango e con piste bagnate all’inverosimile.

Sento ruote in carbonio ad altissimo profilo che sbattono sui sassi e mi chiedo l’utilità di avere un pezzo così delicato e inutile in questi condizioni. Mah…

Su un lungo tratto di asfalto mi metto a ruota di un gigante che mi porta a traino per una decina di chilometri, provo a dargli il cambio, ma si sta troppo bene lì dietro. Lui non si lamenta e anzi mi segnala le asperità dell’asfalto. Andiamo a circa 35kmh, un passo a me congeniale. Lo perdo quando imbocchiamo la strada bianca successiva, io decelero lui imperterrito pesta sui pedali come nulla fosse.

Un raggio di sole…
photo credits: Sportgraf

Un raggio di sole

Finalmente il sole riesce a bucare le nuvole e mi riprendo le mani che mi ero dimenticato di avere. Un lungo tratto di strada asfaltata che in parte avevo percorso il giorno prima ci porta all’ultimo muro che con una pendenza del 18% mi fa perdere l’aderenza della ruota posteriore, complice anche l’acqua che ha ripreso a cadere da un cielo che se possibile si è fatto ancora più nero.

Il muro prima dell’arrivo in Piazza del Campo
Photo credits: Sportgraf

Il muro di Piazza del Campo

Negli ultimi chilometri grazie ai freni a disco che mi fanno tenere una buona velocità in discesa, supero diversi ciclisti e ne trovo qualcuno a bordo strada che si lamenta per i crampi. Quando mancano dieci chilometri trovo il primo cartello che segnala l’ingresso a Siena. E con lui mi si prefigura davanti il muro di ingresso a Piazza del Campo, che in realtà ho avuto come spauracchio per tutta la giornata. E in effetti si tratta di uno strappo durissimo ma breve rispetto ad altri che si incontrano lungo il percorso, tra l’altro qui manca anche il fango e la terra bagnata, insomma una passeggiata… Lo supero a denti stretti grazie anche ai primi incitamenti di giornata, di un pubblico che manca e di cui ho sentito la mancanza. Leggerò poi che anzi qualcuno ha tentato di sabotare la manifestazione con chiodi e filo spinato sulla strada: uno spirito lontano da quello che abbiamo trovato all’estero, dove i bambini e i paesi rispondono con feste, urla e cinque battuti per tutti coloro che hanno voglia di regalarli.

L’arrivo trionfale di Max in Piazza del Campo
Photo credits: Sportgraf

L’arrivo trionfale

Arrivo al traguardo accolto dalle urla dei miei personalissimi tifosi (e gruppie) che mi accolgono con la meraviglia sul volto: “perché sei così pulito?” Beh dieci minuti fa ho preso l’ultimo acquazzone che mi ha lavato il fango che mi ha ricoperto bici e corpo per tutto il giorno, rendendo la mia Strade Bianche meno epica di quanto in realtà non sia stata, ma forse anche no.

Max in Piazza del Campo dopo la fatica

In conclusione un percorso duro il giusto, reso difficile dalle condizioni meteo esasperate. Le terre che si attraversano sono stupende anche sotto la pioggia, posso solo immaginare la sensazione di affrontare certi muri e la terra battuta con il sole e il cielo blu. Organizzazione impeccabile e ristori con personale molto gentile. Insomma bravi tutti. Mi toccherà tornarci un’altra volta per perdermi di nuovo tra le colline toscane, ma questa volta alla luce (e al caldo) del sole!

di Massimiliano Bancora, bikelikealiker

 

 

 

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