Parola a Franco Monchiero ITW – Una vita nel mondo MTB

Parola a Franco Monchiero ITW - Una vita nel mondo MTB

Cristiano Guarco

Intervista a Franco Monchiero, da una vita all’interno del mondo della mountain bike, anche nell’interpretazione racing con il Superenduro prima e con la serie e-Enduro dedicata alla mountain bike a pedalata assistita poi.

1 Aprile 2022

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Intervista a Franco Monchiero, da una vita all’interno del mondo della mountain bike, anche nell’interpretazione racing con il Superenduro prima e con la serie e-Enduro dedicata alla mountain bike a pedalata assistita poi.

Franco, sei da una vita nel mondo del ciclismo off-road e hai vissuto tutte le sue fasi, sino all’avvento della pedalata assistita. Cosa pensi della direzione che sta prendendo l’eMTB?

Secondo me la direzione è quella giusta, quella che abbiamo pensato dovesse essere corretta sin dall’inizio. Ovviamente è diversa dalla bici tradizionale. Quando parliamo di enduro, ad esempio, si parla fondamentalmente di gravity per la classica mountain bike. Invece un po’ tutte le interpretazioni agonistiche della e-bike hanno preso la piega giusta perché sono quelle dove hanno inserito anche della salita. Nelle EWS-E (Enduro World Series E-Enduro) ad esempio ci sono le Power Stage, salite tecniche cronometrate. Questo perché la bici a pedalata assistita deve avere anche una fase pedalata.

L’unico mio dubbio forse è legato al fatto che ci siano diverse organizzazioni a livello race. Non ho nulla in contrario, è bello e giusto che ci siano. Però hanno dato interpretazioni non sempre corrette. Un esempio è quello della FMI (Federazione Motociclistica Italiana) che organizza gare dove permette l’utilizzo di eMTB non a normativa europea (in pratica “sbloccate”), che non sono più delle biciclette. Siccome questo è un mondo che mi appartiene, e io appartengo a questo mondo, non mi piace molto questa idea, perché sarei più per salvaguardarlo invece di “sconfinare”. Perché è facile andare anche oltre.

Mi fa piacere che ci siano diversi percorsi di gara, ma vorrei più uniformità, una linea più precisa.

Il fatto che ci siano più interpretazioni contribuisce a destabilizzare l’appassionato. Facciamo un parallelo con il mondo enduro che è nato a fine anni 2000. Allora è nata un’organizzazione (il Superenduro, nda) che ha dato una linea e poi tutto il mondo si è uniformato, ed è cresciuto. Avere più interpretazioni per me è rischioso perché la crescita del movimento non si focalizza.

 

Cosa ti piace e cosa non ti piace nel mondo attuale della e-bike?

Fondamentalmente è quello che ho appena detto, mi piacerebbe più uniformità nel format di gara. Il mondo “no race” invece sta funzionando bene, perché alla fine l’amatore utilizza la e-bike nel modo giusto. A parte forse il neofita che acquista la sua prima bici in assoluto. Ma questo è positivo perché sta avvicinando tanta gente nuova, che magari non si sarebbe approcciata alla bicicletta. Un altro aspetto positivo di noi che abbiamo vissuto questi ultimi 4-5 anni nel mondo race, è che quando abbiamo iniziato chi faceva queste gare era visto come un “pensionato”. Ora invece stanno arrivando tanti giovani, tanti bravi rider che fanno anche enduro tradizionale. Hanno capito che quello elettrico non è il mondo dei “meno fortunati”, anzi, c’è tanto potenziale. Rimane sempre la solita battuta: “Ma si fa fatica comunque!” Andando a sostituire il precedente pensiero dominante, quello che “con la bici elettrica non si fa fatica.”

È comunque un mondo agonistico, come tutti gli altri.

Pensi che l’ascesa della eMTB possa cannibalizzare quella tradizionale? Cosa aggiungerà e cosa toglierà al mountain biking?

Penso che il mondo della pedalata assistita, nel format enduro, abbia un potenziale enorme, davvero enorme.

Il mio pensiero è che questo metta in risalto la forzatura dell’attuale enduro “muscolare”, che non rispecchia l’utilizzo dell’utilizzatore comune. Tornando alla prima domanda, se facciamo un parallelo tra enduro tradizionale e quello “assistito”, ho come la sensazione che il mondo “no race” del primo non esista più, a differenza del secondo. Lavoro da una vita nel settore, la MTB da enduro ha pochissimo mercato, ha aperto invece la strada allo step precedente che è il trail biking/all-mountain, adesso addirittura a quello che si chiama Downcountry (il cross country aggressivo, nda). Secondo me hanno molto potenziale, mentre l’enduro, e la sua versione race che è molto estrema, alla fine non ha una vera utenza amatoriale, e comunque lo sta avendo sempre meno. Alla fine, chi ha una moderna bici da enduro, fa le risalite con gli shuttle o le funivie, è difficile vedere una mountain bike molto estrema utilizzata per il classico giro pedalato dove ci si diverte in discesa.

