Ansia da prestazione

Ansia da prestazione

Never Give Up running

Ho riscritto ben 6 volte questo articolo.
Quando Luca mi ha chiesto di scrivere un articolo per ENDUmag ho avuto in testa talmente tante idee che ho “vomitato” decine e decine di parole perdendomi in discorsi prolissi e indiscutibilmente noiosi e pesanti.

19 Febbraio 2019

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Quando scrivi qualcosa che sai verrà letto da altre persone, interviene un fenomeno che viene chiamato “ansia da prestazione”.
La stessa, se volete, che mi viene ogni volta che sono alla partenza di una gara, in attesa del via.
Quel “o mio Dio perché sono qui” misto a “non ce la farò mai” che mi perseguitano nei miei gesti scaramantici(*) prima di partire e che neanche la presenza del mio compagno di allenamenti o la consapevolezza che si sta per gareggiare in una manifestazione di beneficienza di 3km insieme a mille amici, riescono a portarmi via.
Esatto… proprio quell’ansia, quel buco nello stomaco, quel senso di non voler essere in quel luogo in quel preciso momento.
Eppure è una sensazione che ho sempre cercato nella mia vita sportiva. Dal volley alla corsa, questa sensazione di non essere pronta prima di una gara è sempre stata presente… e spero lo sarà sempre.

Sì perché è proprio questa tensione che ti dà la carica.

Ansia da prestazione

Ansia da prestazione

Gli allenamenti,  quelli delle 6 del mattino quando esci a correre con il ghiaccio sulle strade o anche quelli della sera quando torni a casa magari completamente zuppo e infreddolito.. e perché no.. anche tutte le volte che hai dovuto allenarti d’estate per un lungo e, dovendo correre magari per 3 ore circa, non sei riuscito a trovare tregua nella calura cittadina, i tantissimi esercizi da fare tra stabilità e mobilità, lo stretching, l’alimentazione…
Tutto questo, poco prima del via, te lo dimentichi: ti ritrovi lì, con il freddo, con il caldo, con il vento o con la pioggia e ti chiedi che cosa sia successo dal momento in cui ti sei alzato quella mattina dal tuo letto a quando hai preso posto insieme ad altre centinaia di persone in mezzo ad una strada…
Il vuoto assoluto, un senso di disagio nell’essere consapevole che, se qualcuno in quel momento ti chiedesse il perché della sveglia alle 5 anche la domenica, del freddo in pantaloncini e canottiera sotto la pioggia, del perché così tanti km, tu non sapresti bene cosa dire se non: ” ma a me piace correre… correre è la mia vita..”
Certo, e come no..  una risposta strutturata e ben studiata…
Eppure è così.
Quella famosa ansia da prestazione che esiste in noi poco prima della realizzazione di un obiettivo, come una gara podistica, è la sensazione che ti permette di iniziare a correre, è quella che man mano che vai avanti ti fa ricordare una certa fatica in un momento preciso di un preciso giorno, quella che ti fa ricordare che una volta lì ti sei fermato, quella che ti fa ricordare che qualche tempo prima in quel pezzo di strada c’era la neve, che ti fa ricordare quanti amici hai incrociato per strada, esattamente quella sensazione che ti ricorda tutti ma proprio tutti i pensieri fatti durante le settimane o persino mesi di allenamento.
Ecco a che cosa serve l’ansia da prestazione: a far sì che tu possa raccogliere fatiche, sensazioni positive e negative, ricordi, per metterli in un angolo buio, nascosto dentro di te così poter rimanere da solo per qualche minuto prima della partenza.
E poi inizia la magia della corsa: durante la gara man mano che i km passano tutto torna indietro, tutto ti torna alla mente, come una presa di coscienza di quello che stai facendo, di quello che sei… arrivando alla fine, arrivando al traguardo con il sorriso.
Ed è proprio questa “ansia da prestazione” che tira fuori, sempre, nel bene o nel male, qualcosa da te… esattamente come per questo articolo.
Alla prossima!
(*) piccola nota: le mie scaramanzie pre gara sono semplici ma fondamentali momenti in cui cerco di rilassarmi e di concentrarmi. Più la gara è importante per me, più l’ansia è forte e per gestirla al meglio, poco prima di consegnare la sacca al deposito borse, mi metto a passeggiare avanti ed indietro con gli auricolari per ascoltare la mia musica preferita e intanto controllo la respirazione con degli esercizi (gli stessi che mi capita di usare in alcune fasi di stanchezza in gara) e ripasso spesso i tempi dei diversi passaggi al km. Il risultato finale, dovuto sicuramente al tipo di musica che ascolto, è quello di avere poi una “tigre del Bengala” tesa come una corda di violino alla partenza! Ma credetemi… funziona!!

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