Dall’altra parte il mondo trail/A-M si è evoluto, ormai sono bici sempre più performanti. Non vorrei sembrare nostalgico, ma non vedo più il collegamento tra il mondo “no race” e quello agonistico.

Tornando indietro nel tempo, quando abbiamo iniziato a lavorare insieme sul format enduro (ho collaborato nei primi anni con Franco per il Superenduro, nda), noi auspicavamo che l’enduro mettesse d’accordo il cross country e il downhill. Era lì in mezzo, quindi doveva emergere il ciclista che doveva essere un ottimo pedalatore e avere ottime doti di guida, e i percorsi e le gare dovevano svilupparsi in quel modo. Perché no delle sezioni pedalate in prova speciale?

Siccome le bici sono un’evoluzione della disciplina, essendo progettate in funzione delle gare, se si guarda con attenzione al mercato, le MTB da enduro si sono sempre più estremizzate, sono sempre meno pedalabili, sono dei “biciclettoni” quasi da DH.

Se dovessi esprimere un desiderio, vorrei che l’enduro facesse un passo indietro. Tornando al nostro mondo, alla bici a pedalata assistita, l’enduro che facciamo ora alle gare, è esattamente quello che si fa alla domenica tra amici. E dobbiamo stare attenti, perché come detto prima, le diverse interpretazioni rischiano di spostare il focus da quello che è veramente.

 

Da sempre i sentieri sono un elemento indispensabile dell’esperienza in mountain bike. Con la pedalata assistita si è aperto un nuovo mondo, non solo discesa ma anche salita. È questa la vera sfida del mountain biking elettrificato? Altrimenti, quali sono le sfide per il futuro?

Stanno nascendo territori come Bike Park Alta Langa, dove siamo per e-Enduro Skills Event, che non sono dedicati alla pedalata assistita ma quasi, dove i sentieri si sono sviluppati in quest’ottica. Ci sono trail che sono nati anni fa per essere percorsi in discesa e ora sono diventati esclusivi per le salite in e-bike.

La sfida è anche quella di toglierci di dosso l’immagine di un mondo di chi non ha voglia di pedalare, di chi ha una certa età. Magari io sbaglio, ma mio figlio ha 15 anni e pedala una eMTB, si diverte e fa quello che facciamo noi adulti. La stessa FCI deve aprirsi di più in questo senso, perché ha regolamentato ponendo dei limiti ai giovani ma è giusto che invece si apra sempre di più. Perché è un vero mondo a sé stante, la vera sfida è continuare in quella direzione.

 

eMTB e mondo racing. Quali sono le ragioni di questo matrimonio? E quali le prospettive delle e-bike nell’ambito degli eventi sportivi?

Amo il mondo race, come mentalità e sensibilità personali sono sempre stato molto vicino all’agonismo, e mi piace sempre pensare alle competizioni. Va anche considerato che non ci fossero le gare il prodotto non si evolverebbe, non si svilupperebbe. Non saremmo qui a parlare di messa a punto del mezzo e delle sospensioni, di geometrie.

Ad esempio, le geometrie estremamente enduristiche, con angoli molto aperti, non stanno prendendo nel mondo eMTB. La bici perfetta non è molto estrema, perché c’è anche da salire e non solo da scendere. Quindi lo sviluppo del prodotto deve tenere conto di tutte queste situazioni. Il collegamento è questo, il racing genera lo sviluppo tecnico per il prodotto finale che si vende.

 

Quali possono essere le innovazioni nel mondo della pedalata assistita capaci di dare una vera svolta alle e-bike, sia come mezzo di trasporto, sia come attrezzattura sportiva? E quali innovazioni possono invece spingere a un’evoluzione del format di gara?

Penso che l’obiettivo futuro sia quello di dare più autonomia ma al tempo stesso di contenere il peso delle bici. La coperta ora è corta, le e-bike se aumentano di capacità della batteria vedono crescere anche il peso. Credo che in futuro sia questo l’obiettivo primario, e-bike più leggere ma con maggiore autonomia.

Questo sia per l’utilizzatore comune sia per il format di gara. Forse per il mondo racing la capacità di pedalare su distanze e dislivelli superiori diventa ancora più critica, perché con una batteria dalla capacità superiore e un motore più efficiente le gare potrebbero essere più lunghe, un aspetto molto importante. Questo senza andare a compromettere peso e guidabilità.

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